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Salto con gli sci

Salto con gli sci femminile. Maren Lundby mira al “three-peat” di Coppe del Mondo

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La Coppa del Mondo femminile di salto con gli sci, nata nell’inverno 2011-’12, è giunta alla sua IX edizione. Come di consueto, il sipario si alzerà a Lillehammer, località che ha sempre tenuto a battesimo la nuova stagione del massimo circuito rosa.

Curiosamente Lillehammer è proprio il centro da cui proviene la regina indiscussa dell’ultimo biennio. Parliamo, ovviamente, di Maren Lundby. A partire dall’annata 2017-’18, la venticinquenne norvegese è diventata il punto di riferimento assoluto della disciplina, essendo riuscita a coniugare la potenza nello stacco alle sue qualità in fase di galleggiamento. Nel giro di due inverni, la scandinava ha vinto tutto ciò che poteva essere vinto, conquistando due Sfere di cristallo, l’oro olimpico e l’oro mondiale. In questo modo, oltre a tramutarsi in una star in patria, la norge è diventata la prima atleta della storia a realizzare la “Triple Crown”.

Nonostante l’abbuffata di successi, Lundby appare ben lontana dall’appagamento. Anzi, ha recentemente dichiarato di aver lavorato per migliorare ulteriormente. La favorita per la vittoria della Coppa del Mondo generale resta indiscutibilmente lei, d’altronde nelle ultime due stagioni si è sempre imposta con almeno 400 punti di vantaggio sulla seconda, che in entrambi i casi risponde al nome di Katharina Althaus.

Se la norvegese ha vinto tutto quello che c’era da vincere, la ventitreenne tedesca si è comunque sempre piazzata alle sue spalle, concludendo due volte alla posizione d’onore in classifica generale e mettendosi al collo sia l’argento olimpico che quello iridato. La saltatrice di Oberstdorf è stata indubbiamente la principale rivale di Lundby nello scorso biennio, viene quindi spontaneo chiedersi se non possa provare ad attaccare l’egemonia della norvegese. Francamente un ribaltamento nei rapporti di forza appare improbabile, soprattutto in virtù di un gap fisico notevole tra le due ragazze in questione. Althaus è uno scricciolo se paragonata alla scandinava, giunonica per gli standard del salto con gli sci. In una disciplina dove, soprattutto in campo femminile, l’esplosività in fase di stacco è diventata sempre più preponderante, è evidente come la teutonica sconti un inevitabile handicap. Peraltro, durante l’estate, la bavarese non è apparsa al massimo della condizione atletica. Cionondimeno ha dalla sua un grande talento naturale e una notevole costanza di rendimento. Pertanto, se sarà al top della forma, potrà riproporsi sui livelli degli ultimi due anni. La possibilità di diventare la numero uno del mondo è però subordinata a un eventuale calo dell’attuale punto di riferimento assoluto.

In tema di “calo” e di “punto di riferimento assoluto”, non può non essere citata Sara Takanashi. La ventitreenne giapponese in passato ha dominato il massimo circuito ancor più di quanto abbia fatto Lundby. Pur manifestando una singolare idiosincrasia con le medaglie (nella bacheca della nipponica mancano sia l’oro olimpico che quello mondiale), ha messo le mani su ben quattro Sfere di cristallo, rivelandosi quasi intoccabile per un lustro. Eppure, un paio di anni orsono, qualcosa è cambiato. Il fisico della saltatrice di Kamikawa si è leggermente appesantito e, al contempo, il fenotipo della saltatrice ideale è diventato quello di Lundby. Il risultato della somma dei due fattori è stato che l’asiatica ha perso la sua egemonia e, pur rimanendo ad alto livello, si è dovuta accontentare di un ruolo da attrice non protagonista. Considerando che proseguendo su questa strada non vi è modo di riconquistare la leadership perduta, scopriremo presto quale genere di lavoro, sia tecnico che atletico, sia stato impostato con Takanashi negli ultimi mesi, allo scopo di sfidare la sua succeditrice e tentare di riprendersi lo scettro perduto.

