Biathlon
‘Bersaglio Mobile’ con René Laurent Vuillermoz: “Wierer ora è la più forte. Polemiche per la staffetta femminile? Ormai è come nel calcio…”
La prima tappa della Coppa del Mondo di biathlon, andata in scena a Östersund, è passata agli archivi. In campo femminile Dorothea Wierer è partita difendendo il proprio pettorale giallo, mentre fra gli uomini siamo tornati ad ammirare il duello tra Johannes Bø e Martin Fourcade.
Andiamo quindi ad analizzare l’accaduto assieme all’ex azzurro René Laurent Vuillermoz, nella seconda puntata della rubrica di approfondimento “Bersaglio Mobile”.
René, partiamo da una considerazione di carattere generale. Quali sensazioni ti ha lasciato la tappa di Östersund nella sua interezza, distribuita quindi su entrambi i weekend?
“In generale ho notato tanta incertezza e tanta tensione, sia nel settore maschile che in quello femminile. Probabilmente in parecchi hanno ‘sentito’ l’esordio. Comunque si è trattato di un bene, perché questa situazione ha reso le gare molto più aperte e avvincenti rispetto alla norma”.
Entriamo nel dettaglio e cominciamo dalle donne. Pronti, via e Wierer mantiene il pettorale giallo conquistato l’anno scorso. Sappiamo però che è storicamente abituata a partire forte. Quindi, secondo te, è ‘solo’ uscita meglio dai blocchi rispetto a tutte le altre pretendenti alla Sfera di cristallo, oppure è semplicemente la più forte?
“In questo istante Dorothea è l’atleta più completa del circuito. È veloce sugli sci, perché segna sempre uno dei tempi migliori, e al poligono fa la differenza, essendo precisa a e rapida. Quindi merita indiscutibilmente di indossare il pettorale giallo. Partire bene è comunque un pregio e, anche l’anno scorso, il temuto calo di rendimento nel corso della stagione è stato molto contenuto. Vedremo come evolverà la situazione, anche perché le avversarie hanno margine di crescita, penso soprattutto a Vittozzi e Öberg”.
Ecco, tra le favorite per la conquista della Coppa del Mondo, Vittozzi è stata quella che ha destato l’impressione peggiore. Tu cosa ne pensi?
“Secondo me Lisa aveva delle aspettative molto alte per l’inizio dell’inverno, ma ha fatto fatica a digerire la prima tappa. Credo abbia bisogno di metabolizzare la settimana iniziale e già a Hochfilzen potrà dare un giro di vite ai problemi che ha avuto fino adesso. Al momento è più indietro rispetto a Dorothea, credo sia evidente a tutti, però c’è spazio per salire di colpi, forse anche in tempi rapidi”.
Chi è salita di colpi sugli sci è Røiseland-Olsbu, perché sembrerebbe migliorata ulteriormente rispetto al passato. Abbiamo un’altra seria rivale per la classifica generale?
“Anche secondo me ha fatto un passo avanti nel fondo. Al poligono ha qualche passaggio a vuoto e l’individuale è il format dove le sue lacune vengono maggiormente a galla, però ce ne saranno poche. Quindi, se confermerà quanto di buono fatto sugli sci in Svezia, sarà un osso durissimo per tutta la stagione”.
Però, al momento, la seconda in classifica generale è Davidova. Personalmente ho notato un cambiamento nel tiro in piedi che mi ricorda tanto quello avuto tempo addietro da Soukalova. D’altronde la scuola è la stessa…
“Lo sappiamo che Davidova può essere pericolosa per la Coppa del Mondo, ce lo diciamo da tempo. Deve solo trovare stabilità al poligono. Sinceramente credo che in questa stagione sia ancora acerba, però il salto di qualità al tiro si può fare da un momento all’altro. Quindi bisognerà capire qual è la sua reale dimensione in piazzola. Però, a proposito di giovani leve,ce n’è una che a Östersund mi ha impressionato particolarmente”.
Ovvero?
“La piccola Öberg. Probabilmente lei era più in forma di altre, perché tante svedesi avranno puntato a fare bene da subito nella tappa di casa. Però, al di là di questo, mi ha fatto un’ottima impressione. È una cavallina da tenere d’occhio, soprattutto considerando che spesso nel biathlon il fratello e la sorella minore si sono rivelati più forti del maggiore. Con questo non voglio dire che Elvira diventerà sicuramente meglio di Hanna, però mi ha colpito in positivo”.
Passiamo adesso a un argomento che ha fatto molto discutere gli appassionati.
“Fammi indovinare, la composizione della staffetta femminile?”
