Boxe
Boxe: Luis Ortiz, contro Wilder l’ultima occasione per un titolo mondiale
A quarant’anni, quella che Luis Ortiz avrà nella notte tra sabato e domenica contro Deontay Wilder sarà molto probabilmente l’ultima opportunità disponibile per arrivare a possedere una cintura mondiale.
Il cubano vuole ancora far valer il suo storico soprannome, “King Kong“, alla MGM Grand Garden Arena, nel pieno di quella Sin City che è Las Vegas, e cerca di farlo proprio contro l’unico uomo in grado di sconfiggerlo nella sua carriera da pro, che dura ormai dal 2010.
Nei giorni scorsi, Ortiz ha parlato a worldboxingnews.com del combattimento che lo aspetta e anche dei piani futuri: “Quando vedi video online di Wilder, ci sono cose che lui fa decisamente meglio adesso. Ma lui non ha ancora l’esperienza per portare in combattimento quel genere di cose che fa in allenamento. Deve avere un piano B e un piano C. Se non ce l’ha, sarà un errore. Io ho un piano per qualsiasi cosa. Questa non è una questione personale contro Wilder, ma è personale per me perché voglio cancellare la sconfitta e quella spina nel fianco. La mia motivazione è per questo combattimento, soltanto questo. Non sto pensando ad alcun altro incontro dei pesi massimi“. Questo, in breve, è un netto chiudere a eventuali match che potrebbero scaturire dall’altro grande confronto delle prossime settimane, quello di rivincita tra Andy Ruiz e Anthony Joshua.
Per Ortiz questa è l’occasione di diventare il primo pugile cubano Campione del Mondo per una qualsiasi sigla dei pesi massimi, ma anche quella di portare ancora più avanti una bella storia umana, diversa da quelle che troppe volte si sentono a proposito dei pugili della sua caratura. E’ infatti ambasciatore onorario della comunità EB (epidermolysis bullosa), per nomina dell’associazione mondiale senza scopo di lucro “EB Research Partnership”. Questo perché Ortiz vive in prima persona questo problema, avendo la figlia Lismercedes proprio l’epidermolisi bollosa della pelle, una malattia che provoca vesciche e ustioni al più piccolo contatto, e per la quale oggi non è ancora stata trovata una cura. Dieci anni fa, decise proprio per avere un più valido supporto medico in favore della figlia di lasciare Cuba per andare negli Stati Uniti.
A prescindere da come andrà il suo combattimento, dunque, non sarà certamente concluso il suo slancio motivazionale. Perché, oltre il ring, oltre le 31 vittorie, l’unica sconfitta con Wilder, i due no contest, i combattimenti da Hollywood al Barclays Center di New York, dallo Staples Center di Los Angeles al Madison Square Garden, da Santo Domingo a Manchester, c’è anche un lato umano di grande valore.
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federico.rossini@oasport.it
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Foto: Maria Maarbes / Shutterstock.com