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Pallamano, il Presidente Loria: “Giovani, scuola, regole per far giocare gli italiani: così arriveranno i risultati delle Nazionali”

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Uno sport in cui storicamente l’Italia ha fatto fatica. Una disciplina zavorrata dagli errori del passato, che l’hanno gettata per decenni nel baratro dell’anonimato. Ora, lentamente e con pazienza, la pallamano ha intrapreso un percorso per acquisire dignità e rispetto nel panorama nazionale ed internazionale. Impossibile attendersi miracoli in tempi brevi: se la qualificazione olimpica resta un traguardo attualmente utopistico, il primo passo sarà strappare un pass per una grande rassegna internazionale, che siano gli Europei o i Mondiali. I risultati delle Nazionali rappresentano tuttavia solo le punte dell’iceberg di un movimento che sta giustamente ripartendo dalla base, investendo sui giovani e riportando la pallamano nelle scuole, senza dimenticare l’importanza dell’impiantistica per la diffusione di questo sport. Di questo e di tanto altro ancora abbiamo parlato con il Presidente federale Pasquale Loria.

Presidente, partiamo da una domanda semplice e banale: perché l’Italia, così competitiva in quasi tutte le discipline sportive, non solo non ha mai vinto nulla nella pallamano, ma neppure riesce a qualificarsi per i grandi eventi?
Il problema è stato che questo sport, nei decenni, non ha avuto la crescita necessaria perché sono mancate le politiche giuste, soprattutto a fine anni ’70 e ’80, quando tutti gli sport hanno vissuto un periodo di affermazione. All’epoca non si effettuarono gli investimenti corretti per la pallamano. 
Il nostro era uno sport scolastico, poi è sparito completamente dagli istituti. I Campionati non hanno fatto il salto di qualità verso forme di professionalizzazione. E’ mancata la necessaria organizzazione ed i club non hanno avuto la capacità di stare sul mercato, per cui i Campionati sono rimasti ad un livello dilettantistico“.

Di sicuro l’impiantistica non ha giocato a favore dell’appeal di questo sport.
Non nascondo che c’è anche un problema di impiantistica. Non si è stati capaci di attirare determinate risorse finanziarie. I club non si sono mai costituiti in un’associazione che desse vita ad una Lega, per questo siamo in ritardo rispetto ad altri sport. Trovare dei posti con le misure di gioco adeguate alla pallamano in Italia è stato sempre difficile.
Riguardo a certe attività, come ad esempio quelle della Nazionale, abbiamo deciso che si deve fornire un’immagine nuova, diffondendo un certo standard, quindi stiamo sempre andando in palazzetti di un certo tipo. Il tutto serve per un’attività di sviluppo e di promozione.
Ci prendiamo il rischio di riempire posti da 3500/4000 spettatori, ma gli ultimi risultati ci hanno premiato, basti vedere le partite di Padova, Faenza, Busto Arzisio ed ora andremo al PalaTedeschi di Benevento. Vogliamo presentare le Nazionali in una vetrina come si deve. Questo provoca più appeal anche dal punto di vista televisivo.
Per quanto riguarda invece i club, l’operazione è più complessa. Si sta cercando di sensibilizzarli a fare una Lega, che sarebbe la cosa migliore, ma anche singolarmente si sta consigliando loro di ricercare delle soluzioni di impiantistica più adeguate, ma anche dando regole sul layout, sull’impostazione delle luci e nel complesso per rendere più appetibile televisivamente il prodotto.
Sono tutte operazioni che necessitano di un po’ di tempo per essere sviluppate. La pallamano si è sempre sviluppata in centri medio-piccoli, per cui è normale che ci siano più difficoltà. Negli ultimi anni è arrivata in Serie A Siena, dove c’è un programma importante ed un palazzetto all’altezza. Ma ad esempio il PalaEstra di Siena non è omologabile per le competizioni internazionali, perché le misure sono al millimetro per la pallamano e non sono accettate all’estero. I problemi con cui confrontarsi sono tanti“.

