Calcio
Calcio femminile, il presidente della FIGC Gravina sul professionismo: “Serve modificare la legge 91 del 1981”
“La norma che incentiva il professionismo femminile non può che fare riferimento al potere delle singole federazioni, come previsto dalla legge 91 del 1981. È una norma importante perché riconosce pari valore alla dignità delle ragazze, ma noi abbiamo chiesto maggiore forza: questa novità deve essere incardinata in modo diverso con una modifica della legge 91“. Di seguito il testo:
Ai fini dell'applicazione della presente legge, sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l'attivita' sportiva a titolo oneroso con carattere di continuita' nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attivita' dilettantistica da quella professionistica.
Sono queste le parole del presidente della FIGC Gabriele Gravina (fonte: Ansa) sul tema del “professionismo” per il calcio femminile e lo sport delle donne in senso più ampio. A detta del n.1 del calcio nostrano, la modifica della citata legge n.91 del 1981, che conferisce alle singole federazioni sportive il potere di attribuire lo status menzionato, è necessaria proprio per rendere attuabile il tutto. Va detto che, nel mondo femminile, molte sportive sono di fatto professioniste, ma non di diritto. Se si fanno delle valutazioni sugli impegni negli allenamenti c’è chiaramente una rappresentazione da atleta di professione, ma vengono a mancare un salario minimo e contributi assistenziali e previdenziali. Tutti aspetti che ancora devono essere chiariti per bene, al di là dell’evidente passo avanti compiuto relativamente all’emendamento della Legge di stabilità, che può rappresentare un segnale.
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giandomenico.tiseo@oasport.it
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Foto: LaPresse