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ATP Finals 2019, Matteo Berrettini: “Chiudo un anno dal quale ho appreso molto, Federer è unico, Nadal ti porta al limite e su Sinner…”
Mancano pochi giorni e Matteo Berrettini potrà davvero toccare con mano il grande sogno di esordire nelle ATP Finals 2019. Alla O2 Arena di Londra il tennista romano avrà modo di celebrare nel migliore dei modi una annata nella quale è partito sotto traccia, per poi esplodere e procedere come un carro armato fino alla top 10 del ranking e ad un risultato che per un tennista italiano mancava dai tempi di Corrado Barazzutti.
Queste ATP Finals sono la giusta occasione per il classe 1996 per una retrospettiva su questo suo 2019 da incorniciare, per mezzo di una bella intervista rilasciata a Tuttosport. Berrettini inizia puntando l’attenzione sui momenti chiave di questi suoi ultimi mesi. “Il primo punto di svolta arrivò in concomitanza con Budapest e Monaco. Venivo da settimane di gran lavoro, ma avevo trovato solo a Phoenix la strada per la vittoria. Due tornei importanti che mi hanno rimesso in cammino. Ero al numero 54 e ho cominciato ad avvicinarmi ai primi 30. Passi avanti che mi aspettavo perché sentivo di valere quel livello. Il secondo momento è giunto con l’erba, e mi ha cambiato la stagione. Essere competitivo per tanti match su una superficie così difficile, mi ha dato la tranquillità e la convinzione che sono servite, poi, a innalzare il livello anche sul cemento. Gli US Open, poi, valgono due passi in avanti, due salti di qualità. La semifinale di Flushing Meadows mi ha portato al numero 13, e le prospettive immediate sono cambiate. Lì è nato l’aggancio alle Finals. Un anno di studio, non solo di partite, di vittorie e di sconfitte”.
Il nuovo numero 8 del ranking mondiale, poi, parla di quale sia la sua superficie preferita. “Non so scegliere. Non credo di averne una in cui riesca ad esprimermi meglio che su altre, ed è un bene. Cavarsela ovunque è una buona base di partenza al giorno d’oggi, ma se proprio dovessi scegliere direi terra veloce o cemento all’aperto, perché le mie rotazioni e variazioni, si esaltano su queste superfici”.
In questi mesi il tennista romano ha avuto modo di affrontare gente del calibro di Roger Federer e Rafa Nadal, senza dimenticare Alexander Zverev e Dominic Thiem. Manca in questa lista solamente Novak Djokovic, ma al momento qual è stato il più complicato da sfidare il nostro rappresentante lo ha bene in mente. “Roger, senza dubbio. Usa così tante variazioni, che mentre ci giochi ti viene voglia di fermarti a guardarlo per capire, e coglierne i segreti. Fa sempre una giocata diversa dall’altra, e sono tutte difficili da intuire. La conclusione è ovvia, non ti permette di capire come fargli male. Nadal, invece, ti fa sentire parecchio la sua presenza in campo, i suoi gesti imperiosi, le occhiate, l’agonismo… Non è ansia, ma tensione per un match importante. E lui te la porta a mille”.
Gli ottimi risultati suoi, di Fabio Fognini e Jannik Sinner, stanno portando di nuovo enorme interesse del pubblico italiano verso il tennis. Una situazione che il 23enne analizza in questo modo. “So che c’è grande attesa, ma io sto poco in Italia, così è difficile che me ne renda conto di persona, ma intuisco che l’interesse sia alto, soprattutto adesso. Questo mi dà tantissima energia e non mi mette assolutamente pressione. Mi carica. Il movimento è di fronte ad un nuovo inizio. Lavorare molto restando umili. Anche Jannik mi sembra su questa linea. Credo sia fortissimo, io alla sua età nemmeno avevo punti Atp. Ma è giovane e non gli va messa troppa pressione”.
A questo punto, essendo ormai al sipario del 2019, bisogna iniziare a pensare alla prossima annata. “I grandi tornei saranno la priorità, ma saranno importanti anche quelli più piccoli. Devo mettere ancora tanto fieno in cascina, fare esperienze. Non voglio pormi obiettivi per l’inizio dell’anno prossimo, solo continuare a lavorare e a crescere”.
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alessandro.passanti@oasport.it
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Foto: Lapresse