Quali piani ha attivato la Federazione per valorizzare i giocatori italiani?
Noi, come Federazione, abbiamo trovato un Campionato diviso in tre gironi (Nord, Centro e Sud), peraltro con un numero di squadre diverse per ciascun raggruppamento: una cosa mai vista in nessuno sport. In un anno abbiamo riportato il girone unico, imponendo delle regole: almeno 10 giocatori a referto devono essere italiani e convocabili per la Nazionale. Il problema era che si vedevano squadre basate su troppi stranieri, arrivavano tanti buoni giocatori dall’Argentina, ma a volte anche molto mediocri, pur con un costo di gestione molto basso.
Posso dire con orgoglio che tutti i ragazzi della Nazionale U20, che per la prima volta nella storia si è qualificata tra le prime 16 del round Elite degli Europei che ospiteremo con l’Austria, giocano titolari in A1 oppure militano all’estero, soprattutto in Francia. Attualmente ogni squadra può avere 10 giocatori convocabili dalla Nazionale, 2 stranieri tout court, uno straniero con doppio passaporto e non convocabile dall’Italia e infine 3 atleti cresciuti in Italia e in attesa della cittadinanza del nostro Paese. Questi ultimi prima erano tenuti ai margini, ora abbiamo dato loro l’occasione di esprimere il proprio valore“.

Il rinnovamento deve chiaramente partire dai giovanissimi e dalla diffusione nelle scuole. 
Abbiamo fatto una riorganizzazione delle categorie giovanili, adeguandole al profilo internazionale. Ora abbiamo le Nazionali Under13-15-17, non si capiva perché in Italia erano sfasate ed avevamo le Under12-14-16-18. E’ stato un primo passo. Abbiamo cercato di definire dei Campionati all’interno delle aree territoriali con un numero maggiore di partite.
Siamo riusciti a debellare al Centro-Sud le partite miste (con compagini U15 e U17 che militavano insieme nello stesso girone): capitava che alcuni club avessero due o tre squadre e questo falsava il Campionato. Si è data una svolta sull’attività promozionale e sulla base, rimodulando completamente il progetto scuola federale. Abbiamo riportato la pallamano a scuola grazie al Ministero dell’Istruzione ed abbiamo dato il progetto in mano alle società, che sono dunque parte attiva per la diffusione di questo sport. Abbiamo iniziato a partecipare a tutti i progetti multidisciplinari che il Coni ci proponeva.
La pallamano è inserita nella scuola primaria insieme ad altri cinque sport. Abbiamo cercato di allargare la base. Abbiamo cercato di abbattere tutti gli oneri di natura burocratica ed i costi di partecipazione per favorire lo sviluppo del movimento. Non vogliamo caricare le società e le famiglie di oneri troppo gravosi. Le partite devono svolgersi in luoghi facilmente raggiungibili e non disputarsi a metà settimana. Abbiamo infine reso obbligatoria la partecipazione alle finali nazionali per i vincitori delle aree territoriali U15 e U17, prima questo non succedeva“.

