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Sci di fondo

‘L’ululato del Bubo’ con Fulvio Valbusa: “Skiathlon e staffetta, così non va! Ecco le mie proposte per rilanciare questi format”

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La seconda tappa della Coppa del Mondo di sci di fondo è andata in archivio. A Lillehammer gli skiathlon sono stati conquistati da Therese Johaug e Alexander Bolshunov. Le staffette, poi, non hanno lanciato grandi spunti, essendo state disertate da gran parte dei big.

Pertanto è giunto il momento di fare il punto della situazione assieme a Fulvio  Valbusa, con il quale abbiamo analizzato quanto avvenuto tra sabato e domenica, soprattutto dal punto di vista del (mancato) spettacolo.

La seconda puntata de “L’ululato del Bubo” lancia dunque importanti temi di riflessione, nonché un paio di proposte interessanti per provare a rinfrescare il panorama attuale dello sci di fondo, apparso piuttosto brullo in quel di Lillehammer.


Bubo, spendiamo due parole su quanto accaduto a Lillehammer. Cominciamo dalle donne, dove assistere allo skiathlon è stato come vedere un film di cui si conosce già il finale.

“In effetti non abbiamo visto niente di nuovo. Johaug è stata dominante, anzi, stradominante. Weng, seppur confermandosi seconda forza, si è dimostrata lontana dallo scricciolo atomico. Però vorrei sottolineare che mi aspettavo di più da Nepryaeva, la quale invece è ancora indietro di condizione. La russa mi è parsa macchinosa e pesante. Lo stesso discorso vale anche per Charlotte Kalla, a sua volta molto opaca, anche a skating, dove invece di solito è abituata a brillare”.

Più interessante lo skiathlon maschile, soprattutto perché Bolshunov ha reagito prontamente dopo il mezzo passo falso di Ruka.
“Eh sì, Bolshunov si è ripreso alla grande, sconfiggendo autorevolmente l’agguerrita armata norvegese. I norge si sono impegnati al massimo per abbatterlo, però non ci sono riusciti e alla fine si sono dovuti inchinare. Probabilmente il russo aveva bisogno di qualche gara per carburare appieno. Ruka gli è servita come rodaggio e possiamo dire che la battaglia per la Coppa del Mondo è cominciata a Lillehammer. I valori visti in Finlandia non erano veritieri, sarà un braccio di ferro estenuante con Klæbo”.

Al di là di quanto espresso dalla pista, vorrei allargare il discorso. Parliamo dei format andati in scena nel weekend, cominciando dallo skiathlon, una tipologia di gara che sembrava destinata a sparire, ma che invece è stata salvata in extremis dalla Fis. Quali sono le tue opinioni su di esso?
“Lo skiathlon è stato creato con l’obiettivo dichiarato di spettacolarizzare lo sci di fondo. Secondo te, sabato abbiamo visto spettacolo?”

Tra le donne, francamente, lo spettacolo è stato nullo. Fra gli uomini, invece, la prova è stata più frizzante, volendo essere generosi. Diciamo meno scontata. Però questa solo è la mia opinione, io vorrei sentire la tua.
“La mia opinione è che non si sia visto chissà cosa neanche tra i maschi. Gli specialisti del classico hanno fatto quanto potevano, ma poi sono spariti appena è cominciata la parte a skating. Allora, per prima cosa bisogna dire che se proprio lo si vuole tenere così com’è, questo skiathlon, ogni tanto bisognerebbe girarlo e disputare prima la parte in pattinaggio e poi quella in alternato. Io, però, apporterei anche una modifica più radicale”.

Cioè?
“Secondo me bisognerebbe accorciarlo. Tra gli uomini la distanza andrebbe dimezzata, disputando due botte secche da 7,5 km, mentre tra le donne si potrebbe optare per un 5+5 km. In questo modo, anche chi non è specialista di una tecnica potrebbe difendersi nell’altra. Inoltre ne verrebbe fuori una gara più compatta e frizzante. Ora come ora, soprattutto il format 15+15 maschile è devastante. Ci sono troppi tempi morti, gli atleti spesso si guardano e si controllano eccessivamente. Sarà anche tattica di gara, ma se l’obiettivo era quello di spettacolarizzare lo sci di fondo, allora non ci siamo. Quindi, secondo me, se si vuole portare avanti questo format, io ridurrei la distanza. Fermo restando che, per quanto mi riguarda, l’inseguimento in due giorni come era strutturato una volta resta una gran bella gara”.

