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Coppa Davis 2019, il format sotto accusa: tempi lunghi, giocatori malandati e regolamento discutibile. Urge modifica
“Finalmente è finita… Le nuove regole non sono delle migliori, questo possiamo dirlo. 4:18, è normale?”
Fabio Fognini, nel suo stile, non le manda a dire e attacca chiaramente gli organizzatori delle Finals di Coppa Davis. L’oggetto è l’orario a cui i giocatori ieri, nella sfida tra Stati Uniti e Italia, sono stati costretti (successo degli States ed eliminazione degli azzurri). Andare oltre le 4 della mattina è qualcosa che va oltre il contemplabile, in una manifestazione che si sviluppa in una settimana, con ben 18 formazioni al via.
Prendendo spunte dalle considerazioni via social del ligure, che si associano a quelle dello spagnolo (n.1 del mondo) Rafael Nadal, dubitare del format nella sua interezza non è certo fare peccato. Di fatto i disagi per i tempi lunghi sono abbastanza evidenti, visto il rischio sulla salute stessa dei tennisti, per il ritmo incessante dei match.
Per questa ragione, trovare un modo per spalmare il tutto in due settimane potrebbe aiutare. In un contesto del genere, forse, si potrebbe scendere a 16 formazioni e puntare sulla metodologia degli scontri diretti piuttosto che nella formula dei gironi, anche per ovviare ad alcuni calcoli e a vittorie a tavolino per “assenze strategiche”, un po’ come uno scolaro che vuol evitare l’interrogazione dell’insegnante.
Tante carne al fuoco per una format ideato per coinvolgere i campioni, spesso assenti nel vecchio sistema della Davis, per match troppo lunghi e gravosi. Tuttavia, la problematica si è ripresentata, secondo modalità diverse. Una riflessione, in questo senso, è un dovere morale.
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giandomenico.tiseo@oasport.it
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Foto: LaPresse