Hai vinto una bambolina!
“Troppo facile, ormai è diventato come nel calcio, dove ci sono 60 milioni di allenatori in Italia. Ognuno ha la sua idea”.
A me però interessa la tua.
“Partiamo da un presupposto. Le risorse umane sono limitate, nel senso che non siamo la Germania o la Russia di dieci anni fa, le quali potevano essere competitive per vincere anche schierando la squadra B. Non abbiamo chissà quali alternative e, in questo momento, alcune nostre atlete non sono neppure al top. Il discorso fatto per Lisa vale anche per Federica, che avrà anche disputato una buona sprint, però si nota come faccia fatica fisicamente e sia ancora lontana dal suo reale valore. Detto questo, immagino che sul banco degli imputati ci sia Nicole. Ecco, io non vorrei che si dimentichi come, anche in staffetta, abbia fatto dei numeri pazzeschi. Magari non se lo ricorderà nessuno, ma ai Mondiali dell’anno scorso lei è stata eccezionale. Anche in passato era capitato che, con le medaglie in palio, si esprimesse a livelli d’eccellenza al tiro. Però al poligono lei manca complessivamente di autoconvinzione, ed è un discorso ampio. Nicole ha bisogno di trovare fiducia nei suoi mezzi. Secondo me vale molto di più di ciò che sta mostrando. È una questione emotiva, perché con un’altra attitudine nei confronti del tiro, potrebbe davvero fare la differenza in positivo. Purtroppo, con l’approccio attuale, possono capitare anche dei disastri”.
Analizzando la situazione nel dettaglio sorgono due grandi quesiti. Il primo è: non ci sono alternative?
“In questo momento no. Se Alexia Runggaldier avesse una competitività all’altezza della Coppa del Mondo, allora potrebbe essere una valida alternativa. Però, ora come ora, non mi sembra in grado di difendersi nel massimo circuito. Se riuscisse a ritornare quantomeno al livello sugli sci che aveva durante la stagione 2017-’18, allora il discorso potrebbe cambiare. In quel caso sarebbe perfetta per il lancio, dove sarebbe in grado di contenere i danni e dare il cambio a 20-25 secondi dalla testa, con entrambe le big che dovrebbero ancora scendere in pista. Però è un discorso ipotetico, allo stato attuale delle cose, i nostri cavalli da corsa sono i quattro scesi in pista domenica”.
Bene, allora passiamo al secondo grande quesito. Se non ci sono alternative, allora non è il caso di cambiare l’ordine dei fattori? Vox populi afferma che Vittozzi al lancio sia ‘sprecata’. A te la parola.
“È un discorso complicato. L’idea quale sarebbe, se non si può schierare Alexia al lancio? Buttare dentro Nicole all’inizio? C’è il rischio di perdere terreno, ma forse non al punto tale di essere tagliati fuori, anche considerando che poi si potrebbero schierare Lisa e Dorothea. Sì, un ordine Gonter-Vittozzi-Sanfilippo-Wierer ci potrebbe stare, come però ci stava anche quello di domenica. La disposizione usata non era sbagliata, anche perché quando si parla di ordine delle frazioni ci sono delle dinamiche talmente particolari da essere impalpabili e spesso si parla con il senno di poi. Guardiamo agli uomini, ci siamo giocati un pezzo da novanta al lancio ed è andata benissimo. La verità è che spesso queste valutazioni vengono fatte con il senno di poi, ed è facile parlare dopo aver visto il risultato”.
D’accordo, ma se decidessi tu e solo tu, cosa faresti? Fai conto che ti stia obbligando a rispondere.
“Allora, personalmente metterei una delle due big a chiudere. Perché secondo me se cambi vicino alle prime al termine della terza frazione, con una Wierer in chiusura hai molte più chance di fare il botto. Al tempo stesso ammetto che, secondo me, Lisa al lancio è effettivamente un po’ sprecata. Però è anche vero che magari mettere Vittozzi in prima ti permette di fare il buco rispetto alle avversarie, dando alla squadra un margine di sicurezza da capitalizzare per fare un risultatone. Al tempo stesso spesso capita che la terza frazione sia quella dove si fa la differenza, quindi mettere lì Dorothea ha il suo perché. Alla fine non c’è un ordine giusto o sbagliato, le quattro da far correre sono quelle e, prima o poi, devono scendere in pista tutte”.
Va bene, chiudiamo la disamina staffetta femminile e passiamo agli uomini. Impressioni complessive?