A proposito di distanza, ci sono due scuole di pensiero in merito alla lunghezza delle staffette. C’è chi le preferisce con le frazioni di 7,5 km, come avviene in Coppa del Mondo, e chi invece è più tradizionalista e le vorrebbe vedere con frazioni di 10 km, come accade in Olimpiadi e Mondiali. Tu dove ti poni?
“Devo fare una doverosa premessa. Disputare frazioni di 7,5 km o da 10 km cambia completamente i connotati della gara. Spesso e volentieri la differenza si fa proprio tra l’ottavo e il decimo chilometro, perché tanti atleti sono in grado di tenere un buon ritmo per 5/6 km, ma poi molti di loro scoppiano dal settimo in poi. Quindi gareggiare a 7,5 km o a 10 km significa sposare due filosofie totalmente diverse”.

D’accordo, però non mi ha risposto. Tu voti per i 7,5 km o i 10 km?
“Guarda, il problema secondo me è un altro, cioè che vi siano distanze diverse tra le gare di Coppa del Mondo e quelle di Olimpiadi e Mondiali. È come se nel calcio, agli Europei si disputassero partite di due tempi da 30 minuti, mentre ai Mondiali si giocassero i canonici 45. Che senso ha? Si prenda una decisione e si usi un format univoco, perché così non va bene. Anche perché i tecnici dovranno farsi un’idea su chi tiene o non tiene la distanza. Ora come ora, invece, è più difficile”.

Indosso i panni dell’avvocato del Diavolo. La Fis ha voluto differenziare le distanze per salvare la tradizione quando si assegnano medaglie e, al tempo stesso, incentivare la partecipazione degli atleti nelle staffette di Coppa del Mondo.
“Infatti hai visto che alta partecipazione di big c’è stata a Lillehammer? Klæbo e Bolshunov, per fare due nomi a caso, non si sono neanche sognati di fare la staffetta! Ormai queste gare, se non assegnano medaglie, sono snobbate dagli atleti, che le mettono in secondo piano, soprattutto se hanno altri obiettivi. No, così non va bene proprio per niente. Se si vuole vivacizzare la situazione anche in staffetta, bisogna agire diversamente”.

Hai qualche idea?
“Io assegnerei punti di Coppa del Mondo anche nelle staffette. D’altronde se nelle tappe finali degli eventi multi stage si assegnano punti sulla base del miglior tempo di giornata, perché non si possono dare punti di Coppa anche basandosi sui tempi di frazione? Il concetto è esattamente lo stesso! Bisognerebbe studiare un bel sistema, in maniera tale che la distribuzione dei punti sia equa tra i vari tempi di frazione, però questo sarebbe il modo migliore per incentivare la partecipazione dei big alle staffette. Questa novità si inserirebbe in una riforma ancora più ampia”.

Ovvero? Mi hai incuriosito. Cosa cambieresti?
“La cosiddetta ‘Coppa distance’ secondo me non ha più molto senso, sempre che l’abbia mai avuto, visto che non è mai davvero decollata, a differenza della Coppa sprint che invece ha trovato la sua dimensione. Al posto della classifica distance io creerei due Coppe di specialità legate alle tecniche. Coppa di specialità a skating, dove vengono sommati tutti i punti ottenuti nelle gare in pattinato, e Coppa di specialità in classico, nella quale si tiene conto dei punti raccolti nelle prove in alternato. I punti conquistati in staffetta verrebbero aggiunti anche a queste due classifiche”

Giriamo la proposta alla Fis allora?
“Certamente, ci ho fatto anche un sogno su questo argomento, pensa un po’!”

Prima di chiudere, vorrei la tua opinione sulla scelta della squadra italiana di non gareggiare a Lillehammer. La condividi, oppure no?
“Secondo me l’unico che ha avuto ragione a non gareggiare è stato Pellegrino. A Lillehammer non c’erano format adatti a lui, quindi ha fatto bene a tornare sulle Alpi per preparare al meglio la sprint Davos, dove può vincere. D’altronde mi è sembrato l’unico dei nostri veramente in palla già a Kuusamo. Per tutti gli altri, invece, penso che non andare a Lillehammer sia stato un errore. Storicamente, per gli atleti del centro Europa, le gare del Nord servono per prendere ritmo. Bolshunov è l’esempio più eclatante. A Ruka balbettava, ma quelle gare lo hanno messo in bolla e abbiamo visto i risultati in Norvegia. A parte Pellegrino, a Kuusamo ho visto tutti gli azzurri carenti di ritmo. Per questo penso che le prove di Lillehammer sarebbero state l’ideale per carburare. Due belle gare sull’uomo, come skiathlon e staffetta, sarebbero state molto utili. Invece non so quanto possa essere proficua questa pausa, soprattutto considerando che chi è andato a Ruka, non ha partecipato neppure alle prove di Opa Cup disputate nel weekend. Spero di essere smentito dai fatti, ma ribadisco che secondo me non è stata la scelta giusta. Quindi, sono molto curioso di vedere le performance degli italiani a Davos, per capire se invece questa decisione darà i frutti sperati”.

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paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: Davide Glatz

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