Ciclismo
Ciclismo, Roberto Damiani: “La politica non tutela la sicurezza dei corridori. Viviani una ciliegina per la Cofidis”
Il ds italiano Roberto Damiani è pronto a tornare nel World Tour assieme alla sua Cofidis, storica formazione francese faro del ciclismo d’Oltralpe da più di vent’anni e che nel 2020, dopo ben dieci stagioni tra le Professional, farà il suo rientro nella massima serie. Tra le numerose squadre dirette o comunque affiancate da Damiani, ricordiamo la Mapei-Quick Step, la Fassa Bortolo, la Liquigas, la Silence-Lotto, la Lampre-ISD, la Unitedhealthcare, fino appunto alla Cofidis. Il ds di Castellanza, comune al confine tra le province di Varese e di Milano, è rimasto soddisfatto dalla stagione che si è appena conclusa, ma è ancor più motivato al pensiero di avere con sé dal 2020 il campione europeo Elia Viviani, una vera chicca per la Cofidis. Ha inoltre parlato delle differenze tra il ciclismo francese e quello azzurro, per poi soffermarsi e attaccare duramente, ma giustamente, i politici italiani sulla questione della sicurezza stradale.
Tracciamo assieme un bilancio stagionale della Cofidis.
“Direi che è andata bene. Abbiamo concluso una stagione in cui potevamo certamente fare di più, però abbiamo avuto Jesus Herrada e Christophe Laporte che hanno garantito un buon numero di vittorie; di fatti ne abbiamo ottenute venti. Senza dimenticare quello che possiamo migliorare. La fiducia di Cofidis ha reso possibile una progressione nel World Tour ed è veramente importante. A parte la valutazione attuale, si sta attuando quello che era il programma iniziale di Cédric Vasseur, ossia di riportare la squadra nella massima serie. Adesso non c’è ancora l’ufficialità perchè l’UCI non l’ha deliberato in via definitiva, però ci sono forti garanzie nel poter rientrare tra le diciannove formazioni del World Tour”.
Quali sono state le più grandi soddisfazioni e le più grandi delusioni dell’anno?
“Personalmente direi la vittoria di Jesus Herrada al Mont Ventoux Dénivelé Challenge, visto che ho avuto il piacere di seguirlo; una salita dove si è scritta una grandissima parte della storia del ciclismo. È stata un’emozione molto forte. Poi un’altra vittoria di Jesus, quella ottenuta alla Vuelta a España e che è stata molto importante, perchè si tratta sempre e comunque di una tappa di un Grande Giro. Poi c’è stata la progressione di Laporte come velocista, con nove vittorie stagionali che non sono affatto poche. Ma posso citare anche Julien Simon, Kenneth Vanbilsen… Anche perchè è sempre bello veder vincere più di un corridore; vuol dire che c’è un turn-over importante. Il nostro obiettivo è sempre e comunque quello di far vincere la maglia di Cofidis. Per quanto riguarda le delusioni, non posso esimermi dal pensare al fatto che Nacer Bouhanni non ha vinto neanche una corsa”.
Cosa si aspetta da questo ormai certo ritorno nel Word Tour della Cofidis?
“Sarà una grande responsabilità perchè abbiamo un sponsor unico come Cofidis, che è nel ciclismo da oltre vent’anni e che dà fiducia. Da parte mia dobbiamo rispondere con grande impegno e risultati, che non sono facili da ottenere nel World Tour; però al contempo c’è stato un rafforzamento. Ci deve essere un cambio di passo e di mentalità, perchè non è più sufficiente dire ‘ho fatto del mio meglio’, ma bisogna cercare di fare sempre qualcosa di più”.
Dal prossimo anno, oltre a Laporte, avrete quattro azzurri per gli sprint: Elia e Attilio Viviani, Fabio Sabatini e Simone Consonni. Come li gestirete?
“Cercheremo di vincere. È chiaro che l’ingresso di Elia in Cofidis è stato veramente la ciliegina sulla torta di questa progressione di cui ho già parlato in precedenza. Mi fa piacere vedere la professionalità, la passione e l’amore che ha per questo sport; è davvero qualcosa di contagioso. Il fatto di creare un supporto per Viviani negli sprint sarà uno degli obiettivi e pian piano inizieremo a lavorare bene sin dal primo ritiro che faremo in questo mese, poi nelle corse in Australia a gennaio. Non c’è niente di scritto, perchè è chiaro che parlare di Sabatini e Consonni, che hanno già un feeling con Elia, è abbastanza facile. E sono rimasto ben sorpreso anche da Attilio Viviani, di cui vorrei ribadire che non entrerà a far parte della Cofidis soltanto perchè è il fratello minore di Elia, ma quando su proposta di quest’ultimo lo abbiamo preso come stagista, Attilio ha anche vinto, dimostrando sulla strada di meritare un contratto con noi; quindi non solo per il cognome che porta, ma anche per le qualità che ha. Poi il treno di Viviani non sarà soltanto italiano, perchè ci sono degli atleti, nuovi e non, che possono di certo essere un “vagone” di questo treno”.
