Sci di fondo

“Bolshunov magistrale, Johaug in controllo. L’Italia si deve tenere stretto ciò che ha” – ‘L’ululato del Bubo’ con Fulvio Valbusa

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La quattordicesima edizione del Tour de Ski è passata agli archivi. Fra gli uomini la Russia ha archiviato un trionfo assoluto, poiché Alexander Bolshunov ha conquistato il successo davanti a Sergey Ustiugov. Fra le donne, invece, Therese Johaug ha vinto come da copione, dovendo però impegnarsi sino all’ultimo.
Dunque, è giunto il momento di analizzare assieme a Fulvio Valbusa quanto avvenuto negli ultimi intensissimi giorni, sviscerando ogni possibile tema d’interesse nella quinta puntata de l’Ululato del Bubo, la rubrica di approfondimento e analisi legata allo sci di fondo.

Bubo, cosa ci puoi dire su questo Tour de Ski? Partiamo con delle considerazioni di carattere generale.
“È stato un Tour de Ski estremamente avvincente, in entrambi i sessi. Le condizioni meteo hanno sicuramente aiutato, perché c’è sempre stato bel tempo e le piste sono state preparate in maniera ottimale. La neve era velocissima e quindi vi era meno possibilità di fare la differenza prima dell’attacco del Cermis, che è stato ancora di più l’ago della bilancia. Non a caso, soprattutto in campo maschile, ha generato una gara palpitante”.

Benissimo, partiamo proprio dagli uomini. Trionfo della Russia con Alexander Bolshunov primo e Sergey Ustiugov secondo, i quali alla fine hanno costretto, per una volta, Johannes Høsflot Klæbo a inchinarsi. Quali sono i tuoi pensieri in merito?
“Il Tour de Ski maschile è stato bellissimo, palpitante fino alla fine. Klæbo si è rivelato imbattibile nelle sprint e Ustiugov non ha mai gettato la spugna, ma alla fine l’ha spuntata Bolshunov, che ha corso alla grande. Alexander è spesso rimasto nascosto, ha cercato sempre di massimizzare il proprio risultato senza mai strafare, gestendosi alla grande e tirando fuori il coniglio dal cilindro proprio sul Cermis. Non pensavo che potesse salire in quel modo, soprattutto memore di quanto avvenuto lo scorso anno. Invece ha dimostrato di essere maturato, facendo vedere di non avere solo tanta forza, ma anche una gran testa. Bravissimo, perché sta crescendo a vista d’occhio. Si è meritatamente conquistato Tour de Ski e pettorale giallo. Anzi, sai cosa ti dico? Che in ottica Coppa del Mondo assoluta, Klæbo dovrà stare attento. D’accordo, ci sono ancora tante sprint e il favorito resta il norvegese, però Bolshunov potrà dargli fastidio. Quantomeno la corsa alla Sfera di cristallo diventa pepata”.

Vorrei un tuo commento su quanto visto nell’ultima tappa. Mi riferisco alla tattica della Russia, che ha interpretato l’atto conclusivo come se fosse una competizione ciclistica.
“Tappa splendida! Non ho mai visto una prova della Coppa del Mondo di sci di fondo giostrata come quella di domenica. Osservare la Russia fare gioco di squadra ha del clamoroso, perché storicamente è un movimento di individualisti. Invece hanno mosso le loro pedine nel modo migliore, coalizzandosi per fiaccare Klæbo. Hanno usato Retivykh come gregario per tenere alto il ritmo sino all’attacco del Cermis, dopodiché hanno fatto lavorare Spitsov sino a quando il norvegese non è stato definitivamente fuori gioco. Solo allora è stato lasciato campo libero alla sfida interna tra Bolshunov e Ustiugov, che ormai erano certi di giocarsi il successo finale tra loro. Hanno davvero corso come se fosse una gara di ciclismo. Tattica magistrale, hanno inventato un nuovo modo di vincere il Tour de Ski. Chiaramente, lo può fare chi ha tante risorse da mettere in campo. Riguardo la Russia, consentimi una piccola nota polemica. Non so se Elena Välbe, dichiarando che il Tour de Ski aveva un regolamento fatto su misura per Klæbo, abbia voluto fare pretattica, oppure mettere le mani avanti. Fatto sta che le sue considerazioni si sono rivelate fuori luogo, perché alla fine è venuto fuori l’atleta più completo, capace di amministrarsi al meglio in tutte le sette tappe”.

