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Calcio femminile, si apre al professionismo in Italia: la Legge di stabilità prevede un importante incentivo. Un primo passo

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Il pallone è il mio migliore amico“. Era la frase di un celebre personaggio dei cartoni animati giapponesi. La sfera del rettangolo verde, nei nostri confini, però ha quasi sempre avuto una rappresentazione maschile, in nome dell’assioma: “Il calcio non è uno sport per signorine“. I tempi cambiano e l’evoluzione di una società è direttamente proporzionale al coinvolgimento di entrambi i sessi. Un’affermazione che non è certo frutto del nostro tempo, ma di una figura vissuta nel 19° secolo, ovvero Giuseppe Mazzini.

Senza perdersi in riferimenti di alto livello storico, la Legge di stabilità del governo italiano apre finalmente al professionismo nel calcio femminile e in altri sport per le ragazze. Le discipline interessate sono anche il basket, la pallavolo e il rugby. L’emendamento, firmato da Susy Matrisciano dei 5 Stelle e da Tommaso Nannicini del PD, prevede lo stanziamento di 20 milioni di euro per le prossime tre stagioni. Nel caso specifico, le società potranno arrivare ad un accordo con le atlete attraverso un contratto di lavoro sportivo, in modo da prevedere il versamento del 100% dei contributi previdenziali e assistenziali: il limite massimo previsto è di 8.000 euro su base annua, corrispondente ad un ingaggio lordo di 30.000 euro. Stando a quanto previsto, lo stanziamento citato prevede 4 milioni per il 2020 e 8 milioni per le restanti due stagioni.

Un primo passo importante per un Paese che ha assolutamente bisogno di dare un segnale in questo senso. Parlando del calcio femminile, una bella scossa è stata data dall’ottima prestazione della Nazionale di Milena Bertolini, arrivata fino ai quarti di finale dei Mondiali 2019 in Francia, essendo l’unica compagine di giocatrici non professioniste del lotto. E’ chiaro che per arrivare a questo status c’è bisogno delle coperture economiche necessarie e la Legge menzionata è un segnale. Ciò però non è sufficiente. Vanno associati aspetti culturali e organizzativi che possano aumentare in maniera tassonomica l’interesse per la disciplina, coinvolgendo un numero maggiore di iscritte e di spettatori.

La sfida non è semplice, ma forse qualcosa si sta muovendo.

 

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Foto: LaPresse

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