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MotoGP, GP Giappone 2019: analisi della gara. La fame insaziabile di Marquez scoraggia i rivali. Dovizioso: il terzo posto non basta

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Il Gran Premio del Giappone 2019 della MotoGP emette un verdetto, come se ce ne fosse stato ulteriore bisogno: siamo nell’era-Marc Marquez. Inutile girarci attorno, il fuoriclasse spagnolo sta facendo cose, e ottenendo risultati, che lasciano tutti a bocca aperta. Ad appena 26 anni e mezzo il catalano ha già numeri leggendari. 80 vittorie totali su 202 gare disputate nelle tre classi. 131 podi. No, non è un refuso, centotrentuno. 90 pole position, 71 giri veloci in gara, otto titoli iridati, ben 6 nella classe regina in soli 7 anni, 21 gare di fila con almeno un secondo posto quando taglia il traguardo e con due annate nelle quali ha conquistato almeno 10 successi.

Una di queste è quella attuale. La vittoria di Motegi, infatti, ha portato il computo a 10 vittorie in questo 2019, condite da 5 secondi posti. 350 punti totali. Senza la caduta di Austin, quando era comodamente in vetta e pronto a vincere nuovamente ad Austin, sarebbero stati 375. Numeri paurosi. Come si può definire un andamento simile? Dominatore? Cannibale? Inesorabile? Probabilmente tutti e tre in un colpo solo, perchè sottolineano perfettamente quello che sta compiendo il Cabroncito.

Marc Marquez non solo sta vincendo, non solo sta scrivendo pagine di storia, non solo si sta rapidamente avvicinando ai record di Valentino Rossi o Giacomo Agostini, ma sta annichilendo i rivali. Non si possono spiegare in maniera differente i 119 punti di vantaggio in classifica su Andrea Dovizioso, o l’aver quasi doppiato il terzo, Alex Rins (350 contro 176 punti). Un martellamento costante. Ogni sessione, ogni qualifica, ogni gara. Il numero 93 è sempre la davanti, con tempi straordinari, ottenuti con una facilità che appare irrisoria. Pronti, via, e lo spagnolo è sempre l’uomo da battere su ogni tipo di tracciato. Lo sa lui, e lo sanno tutti gli altri, che ormai si accontentano delle briciole.

Anche oggi, per esempio, Fabio Quartararo ha portato la sua Yamaha del team Petronas alla piazza d’onore dopo una ennesima prova di primo piano. Il francese continua nel suo magic moment, conquista il titolo di miglior rookie del 2019, e sa che prima o tardi il suo primo successo nella categoria arriverà. Ma sa anche che per vincere deve essere perfetto e andare oltre il suo massimo. Dopotutto al nizzardo manca solo quello, anche se non è certo un particolare di poco conto.

Manca tanto altro, invece, ad Andrea Dovizioso. Il romagnolo, nonostante una splendida rimonta fino al terzo posto (e per un soffio quasi alla piazza d’onore) non può accontentarsi di risultati simili. Da anni è il primo reale e concreto sfidante di Marc Marquez, ma non riesce a compiere l’ultimo passo. Sembra che stia vivendo uno di quei cartoni animati nei quali un personaggio rincorre il rivale ma, per un motivo o per un altro, gli sfugge sempre dalle mani. Come si può definire? Frustrante? Senza dubbio. Come la situazione della Ducati. La GP19 non è stata una moto impeccabile, o quasi, come le edizioni precedenti, ma ha dovuto anche sfidare una Honda (solo quella con il numero 93 sul cupolino) che non ha il minimo punto debole. Già, l’era-Marc Marquez si fonda anche su questo. E non è un aspetto di poco conto, anzi.

 

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alessandro.passanti@oasport.it

Twitter: @AlePasso

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Foto: Lapresse

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