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Giro di Lombardia 2019: il sogno di Vincenzo Nibali. Eguagliare Costante Girardengo e Gino Bartali per numero di vittorie

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Vincenzo Nibali, alla vigilia del Giro di Lombardia 2019, ha già in palmares due edizioni della Classica delle Foglie Morte. Al momento, oltre a lui, nel nuovo millennio, hanno fatto la doppietta anche Michele Bartoli (2002 & 2003), Paolo Bettini (2005 & 2006), Philippe Gilbert (2009 & 2010) e Joaquim “Purito” Rodriguez (2012 & 2013). Nessuno di questi, però, è riuscito a centrare il tris. L’unico a compiere tale impresa in questo secolo, infatti, è stato Damiano Cunego, il quale si impose prima nel 2004 e, successivamente, nel 2007 e nel 2008. Un ulteriore successo, dunque, renderebbe Nibali, alla pari del Piccolo Principe, il plurivittorioso dal 2000 ad oggi.

Non è tutto, però. Un’altra vittoria permetterebbe allo Squalo di entrare in un club a dir poco esclusivo, composto solo da grandissimi campioni. Da quando è nato il Giro di Lombardia, infatti, non sono stati molti, oltre a Cunego, quelli che sono riusciti a imporsi in ben tre edizioni. Il primo fu l’eroe tragico francese Henri Pélissier, corridore totale che ha gareggiato negli anni ’10 e ’20 del secolo scorso. Un istrione dotato di enorme talento e di un carattere a dir poco fumantino, tanto che arrivò al punto di accusare Henri Desgrange, storico patron del Tour, di essere la causa per cui i corridori, durante le Grande Boucle dell’epoca, dovevano fare uso di quello che oggi chiameremo “doping” (anfetamine, cloroformio e cocaina) per sopportare gli sforzi che la gara a tappe francese prevedeva. Pélissier, maggiore di tre fratelli tutti ciclisti di successo, conquistò la Classica delle Foglie Morte nel 1911, nel 1913 e nel 1920. La vita tormentata di Henri si interruppe appena 15 anni più tardi, ucciso da un colpo di pistola sparato dalla sua amante di 20 anni più giovane in seguito a un litigio. L’arma utilizzata era la stessa, oltretutto, che la moglie del fenomeno francese usò per suicidarsi 2 anni prima.

Il secondo a farcela sarà, invece, il Campionissimo originale Costante Girardengo, il quale trionfò nel 1919, nel 1921 e nel 1922. E dovremmo anche dire che questa non era la sua corsa, dato che alla Milano-Sanremo si impose sei volte, al Campionato Italiano nove, alla Milano-Torino e al Giro dell’Emilia cinque e al Giro del Veneto quattro. Anche il suo primo grande rivale, Gaetano Belloni, chiamato erroneamente “eterno secondo”, dato che ha un palmares sterminato, riuscì nella stessa impresa. Tano era un personaggio particolare, un corridore verace dotato di forza erculea. Al tempo, e vedendo le foto dell’epoca verrebbe da chiedersi come fosse possibile, era anche, generalmente, il favorito del pubblico femminile. Belloni vinse il primo Lombardia nel 1915, poi si ripeté nel 1918. Ma, come detto, Tano non era uno banale, anzi, era decisamente un eclettico. In vita ha fatto più di 50 attraversate dell’atlantico e, sovente, quando da di là tornava di qua, lo faceva da vincitore della Sei Giorni di New York. Una volta ritirato, invece, è diventato mentore del re del ciclocross italiano Renato Longo (5 volte campione del mondo). Uno così, dunque, non poteva che conquistare il terzo Lombardia alla grandissima. L’ultimo successo di Tano nella Classica delle Foglie Morte, infatti, arrivò nel 1928, stagione in cui tornò a gareggiare in Italia dopo un biennio ricco di successi alla Opel in Germania, a 10 anni dal penultimo e a 13 dal primo, quando il cremonese aveva già 36 anni. Nessuno, nella storia di questa classica, è riuscito a pareggiare tale impresa.

E per il ciclo nomi di un certo rango, il quarto a riuscirci fu nientemeno che Gino Bartali, il quale trionfò nel 1936, nel 1939 e nel 1940. Purtroppo, a causa della guerra che gli ha rubato quegli anni di carriera in cui avrebbe vinto tantissimo e all’arrivo di Coppi, generalmente più adatto a questa gara rispetto a Ginetaccio (il quale, al contrario, si trovava meglio alla Sanremo), il toscano non riuscirà ad andare oltre alla tripletta. Dagli anni ’60 fino agli anni 2000, invece, solo un corridore è riuscito a imporsi tre volte nella Classica delle Foglie Morte, vale a dire il fuoriclasse irlandese Sean Kelly, una delle più grandi scoperte, insieme a Joaquim Agostinho, di Jean de Gribaldy, forse il miglior talent scout nella storia del ciclismo. Kelly era un corridore incredibile, uno che sapeva fare tutto e in maniera a dir poco eccellente. Nel palmares due Roubaix, due Sanremo, due Liegi, una Gand-Wevelgem, una Vuelta, sette Parigi-Nizza, tre Criterium International, due Tour de Suisse e tantissime altre gare. Con il Lombardia, però, aveva un feeling particolare. Nel 1976 divenne il secondo straniero, dopo l’australiano Bruce Biddle, a vincere il Piccolo Giro di Lombardia, fratello minore della grande classica, riservato ai dilettanti (oggi U23). Nel 1983, invece, il primo successo nel Lombardia dei grandi, che coincide anche con la prima volta a braccia alzate sul traguardo di una gara in linea di tal prestigio. Dietro di lui, quel giorno, una parata di stelle: Greg Lemond, Adrie Van der Poel (papà di Mathieu), Hennie Kuiper e Francesco Moser. Si ripeterà, poi, nel 1985 e nel 1991.

A questa lista, per la verità, andrebbe aggiunto anche Eddy Merckx, il quale, sulla strada, il Lombardia lo vinse tre volte. Il successo nel 1973, però, gli fu tolto per una positività alla Norefedrina, una sostanza presente nel Mucantyl, noto sciroppo per la tosse. La Norefedrina, però, è stata levata, nel 2004, dalla lista delle sostanze dopanti e, nel rispetto di chi non c’è più, vale a dire Felice Gimondi, ad oggi titolare di quell’edizione della Classica delle Foglie Morte, dovremmo avere l’onestà intellettuale di considerare il Cannibale per ciò che è, ovvero il legittimo vincitore di tre Giri di Lombardia, anche se ancora nessuno si è preso la briga di restituirgli il suo successo del 1973.

Ci sono, poi, anche due corridori che hanno vinto il Lombardia più di tre volte, ovvero Alfredo Binda (4) e Fausto Coppi (5). Loro, però, al momento non appaiono ancora nei radar di Vincenzo Nibali. Lo Squalo, per ora, deve limitarsi a sognare di raggiungere Girardengo, Bartali e gli altri sopraccitati. E se ci riuscisse salirebbe già nell’Olimpo della classica autunnale per eccellenza.

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Foto: Pier Colombo

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