Biathlon

“In Italia bisogna migliorare la gestione degli atleti!” Bersaglio Mobile con René Laurent Vuillermoz

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La pausa natalizia della Coppa del Mondo di biathlon sta per concludersi. Dunque, ferie finite anche per “Bersaglio Mobile”, la consueta rubrica di approfondimento tenuta in collaborazione con l’ex biathleta azzurro René Laurent Vuillermoz.

Questa puntata è caratterizzata da un mix di attualità e storia recente. Si parla infatti di Coppa Italia e della gestione degli atleti, soprattutto contestualmente alle selezioni. Inoltre si volge lo sguardo verso il passato, ovvero al decennio 2010-2019, scegliendo la squadra di biathlon ideale dei dieci anni appena conclusi.

René, cominciamo dall’attualità. Eri presente a Forni Avoltri, dove la sprint di Coppa Italia è stata valida come selezione per le competizioni internazionali programmate nelle prossime settimane. In particolare, nel settore femminile, erano da decidere persino le convocazioni per Oberhof. Quali sono state le tue impressioni su quanto avvenuto?
“Gara interessante per quanto riguarda le donne. C’era tanta tensione, perché le tre ragazze con più ambizioni erano reduci da qualche malanno, o addirittura ne erano ancora affette, vedi Alexia Runggaldier. Ha vinto Federica Sanfilippo, in maniera piuttosto netta, dimostrando che se lavora bene al tiro sa prendere i bersagli. Al contrario, Nicole Gontier ha sempre il solito problema, ovvero la poca fiducia in sé stessa, soprattutto al poligono. Sono curioso di vedere a Oberhof Michela Carrara, mi è sembrata pimpante sugli sci, considerati i suoi mezzi attuali. Dietro, invece, si vede poco. Il fatto che Irene Lardschneider, per quanto acciaccata, sia arrivata appena davanti a Beatrice Trabucchi e Samuela Comola, dimostra come tra i rincalzi il livello non sia altissimo. Ci sta, considerando che non abbiamo 50 atlete con l’ambizione di andare in Coppa del Mondo. Proprio per questo, considerando quanto accaduto, io non riesco a mordermi la lingua”.

Non sarò certo io a frenarti. Prego, esponi i tuoi pensieri.
“Proprio perché non abbiamo 50 atleti da Coppa del Mondo, bisognerebbe amministrare in maniera ottimale quelli che ci sono. Sinceramente, ultimamente ho visto dinamiche che non condivido. Innanzitutto non ritengo produttivo che ragazze non al 100% si debbano giocare il posto. Federica veniva da una gastroenterite, Nicole da un’influenza e Alexia aveva un’otite in atto. Secondo me, sotto questo punto di vista, la gestione degli atleti con malanni è carente rispetto ad altri Paesi. Questo, sicuramente, è un punto su cui migliorare. Inoltre, mi dispiace essere ripetitivo, ma la politica legata alla distribuzione dei pettorali in Coppa del Mondo e Ibu Cup mi lascia perplesso”.

Ti riferisci al fatto che i contingenti non vengano sfruttati appieno?
“Esattamente, secondo me questo è un grosso problema. Sia chiaro, parlo per me, però io non riesco ad accettare che si schierino solamente 3 uomini in tappe vicino al confine, come avvenuto a Le Grand Bornand. I costi non erano un problema e secondo me si è persa un’occasione. Se non si riempiono i contingenti, non si permette agli atleti di fare esperienza. Siano essi giovani o meno giovani. Senza esperienza come si può crescere e migliorare? Vale per tutti, sia per chi è alle prime armi, sia per chi è più navigato. Non mi sembra produttivo mortificare chi ha più di ventisei anni solo perché ha più di ventisei anni. Non ha senso che Thierry Chenal venga considerato “giovane” fino al suo ventiseiesimo compleanno e poi venga improvvisamente accantonato, perché ritenuto “vecchio”, non appena ventisettenne, soprattutto considerando che veniva dalla sua più bella stagione in Coppa del Mondo! Al tempo stesso, non credo aiuti rallentare la crescita di chi ha dimostrato di avere una marcia in più. In questo momento sarebbe più proficuo mettere da parte l’età e ragionare in maniera flessibile, perché dietro ai tre big, c’è un gran livellamento. I ragazzi del 2000 hanno dimostrato di essere estremamente promettenti. Spero che loro possano essere gestiti in maniera intelligente, provando a lanciarli tra i senior in anticipo se necessario. Inoltre, mi dispiace molto che Rudy Zini non sia stato tutelato in alcun modo in vista della prossima tappa di Ibu Cup, nonostante sia reduce da un podio in quel contesto. Riempire i contingenti significa potersi muovere con un respiro più ampio, creando più occasioni per chiunque, dai trentenni ai teenager”. 