Apriamo il capitolo Italia. Cosa ci dici al riguardo?
“Francesco, consentimi di essere sincero. Il bilancio non è positivo. Pellegrino ha fatto bene a Lenzerheide e, purtroppo, una leggerezza in Val di Fiemme lo ha eliminato già in batteria. Però lui non si discute ed è ancora pienamente in corsa per vincere la Coppa sprint, dove è staccato di 67 punti da Klæbo. Vedremo se il norvegese andrà a Dresda, perché nel caso di un’assenza dello scandinavo, l’occasione di conquistare il pettorale rosso si fa ghiotta. Per il resto, cosa abbiamo combinato? Chicco è la nostra unica risorsa di altissimo livello. Nelle distance siamo ai minimi storici e, a questo punto, dobbiamo capire come si possa lavorare in ottica futura. Ne ho parlato anche con Marco Selle e gli ho suggerito di provare a lanciare in Coppa del Mondo le nuove leve. I francesi hanno buttato nella mischia questo Lapalus. È un ragazzo del 1998, che sul Cermis ha realizzato il decimo tempo  e, in precedenza, è entrato tra i primi venti anche a Dobbiaco. Allora, dico io, facciamolo anche noi! Cosa abbiamo da perdere? Innanzitutto, dando spazio ai giovani non si toglierebbe il posto a nessun fenomeno. Inoltre, non credo ci sia il rischio di ‘bruciare’ chicchessia. Basta non generare pressioni, dicendo ai ragazzi ‘Da voi non pretendo niente, dovete solo fare esperienza’. Vedendo com’è il giro della Coppa del Mondo, magari questi giovani si gasano e trovano il piglio giusto. Se poi dovesse andar male, pazienza. Non cambierebbe nulla rispetto alla situazione attuale”.

Passiamo al settore femminile. Ha vinto chi doveva vincere, anche se in maniera meno netta del previsto. Quantomeno non ha ammazzato il Tour de Ski già a metà percorso.
“Sì, anche perché come abbiamo già detto in apertura la neve si è rivelata velocissima, impedendo così di fare la differenza. Aggiungiamoci che Therese Johaug ha avuto seri problemi di materiali nella terz’ultima tappa. Ecco spiegato come mai lo scricciolo atomico ha vinto, ma non stravinto. Comunque alla fine ha inflitto 1’11” alla seconda e ti dirò di più, sul Cermis non credo abbia scatenato tutti i suoi cavalli, perché a un certo punto aveva ormai capito di aver vinto. Va detto che alle sue spalle troviamo due atlete che non mi sarei aspettato di vedere. Il secondo posto di Nepryaeva non è una sorpresa in senso assoluto, ma mi ha spiazzato il modo in cui è arrivato. Non pensavo che potesse tenere così bene sul Cermis e, invece, ha fatto una grandissima gara. Inoltre, se devo essere sincero, non mi aspettavo una Østberg subito così competitiva al rientro. Invece è stata bravissima, dimostrando che la classe non è acqua. Vorrei fare un personale applauso ad Astrid Jacobsen, che ha disputato un Tour de Ski splendido. Purtroppo, la salita finale la penalizza troppo e non ha avuto modo di lottare per il podio. Invece la delusione è Jessica Diggins, perché comunque Heidi Weng si è giocata le sue carte sino in fondo, chiudendo quarta, mentre l’americana è stata un fattore solo nelle sprint. D’altronde è stata estremamente sfortunata, perché un paio di volte gli skimen statunitensi hanno completamente bucato i materiali, azzoppandola in due tappe”.

Cosa ci puoi dire della squadra italiana? Direi che, considerate le aspettative della vigilia, il bilancio delle azzurre è migliore di quello della controparte maschile. Sei d’accordo?
“Ci sono due belle note positive. Lucia Scardoni e Anna Comarella. Pariamo dalla prima. Lucia mi è piaciuta tantissimo in Val di Fiemme. D’accordo, mancavano quattro delle sei sprinter più forti del mondo, ma l’aspetto più incoraggiante è che lei sia riuscita a fare praticamente lo stesso tempo in ogni turno, dalle qualificazioni sino alla finale. Inoltre mi è piaciuto l’atteggiamento in semifinale, dove ha corso in maniera cattiva, prendendosi anche un’ammonizione per un contatto. Proprio questo provvedimento l’ha condizionata in finale, dove ha preferito non prendersi alcun rischio per evitare di venire squalificata e perdere quindi il miglior risultato della carriera. Il quinto posto è un piazzamento soddisfacente che, per quanto visto quel giorno, le sta anche stretto. Comunque brava e, nel suo caso, credo si debbano fare delle riflessioni. Spesso la vedo in difficoltà nelle gare distance, mentre nelle sprint è decisamente più competitiva. Forse, considerando che ha quasi 29 anni, sarebbe il caso di concentrare le proprie energie proprio sulle sprint, in maniera tale da poter raccogliere il massimo dalle proprie potenzialità.  Riguardo Comarella, devo dire che esce molto bene da questo Tour de Ski, concluso in crescendo. Quindicesimo tempo sul Cermis e diciottesimo posto assoluto sono tanta roba per una ragazza così giovane. Questo può essere un bel punto di partenza per darle la consapevolezza necessaria per migliorare ulteriormente. Sinceramente, non credo che Anna sia così inferiore a quella Hennig che ha brillato di luce propria. Quindi penso ci sia ulteriore margine di crescita in ottica futura. Purtroppo c’è poco da dire sul resto del team. Le altre ragazze fanno tantissima fatica e c’è parecchio da lavorare. Quindi teniamoci stretti quanto di buono fatto da Lucia e Anna, sperando che possa essere ripetuto quante più volte possibile nelle prossime settimane”.

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Foto: Davide Glatz

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