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F1, Mondiale 2019: come è cambiata nei mesi la Ferrari. I motivi di una competitività ritrovata

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Pochi giorni fa, in occasione del GP del Giappone a Suzuka, la Mercedes si è impadronita definitivamente del sesto titolo costruttori consecutivo, diventando il primo team della storia della Formula 1 a riuscire nell’impresa e superando in questo modo i grandi domini del passato targati Williams, McLaren e Ferrari. La stagione 2019 è stata sotto molti aspetti una cavalcata a senso unico che nemmeno il più ottimista dei tifosi tedeschi poteva prevedere, specialmente dopo i riscontri che si erano ottenuti nei test di Barcellona in febbraio.

La SF90 era apparsa a dir poco dominante in quell’occasione e, forse proprio per questo, si è leggermente seduta sugli allori nel cruciale mese che ha preceduto l’esordio stagionale di Melbourne, pagandone un carissimo prezzo. Fin dalle prove libere del primo round stagionale infatti, i problemi di carico aerodinamico della vettura sono parsi evidenti e la speranza di molti appassionati e critici era quella che l’atipico tracciato australiano potesse rivelarsi un episodio passeggero e di limitata importanza. Niente di più falso, perché se è vero che in Bahrain la Ferrari ha risposto assolutamente presente, conquistando tutta la prima fila e mancando la vittoria solamente per un problema di affidabilità sulla #16 di Charles Leclerc, già dalla Cina si è potuto notare che i valori reali in campo erano molto più simili a quelli dell’Albert Park piuttosto che a quelli di Sakhir.

I risultati sono stati molto sotto le aspettative e già a Baku sono state portate novità aerodinamiche sull’ala posteriore e sul fondo con una gara d’anticipo rispetto alla tradizionale mini rivoluzione che avviene con il GP di Spagna. La differenza con i rivali d’argento ha toccato i massimi storici (per quanto riguarda la prima parte della stagione) proprio in Catalogna in quel maledetto T3, dove il problema di grip aerodinamico e di sottosterzo della vettura dovuto al mancato funzionamento ottimale degli pneumatici si è manifestato come una coltellata affilata nello stomaco degli ingegneri di Maranello.

Dal Paul Ricard la Ferrari ha quindi deciso di iniziare un lento sviluppo graduale, composto da piccoli aggiornamenti alle ali, ai deviatori di flusso e al fondo da portare gara dopo gara fino a Silverstone, per cercare di ridurre il gap prima della pausa estiva. I risultati sono stati sotto gli occhi di tutti, e al di là dello “scempio sportivo” dell’Hungaroring, anche in Austria dove le caratteristiche del Red Bull Ring agevolavano il potente propulsore italiano, la casella delle vittorie ha continuato a recitare un iconico zero.

Il mese di sosta ha permesso di staccare la spina e resettare tutto, la SF90 che è ripartita tra Spa e Monza è riuscita a tenere a bada i rivali grazie alle elevate velocità di punta e trovare due sofferti ma fondamentali successi; nonostante ciò il senso di irrequietezza restava comunque elevato in quanto in entrambe le occasioni la vettura aveva mostrato un degrado gomme molto superiore a quello dei competitor che ha rischiato di compromettere i due risultati.

A Singapore poi è arrivata la vera svolta. Il nuovo fondo e il muso rivoluzionato per garantire maggiore carico hanno funzionato in maniera a dir poco incredibile e la Rossa è tornata a volare anche in curva sorprendendo tutti con una magnifica doppietta, che poteva anche essere ripetuta in Russia un paio di settimane dopo se l’affidabilità non avesse giocato ancora una volta un brutto scherzo al team italiano.

In sintesi il miglioramento in questi ultimi due mesi è stato assoluto e convincente soprattutto se paragonato a quello dei rivali, e considerato che spesso, negli anni passati, la situazione verificatasi era sempre stata all’opposto ci si può ritenere per un certo verso soddisfatti di quanto accaduto. Nonostante questo, il problema dell’usura e del corretto funzionamento di queste Pirelli 2019 non è ancora stato risolto del tutto e sul passo gara in tracciati di medio o alto carico la W10 è decisamente ancora la vettura da battere, quindi a Maranello si dovrà trovare al più presto la chiave giusta per portare in pista fin dalle prime corse dell’anno venturo una monoposto certamente diversa, capace di sfruttare la potenza ma in un contesto di equilibrio aerodinamico decisamente differente.

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michele.brugnara@oasport.it

Twitter: MickBrug

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