Cosa manca all’Italia per riuscire a qualificarsi per un Europeo o un Mondiale?
Servirà un po’ di tempo, i risultati si iniziano a vedere a livello giovanile. Nel 2020 avremo in campo 10 nazionali in contemporanea, compreso il beach handball con i Mondiali che l’Abruzzo ospiterà a luglio. Parteciperemo con tutte le selezioni giovanili maschili e femminili a tutte le competizioni. Rimane un problema fondamentale: quello della qualificazione olimpica ed agli Europei e Mondiali.
Oggi è quasi impossibile arrivare alle Olimpiadi per la mia Federazione, ci sono 12 posti, all’Europa ne vengono assegnati 4 o 5. Se consideriamo che, da uno studio del Coni, l’88% delle medaglie internazionali della pallamano sono state vinte da squadre europee negli ultimi 15 anni, si comprende come il peso dell’Europa sia grandissimo. Bisognerà pianificare dei passaggi intermedi, a cominciare dalla qualificazione agli Europei che sono stati ampliati a 24 squadre. Nell’ultima occasione non ci siamo riusciti, ma ci siamo andati vicini. Abbiamo sbagliato veramente solo la prima partita con la Russia e ciò ci ha penalizzato per la differenza reti: non siamo rientrati tra le migliori terze a causa di questa sconfitta. Non siamo stati nemmeno fortunati nel sorteggio, anche se questo non vuole essere un alibi.
Comunque abbiamo dimostrato che avremmo potuto farcela a qualificarci: Russia e Ungheria sono in una posizione di ranking molto alta e quindi i primi due posti erano fuori portata, ma noi abbiamo dimostrato di potercela giocare sino in fondo. Per la prossima qualificazione penso che saremo in corsa per centrare questa partecipazione alla fase finale. Ora noi dobbiamo pensare a gennaio, quando dovremo superare la prima fase di qualificazioni ai Mondiali e poi andare a giocarcela con le prime 16 del ranking europeo. La Romania sarà l’avversaria da battere, ci ha sconfitto nelle ultime due occasioni, ma anche Georgia e Kosovo non saranno da sottovalutare. Il Kosovo sta facendo lo scouting in tutta Europa, vanno a pescare tutti i kosovari sparsi nel Vecchio Continente e diventano ogni anno più forti“.

Perché anche l’Italia non ricorre ad una naturalizzazione di massa, come accaduto in altri sport di squadra, su tutti l’hockey prato?
Bisogna trovare dei profili adatti. Nella Nazionale maschile ci sono tanti giocatori italiani che giocano in Campionati esteri. Va detto che l’oriundo, da 3-4 anni, è quasi impossibile da prendere a causa delle nuove regole imposte dalla Federazione internazionale. Tre anni fa il Qatar mise in piedi una Nazionale ai Mondiali composta quasi solo da giocatori balcanici. Ci fu una rivolta e quindi si sono ristrette le regole: per l’errore di uno hanno pagato tutti. Oggi non si possono schierare più di due passaportati. Ad esempio a Benevento dovremo decidere chi lasciare in tribuna fra 2 o 3 elementi. Avevamo dei contatti con dei giocatori italo-francesi, ma queste nuove regole hanno vanificato tutto. Non possiamo più spingere su questo aspetto“.

Il ritorno del Campionato a girone unico ha innalzato il livello generale. Ma come stanno le società delle categorie inferiori?
Qualcuna è sparita, ma sarebbe meglio dire che ha cambiato connotazione. Sono ripartite da capo con un altro tipo di codice federale: hanno ripreso comunque un’attività dalla Serie B. Il saldo sul numero delle società è più o meno invariato negli ultimi anni. Sono però in crescita le squadre giovanili. E’ un problema di tutti gli sport quello di creare nuove società, perché esistono tanti aspetti burocratici necessari per fondare una società sportiva.
Negli ultimi anni, a fronte di un saldo più o meno pari a zero, il numero di squadre è cresciuto, anche se non si è trattato di un aumento esagerato. Una crescita si è vista anche nel settore femminile dove soffriamo di più perché partiamo da situazioni ancora più critiche rispetto agli uomini. Nel quadriennio precedente si era sviluppato un progetto di squadra federale, che aveva raggiunto un discreto livello di competitività, ma dietro non c’era niente, anzi il movimento è stato completamente distrutto. Quindi siamo ripartiti completamente da zero al femminile. Per questo si fa fatica in termini di numeri e di qualità tecnica a trovare qualcosa di interessante. Però stiamo investendo molto sulle giovanili, abbiamo organizzato anche alcuni eventi e possiamo contare su due giovani giocatrici che fanno parte dei migliori 30 prospetti in Europa. Però la strada è sicuramente molto più lunga“.

federico.militello@oasport.it

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Foto: FIGH

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