Sci Alpino
Sci alpino, la discesa di Bormio tra le più tecniche del mondo. La Stelvio ai raggi X
Quando si chiede ad un protagonista del Circo Bianco quali siano le piste nelle quali si vuole gareggiare, c’è chi punta su Wengen, chi su Kitzbuhel, chi sulla Saslong. Tutti, invece, sono unanimi su un aspetto: la più dura, la più sfiancante e quella che richiede di più a livello fisico è senza dubbio la Stelvio di Bormio. La pista appoggiata sui pendii della Valtellina è letteralmente massacrante a livello fisico. Non sarà infinita come Wengen, ma non lascia agli atleti un attimo di respiro, un muro dopo l’altro, un salto dietro l’altro.
LA STORIA
La pista Stelvio nasce agli inizi degli anni ’80, è stata costruita in previsione dei Mondiali di sci alpino che si disputarono nella località lombarda nel 1985 ed è stata inaugurata nel 1982. Nonostante questo antipasto, solamente dal 1993 è entrata in pianta stabile nel circuito della Coppa del Mondo di sci alpino e da quel momento ha ospitato ogni anno almeno una discesa libera. La descrizione migliore di questa pista la dà Gian-Franco Kasper, presidente della Federazione Internazionale Sci dal 1998 e componente, fin dal 2000, del Comitato Olimpico Internazionale: “La Stelvio è il teatro ‘alla Scala’ degli sport invernali”. Un’investitura non da poco, corroborata da caratteristiche e dati.
I NUMERI
Il cancelletto di partenza è situato a 2.255 metri di altitudine appena sotto la cima del Monte Cimino. Il percorso misura 3.230 metri e si snoda fino al traguardo del moderno stadio per lo sci di Bormio, che si trova a 1.268 m s.l.m. Il dislivello complessivo, quindi, è di 987 metri con una pendenza massima del 63% ed una media del 30%.
IL TRACCIATO
Pronti, via, e si va subito in picchiata con il primo muro che precede una doppia curva che immette nei primi salti dell’Ermellino e della Rocca, che anticipano il Canalino Sertorelli, un tratto di scorrimento lungo circa 300 metri. Dopo questo tratto nel quale si accumula velocità, tocca alla Fontana Lunga, un tratto che presenta una serie di curve complicate, che precede il Piano dell’Orso, lungo 400 metri con un dislivello di 100, con altre curve non semplici. Queste curve, molto veloci, immettono nella celeberrima Carcentina, il passaggio più terribile di tutta la discesa. Gli atleti, infatti, devono affrontare questa curva in diagonale in contropendenza (spesso ghiacciata ed irregolare) cercando di risalire il più possibile con la linea, per non venire mandati a valle. Più in alto si rimane, più velocità si può portare nella doppia curva successiva, con l’attraversamento dei Prati del Ciuk, un piccolo muro ed un piano di circa 100 metri e quindi il famoso salto di San Pietro, con una pendenza del 55% che viene superata dagli atleti con un salto di oltre 40 metri con atterraggio sul muro di San Pietro a velocità superiori ai 140 km/h. Questa picchiata conduce quindi gli atleti sfiniti al tratto finale, con una serie di curve veloci ancora in contropendenza come Coston e Feleit e quindi all’omonimo salto, che precede l’arrivo.
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alessandro.passanti@oasport.it
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Foto: FISI – Pentaphoto