Viviani, e con ogni probabilità Consonni, avranno anche le Olimpiadi di Tokyo l’anno prossimo. Ci sarà una preparazione specifica soltanto per loro?
“Direi di sì, perchè la preparazione, chiaramente, è finalizzata ai grandi obiettivi. Abbiamo Elia che è il campione olimpico uscente dell’Omnium e con ogni probabilità ci sarà anche Simone, che è una parte importante del quartetto azzurro dell’Inseguimento a squadre. Per loro la preparazione si concentrerà su determinati punti, ma la prima parte di stagione, per questo gruppo di ragazzi, verterà sulla Milano-Sanremo, poi ci sarà la successiva parte intermedia, l’avvicinamento al Tour de France e infine le Olimpiadi. Devo dire che in questo senso c’è veramente una grandissima colorazione con il CT della Nazionale Italiana su pista Marco Villa e tutto lo staff tecnico, con cui lavoriamo in sinergia e per cui provo grande fiducia e stima. Non è la famosa storia del ‘mi porti via il corridore per fare la pista/strada’, perchè noi collaboriamo assieme per ottenere degli obiettivi. Questo è un punto da mettere veramente in chiaro”.
Che differenza ha trovato tra la “gestione” del ciclismo francese rispetto a quello italiano?
“Dovrei essere durissimo nel rispondere. Cofidis è una squadra professionistica strutturata come un’azienda. In Italia dobbiamo ringraziare tre persone che stanno portando avanti il ciclismo professionistico azzurro: Gianni Savio, Bruno Reverberi e Angelo Citracca. Ognuno, chiaramente, ha il suo stile, il suo budget, i suoi oneri e onori. Però devo dire che Cofidis è un’azienda che utilizza il ciclismo come marketing, come ramo della società. Può essere una struttura più complicata, ma al contempo più aziendale”.
La sicurezza stradale. Una sua opinione e un suo appello
“In primis devo dire che quando mio figlio aveva otto/nove anni mi ha chiesto di correre in bici, poi questa cosa gli è un po’ passata, ed io non ho affatto spinto perchè facesse ciclismo; ma proprio perchè avevo paura della strada, e ne parlo da genitore. Per quello che riguarda la sicurezza stradale si sa che ci sono diversi pericoli; ne siamo tutti a conoscenza. Forse in questi ultimi mesi, grazie anche ai social, al fatto che ci si è mossi di più, vediamo quello che succede. Però credimi, anche quarant’anni fa, quando correvo in bici, abbiamo corso dei rischi incredibili, e c’erano già gli incidenti. Ovviamente tutto si è evoluto in maniera esponenziale e in negativo. Ritengo che la regola del metro e mezzo di distanza dal ciclista sia buona e intelligente, ma molto spesso non attuabile, soprattutto per le tipologie diverse di strade. Perchè per avere questa distanza la macchina dovrebbe andare, in diversi casi, in contromano. O come succede molto spesso in certi paesi, tipo l’Australia, l’automobilista si ferma finché non c’è nessuno dalla parte opposta per poi sorpassare il ciclista. In Italia, ma possono dire anche nel resto dell’Europa, vedo che spesso non succede. E poi mettiamoci anche le vecchie e brutte abitudini dei ciclisti, perchè noi tutti dobbiamo farci anche un po’ di autocritica e mettere un po’ di progettualità; per esempio il fatto di passare con il rosso, una questione di cui in America non se ne parla neanche perchè non accade. Però, purtroppo, sono abbastanza certo che si continuerà ad avere incidenti e morti sulla strada. Parliamone, parliamone tantissimo, però facciamo anche. E mi sembra molto bello avere zone in cui ci sono le piste ciclabili, andare senza macchine e tutto; però è un po’ un’utopia. Molto spesso noi, ad esempio, andiamo a fare lo Stelvio, ovviamente sulla strada. Il fatto vero è che una volta le strade erano per le biciclette, per i carri… e adesso non va più bene che ci siano, perchè sono fatte per le auto e per i camion. Noi, nell’ambito Cofidis, abbiamo sei corridori di ciclismo per disabili; e l’anno scorso ho seguito un loro allenamento. Ero terrorizzato. Con l’handbike corrono dei rischi devastanti, molto più alti di coloro che corrono su una sua classica bicicletta. Se partiamo da questi presupposti, la strada è pericolosa e non è più fatta per le bici. Poi quando senti certi politici, che dovrebbero rappresentarci e produrre delle leggi per il popolo, affermare delle dichiarazioni assurde, beh, io mi chiedo se stiano bene o meno. Perchè quando vedi che non passa una norma come quella della distanza di un metro e mezzo dal ciclista, già stabilita in molti Paesi europei, vorrei soltanto offendere questa persona e metterlo sulla strada con noi per fargli capire che cosa vuol dire”.
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@lisa_guadagnini
Foto: Twitter Cofidis