D’altronde per l’asiatica può ancora esserci speranza. La dimostrazione in tal senso si chiama Juliane Seyfarth, su cui bisogna obbligatoriamente soffermarsi, in quanto la sua storia agonistica ha dell’incredibile. La tedesca, classe 1990, è stata una big del circuito da teenager. Però, una volta scollinati i vent’anni, sembrava aver già imboccato la parabola discendente, incapace di tenere il passo con l’evoluzione a cui era andata incontro la disciplina. Finita ai margini della squadra teutonica, la saltatrice originaria della Turingia si è trasferita a Oberstdorf e ha saputo ricostruire da zero la sua tecnica, tornando competitiva. Dopodiché, a ridosso dei trent’anni, ha effettuato il proverbiale “salto di qualità”, raggiungendo livelli a lei sconosciuti in passato e proponendosi addirittura come numero tre del mondo durante il 2018-’19. In tutta sincerità, quanto fatto lo scorso anno ha del sensazionale e per Seyfarth sarebbe un successo clamoroso riuscire a ripetersi. L’impressione è che quella passata sia stata per lei la “stagione della vita”, quindi non ci sarebbe da sorprendersi se le sue quotazioni calassero. Peraltro, alle spalle della veterana tedesca, ci sono diverse nuove leve che sgomitano per entrare definitivamente nel gotha della disciplina.

In particolare la Slovenia è dotata di un paio di ragazze che vorrebbero scrollarsi di dosso il ruolo di underdog di lusso, diventando così protagoniste assolute. Parliamo, in primis, di Nika Kriznar, che da un biennio sta progressivamente scalando le gerarchie del salto a livello globale. La diciannovenne di Ziri è rapidamente giunta a ridosso delle big del circuito. Pertanto, è lecito aspettarsi che la prossima evoluzione la possa portare a competere costantemente con le varie Lundby, Althaus e Takanashi. L’obiettivo appare ampiamente alla portata della teenager dell’Alta Carniola, che mira a far breccia in tempi brevi in quell’empireo del salto femminile dove è attesa da tempo anche la connazionale e compagna di sci club Ema Klinec. Classe 1998, questa ragazza è ben conosciuta dagli appassionati, avendo saputo ottenere risultati di grido sin da giovanissima. Purtroppo però, la sua carriera è stata condizionata da gravissimi infortuni alle ginocchia, l’ultimo dei quali patito proprio nel dicembre dello scorso anno. Tuttavia, la ventunenne di Poljane nad Skofjo Loko ha saputo rialzarsi anche stavolta e i risultati dei campionati nazionali lasciano intendere che abbia già ritrovato la miglior condizione. Se così dovesse essere, allora non sarà lontana dai livelli di Kriznar e vi sarebbe una contender in più per il podio con la quale tutte dovranno fare i conti.

Se la Slovenia è trainata dalle giovani, in Austria sono invece le trentenni a fare la voce grossa. A dispetto dei suoi 36 anni e delle ginocchia martoriate dagli infortuni, Daniela Iraschko-Stolz non ha nessuna intenzione di gettare la spugna. Questa autentica istituzione della disciplina, essendo sulla breccia letteralmente da… sempre (!), potrà ancora togliersi soddisfazioni importanti, come peraltro avvenuto nei Mondiali di casa di Seefeld. In seno al team rot-weiß-rot, si guarda inoltre con grande curiosità a Eva Pinkelnig. La trentunenne del Voralberg, che ha iniziato a praticare salto con gli sci all’agonisticamente veneranda età di ventiquattro anni, lo scorso inverno ha saputo ritrovarsi ad altissimo livello dopo un paio di stagioni assolutamente anonime. Secondo alcuni addetti ai lavori, il meglio potrebbe ancora arrivare e le pagine più belle della favola di Eva, che se fosse americana avrebbe attirato l’attenzione degli sceneggiatori di Hollywood per essere raccontata in un film, sarebbero ancora da scrivere.

Tra le possibili sorprese, andrà seguita con molto interesse la crescita delle norvegesi Anna Odine Strøm e Silje Ospeth, nonché la progressione della pletora di giovanissime russe capitanate da Lidiia Iakovleva e Anna Shpyneva. Tra i potenziali ritorni ad alto livello, saranno de tenere d’occhio le tedesche Anna Rupprecht e Svenja Würth. C’è invece scetticismo attorno alla giapponese Yuki Ito, lo scorso anno decaduta a ruolo di comprimaria e i cui risultati autunnali nel circuito interno nipponico hanno lasciato parecchio a desiderare. In tema di possibili late bloomer, bisognerà prestare attenzione alla slovena Ursa Bogataj e all’austriaca Chiara Hölzl.

