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Rugby
Rugby, Mondiali 2019: Francia e Irlanda, le deluse che tornano a casa
Siamo arrivati al penultimo atto della Rugby World Cup 2019 e lo scorso fine settimana ha visto dire addio ai sogni iridati l’Australia, il Giappone, l’Irlanda e la Francia. Un duro colpo per tutte, ma se Australia e Giappone erano giunte all’appuntamento consce dei loro limiti, ben diversa era la situazione di Irlanda e Francia. Seppur per motivi diversi.
Un anno. E’ quello che fa la differenza tra paradiso e inferno. Un anno fa l’Irlanda era campione in carica del 6 Nazioni, dove aveva conquistato il Grande Slam, e a novembre aveva battuto gli All Blacks a Dublino. Secondo successo in due anni contro la Nuova Zelanda, l’Irlanda volava sulle ali dell’entusiasmo. E in molti, o quasi tutti, scommettevano sulla squadra di Joe Schmidt per un posto almeno in semifinale. Un traguardo che l’Irlanda non aveva mai raggiunto prima.
Da quel novembre, però, qualcosa si è rotto. Alcuni veterani – da Murray a Sexton, passando per Best – erano entrati nella fase calante della loro carriera, poi le aspettative hanno iniziato a pesare troppo sulle spalle dell’Irlanda. Così, il 2019 è stata una via crucis. Prima il ko interno con l’Inghilterra all’esordio nel 6 Nazioni, poi la sconfitta con il Galles a chiudere il torneo solo al terzo posto. Tanti i dubbi che la vittoria con la Scozia all’esordio nella Rugby World Cup non ha cancellato. Il ko con il Giappone ha evidenziato tutti i limiti dell’Irlanda, obbligandola al secondo posto nel girone e ad affrontare subito gli All Blacks nei quarti. Match impossibile per questa Irlanda, sconfitta che non ha sorpreso, ma che ha fatto male. Si è chiusa l’era di Joe Schmidt, probabilmente si sta chiudendo l’era di Sexton e ora i tuttiverdi sono da rifondare. Avendo fallito, ancora una volta, l’accesso ai quarti di finale.
Delusione cocente, ma con motivazioni ben diverse, quella della Francia di Jacques Brunel. I transalpini – a differenza dell’Irlanda – arrivavano alla Rugby World Cup senza i favori dei pronostici. Gli ultimi anni dei Bleus sono stati difficili, con troppe polemiche, cambi di allenatori, la difficoltà di trovare la quadra in mediana e una rosa che appariva non all’altezza della storia dei transalpini. Il girone, poi, era pericoloso con Inghilterra e Argentina. La vittoria sui Pumas, però, hanno dato entusiasmo e Guirado e compagni e neppure le fratture all’interno dello spogliatoio (un classico in casa francese) avevano incrinato la squadra.
Il quarto di finale con il Galles prometteva di essere il più equilibrato del lotto. E le previsioni vengono confermate. E’ una Francia bella, intraprendente, che sa sfruttare la velocità dei suoi trequarti per mandare in tilt la difesa gallese, mentre in difesa Fickou e compagni imbrigliano Dan Biggar e i britannici sono incapaci di costruire azioni pericolose. La Francia si trova in vantaggio 19-10 e, oggettivamente, non sembra che il Galles possa trovare un piano B per ribaltare il risultato.
Il piano B, però, glielo offre su un piatto d’argento Sebastien Vahaamahina al 49° minuto. Un momento di criminale follia durante una maul, il braccio della terza linea francese che prima strangola Aaron Wainwright, poi lo colpisce con una gomitata violenta al volto. Per Jaco Peyper (che più tardi ignorerà un pugno di Chat, ndr.) non ci sono alternative. Cartellino rosso e Francia in 14 per mezz’ora. E i Bleus resistono, il Galles sbaglia tutto, fino a quando una palla strappata a una manciata di minuti dalla fine dà a Ross Moriarty l’occasione della vita. Meta, sorpasso e lacrime francesi. Che meritavano la semifinale, ma che l’hanno buttata via da soli.
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Foto: Lapresse