“Non si è potuto capire granché, perché le gare sono state molto strane e particolari. La sprint per via delle condizioni del vento, che ha rimescolato le carte, mentre l’individuale a causa delle condizioni della neve, le quali hanno sicuramente creato grossi problemi agli skimen e alla muscolatura degli atleti”.
Però, al di là di tutto, le gare le hanno vinte i due soliti noti. Martin Fourcade e Johannes Bø si sono comunque dimostrati una spanna sopra gli altri. Difficile, tuttavia, capire quali siano i rapporti di forza tra i due. Tu che idea ti sei fatto sinora?
“Ho visto un Martin forte. Probabilmente Johannes sugli sci è comunque superiore, però mi ha dato l’impressione di essere meno sul pezzo mentalmente, come se fosse concentrato anche su altro. Forse il fatto di passare dallo stato di ragazzo a quello di papà ha un grosso impatto psicologico su di lui e gli prende parecchie energie mentali, come è normalissimo che sia”.
Dietro di loro c’è grandissimo equilibrio. Cosa ti ha colpito di più?
“La solidità della squadra francese, perché il risultato dell’individuale è la dimostrazione di un team unito e compatto, nonché la testimonianza del fatto che stanno lavorando bene a tutti i livelli. D’altronde, nonostante la crisi del loro leader, l’anno scorso si sono mantenuti in quota grazie a un bel ricambio. Inoltre sembra che, una volta recuperata la loro punta di diamante, siano riusciti ad amalgamare benissimo il ritorno di Martin con la progressione degli altri”.
Se ti chiedessi di indicare la sorpresa e la delusione di questa tappa?
“Sorprese secondo me non ce ne sono state, nel senso che bene o male le previsioni della vigilia sono state rispettate. Certo, molti sono stati colpiti da Johannes Dale, ma si sapeva che fosse un giovane molto promettente. Invece, per quanto mi riguarda, la delusione principale sono gli svedesi. Mi ha stupito vederli così indietro, perché me li aspettavo molto più competitivi. Probabilmente peccano ancora di gioventù ed esperienza”.
Passiamo alle vicende di casa Italia. Direi che gli azzurri escono bene da Östersund.
“Il bilancio è molto positivo. Vittoria in staffetta mista, podio in staffetta, due nei quindici nella sprint, comunque buoni segnali dall’individuale. Va bene, anzi benissimo. Lukas è sul livello delle ultime due stagioni, quindi non è lontano dai big. Gli manca sempre qualcosa al tiro, dove lo vedo un po’ in difesa, probabilmente perché non vuole rischiare e preferisce sparare più controllato. Ci sta. Questo comunque significa avere un po’ di margine per quando andrà a cercare il risultatone. Windisch ha fatto parecchia fatica tra sprint e 20 km, però in staffetta ha tirato due cannonate. Si tratta di un fatto positivo, perché nelle prove a squadre c’è molta più pressione rispetto alle gare individuali. Vuol dire che anche lui c’è, è la solita mina vagante pronta a esplodere quando meno te lo aspetti. Thomas ha trovato costanza sia sugli sci che al tiro. Mi ha impressionato soprattutto nella staffetta, dove ha fatto un gran bel lavoro. È la conferma della sua crescita. Credo che quest’anno possa togliersi delle belle soddisfazioni, centrando dei piazzamenti nella top ten. Nel momento in cui ne hai tre così, allora puoi essere competitivo anche in staffetta”.
Ecco, proprio sulla staffetta bisognerebbe soffermarsi. Un terzo posto inatteso, ma sicuramente legittimo. Le tue impressioni su di esso?
“Già in passato, quando ci sono state gare in condizioni complicate, l’Italia è riuscita ad approfittarne. Mi viene in mente un secondo posto a Oberhof un paio di anni fa. Anche stavolta abbiamo raccolto bene. Hofer e Windisch hanno fatto del loro meglio, ma il passo in avanti di Bormolini è sicuramente stato il valore aggiunto che mancava al quartetto per poter lottare con le squadre di vertice. Con tre uomini del genere, ti puoi giocare sempre qualcosa di importante, soprattutto se il quarto tira fuori il numero al poligono come fatto da Cappellari. Al riguardo devo dire che si vede la mano del suo allenatore Enrico Tach, perché è riuscito a trasmettergli il suo modo di affrontare il tiro. Questo podio pesa soprattutto per Daniele, perché ha fatto tanta fatica nelle gare individuali, ma quando è stato chiamato in causa in staffetta ha risposto presente, dimostrando che con le sue caratteristiche può difendersi alla grande in questa prova. Speriamo possa essere una bella iniezione di fiducia per aiutarlo a crescere di livello su ogni fronte“.
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Foto: La Presse