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Dakar 2020: dal Sud America all’Arabia Saudita. Ha ancora senso chiamarla così? Quando la storia china la testa al business

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Chilometri e chilometri di avventure, cuore all’impazzata e cervello sempre attivo. La magia della Dakar è la sintesi. Da un’idea del pilota francese Thierry Sabine, che dopo aver rischiato di perdersi nel deserto durante la Abidjan-Nizza (un altro raid) nel 1976 decise di creare una corsa che percorresse la direzione inversa della Abidjan-Nizza, tutto ha avuto. Nel 1979 la prima edizione, la celeberrima Parigi-Dakar, capace di coinvolgere tutti i Paesi dell’Africa nord-occidentale e parecchi paesi dell’Africa centrale e meridionale nel corso dell’edizione del 1992, quando la corsa arrivò addirittura a Città del Capo, in Sudafrica.

Una storia affascinante e pericolosa, ricordando i tanti piloti che nel corso degli anni hanno perso la vita, come ad esempio il campione toscano Fabrizio Meoni, capace di imporsi in moto nel 2001 e 2002, deceduto tre anni dopo l’ultimo sigillo. Un percorso rivoluzionato dopo il 2008, quando la paura di attentati nel territorio africano rappresentava qualcosa di altamente concreto. Via dunque all’avventura sudamericana dal 2009, con Bolivia, Paraguay, Argentina e Perù coinvolti. Tuttavia, Dakar significa mito e anche tanto denaro. La grave crisi economica si è abbattuta in maniera inesorabile e dunque che il 2019 potesse essere l’ultimo atto negli scenari peruviani lo si era capito.

E dunque la casa della “Maratona del deserto” è diventata l’Arabia Saudita. Una nuova pagina sarà scritta, esplorando il continente asiatico. Al di là degli aspetti romantici, appare chiaro che l’attrazione economica è forte. “80 milioni di motivi” per giustificare un trasloco di questo genere per i prossimi cinque anni. Ecco che il fascino di questa gara ha deviato dal percorso dell’intrepido Sabine. Dal 5 al 17 gennaio sarà un capitolo a parte. Assisteremo a 12 tappe, con circa 9.000 chilometri di dune e sabbia e l’attraversamento del deserto di Rub’ al-Khali. Corsa impegnativa e un Fernando Alonso vedette tra le auto. Tuttavia, la vera Dakar era altro…

 

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giandomenico.tiseo@oasport.it

Twitter: @Giandomatrix

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Foto: muph / Shutterstock.com

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