Tra le protagoniste del recente passato cadute in disgrazia, va sottolineato come non vedremo Carina Vogt, infortunatasi ai legamenti crociati di un ginocchio nel corso dell’estate e quindi out-for-the-season. In compenso farà il suo ritorno Sarah Hendrickson, al rientro dopo un anno sabbatico. Il livello di competitività della venticinquenne dello Utah, vincitrice della Coppa del Mondo 2011-’12 e dell’oro iridato 2013, è tutto da verificare. Per lei vale più o meno lo stesso discorso fatto per Severin Freund e Gregor Schlierenzauer in campo maschile. L’impressione è che la Hendrickson vincente non tornerà mai più. Troppo seria la sequenza di infortuni subiti e al contempo troppo lunghe le pause, volontarie o forzate, affrontate durante la carriera per pensare di ritrovare i livelli d’eccellenza del passato. Ciò non toglie che all’interno del disastrato panorama del salto statunitense, passato letteralmente dalle stelle alle stalle nel giro di poco più di un lustro,  il rientro di Sarah rappresenti quantomeno un bel motivo d’interesse.

Last but not least, veniamo alle vicende di casa Italia. In particolare sarà stuzzicante capire se Lara Malsiner riuscirà a effettuare quello step in avanti a cui era già attesa lo scorso inverno. Ormai da un biennio, la diciannovenne della Val Gardena è in grado di galleggiare costantemente tra l’undicesima e la ventesima posizione, sconfinando saltuariamente nella top ten. L’augurio e l’obiettivo è che le presenze nelle prime dieci piazze si moltiplichino, ma soprattutto che la teenager altoatesina possa occasionalmente lottare per un posto sul podio. In tal senso le doti fisiche naturali non le mancano. Ai tecnici il compito di metterle a frutto e di abbinarle a una tecnica di salto efficace, cercando magari anche di migliorare la fase di atterraggio, dove troppo spesso vengono lasciati sul piatto punti preziosi che possono fare la differenza (Mondiali juniores 2019 docent).

Farà il suo ritorno in azione anche la sorella maggiore Manuela, di tre anni più anziana, assente durante l’ultima annata a causa di un serio infortuno al ginocchio. Per la ventiduenne gardenese, l’obiettivo più importante sarà ritrovare le misure con il massimo circuito, senza l’assillo di dover ottenere risultati di peso. In linea teorica, la primogenita dalla famiglia Malsiner può classificarsi con regolarità tra la quindicesima e la trentesima posizione, cercando di tanto in tanto di avvicinare i quartieri più nobili della classifica. Non le si chiede di tenere questo rendimento da subito, il suo traguardo sarà quello di ritrovare la fiducia perché possa tornare ai suoi abituali standard nel prossimo futuro.

Infine Elena Runggaldier ha accantonato i propositi di ritiro, decidendo di proseguire la sua carriera. La veterana del team, argento iridato nell’ormai lontano 2011, potrà essere presenza fissa in zona punti, tentando di far breccia nella top ten quando le condizioni saranno particolarmente amiche delle sue caratteristiche. D’altronde la ventinovenne della Val Gardena è ancora oggi una delle migliori atlete del circuito quando si tratta di dover cavalcare l’aria frontale.

Al momento non si vedono altre azzurre che possano avere velleità in Coppa del Mondo. La speranza è che, tra le svariate teenager che popolano il settore giovanile, possano maturare nuove leve dotate di un livello di competitività adeguato al massimo circuito, soprattutto considerando come ormai la prova a squadre abbia fatto il suo ingresso in pianta stabile nel calendario della Coppa del Mondo e soprattutto dei Mondiali.

In tal senso, per l’Italia sarà fondamentale anche in ottica a lungo termine (vedi Olimpiadi di Milano-Cortina 2026). D’altronde, come cantavano gli AC/DC, “it’s a long way to the top if you wanna rock’n’roll”. Vale per la musica, ma anche per una disciplina complessa come il salto con gli sci.



paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: LaPresse

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