Renè, questo è un tema di riflessione estremamente interessante. Sull’attualità direi di non aggiungere altro, perché hai lanciato uno spunto notevole.
“Aspetta, non ho finito! Vorrei aggiungere un’ultima considerazione

Ok, spara!
“A Forni Avoltri sono state effettuate le selezioni femminili per la Coppa del Mondo. Proprio per questa ragione, la mia opinione è che sarebbe stato più giusto svolgere dei trials anche per l’Ibu Cup tenendo in considerazione tutti gli atleti. Lo dico soprattutto considerando che, tra tutti gli uomini della squadra B, i migliori negli ultimi tempi sono stati Thierry Chenal e Saverio Zini. Questo gruppo lavora da diversi anni con lo stesso metodo. Selezioni aperte avrebbero potuto aiutare a fare un’analisi oggettiva della situazione, soprattutto guardando alla competitività sugli sci, che purtroppo non migliora. Ora ho definitivamente concluso per questa settimana”.

Aspetta! Abbiamo concluso sull’attualità, c’è un altro tema da affrontare.
“Va bene, sono tutto orecchi”.

Vorrei spostarmi sulla storia recente e proporti un gioco. Come ben sai, si sono conclusi gli anni ’10 del XXI secolo. Se ti chiedessi qual è la tua squadra ideale?
“Cosa intendi per squadra ideale?”

Riempiamo il contingente! Sei uomini e sei donne. Scegli i migliori del periodo 2010-2019 e spiegaci perché li hai selezionati.
“È dura! Sei atleti per sesso non sono tanti per un decennio!”.

Puoi ragionarci con calma. D’altronde i lettori avranno la fortuna di leggere le tue “convocazioni” tutte d’un fiato. (Nota bene, René ha impiegato due giorni per fare le sue scelte).
Partiamo dalle donne. Chi è il tuo “Team of the Decade”?
Onestamente, non è stato facile. Comunque, eccolo qua. In primis Magdalena Neuner, perché ha fatto la storia del biathlon moderno. È stata una dominatrice e, pur commettendo errori clamorosi come la famosa mass start dove al poligono fece 0-0-0-5, ha dimostrato di essere una biathleta completa. Fondista eccezionale, che però ha saputo vincere gare anche al tiro. Poi convoco Darya Domracheva, che di Neuner è stata un po’ l’alter ego. Ci ha battagliato alla pari, ha dominato le Olimpiadi di Sochi, si è a sua volta resa protagonista di svarioni incredibili, come quella partenza in linea in cui sparò in piedi anziché a terra, e si rivelata sia una gran tiratrice che una gran fondista. Dopodiché seleziono Kaisa Mäkäräinen, perché è stata capace di vincere su un arco di tempo molto ampio e sugli sci ha fatto grandissime cose. Quindi mi prendo Dorothea Wierer, perché ormai inanella risultati pesanti dal 2014 e ha chiuso il decennio in bellezza vincendo una Coppa del Mondo. Non dimentichiamoci che ha al collo medaglie olimpiche ed è la campionessa del mondo in carica della mass start. La quinta è Laura Dahlmeier, che come gestione della carriera mi ha ricordato molto Neuner e che anche da semi-pensionata ha fatto vedere che la classe non è acqua. Infine scelgo Gabriela Koukalova, sia per la sua folgorante ascesa che per la sua folgorante fuga dal palinsesto del biathlon mondiale. Comunque, nel periodo in cui ha gareggiato al top, ha vinto quasi tutto”.

 Invece sugli uomini, come è formata la tua all-stars del decennio?
“È stata veramente dura, perché ho dovuto escludere gente che è stata uno spettacolo. In ogni caso, i miei primi prescelti sono sicuramente Martin Fourcade e Johannes Bø. Non credo di dover spiegare perché! Loro sono due fondisti tiratori, hanno saputo dominare incontrastati eccellendo in ogni aspetto del biathlon. Quindi, impossibile non metterli in squadra. Poi mi prendo Emil Hegle Svendsen, perché resta un mostro. Mi è sempre piaciuto come atleta e il suo posto se lo merita ampiamente. Il quarto è Ole Einar Bjørndalen, che in questo decennio era già in parabola discendente e non ha chiuso la sua carriera nel migliore dei modi, ma comunque è stato molto presente, come dimostrato dagli ori olimpici di Sochi 2014 e dalle tante medaglie dei Mondiali 2016. Aggiungo Arnd Peiffer, per tutto quello che ha ottenuto in questi dieci anni. Non dimentichiamoci che è al vertice dal 2009, ha vinto ori iridati sia nel 2011 che nel 2019 e nel mezzo si è preso il lusso di conquistare anche un titolo olimpico. Insomma, il suo posto tra i grandi del decennio lo merita ampiamente. Infine, ho avuto un grosso dubbio sulla scelta del sesto. Ho optato per Anton Shipulin, perché ha fatto tantissimi podi ed è stato in grado di rompere sovente le scatole a Martin Fourcade. Alla fine ne è sempre uscito battuto, ma ha saputo sfidarlo alla grande. Mi dispiace tantissimo non convocare Tarjei Bø, ma se i posti sono sei, lui secondo me è il settimo e quindi deve restare fuori”.

Se è stata dura fare queste convocazioni, adesso coach Vuillermoz è chiamato a un compito ancora più improbo. Bisogna mettere giù le staffette! Come le facciamo e perché?
[René impreca] “Vabè, cominciamo dalle donne. Al lancio metterei Wierer, perché è forte sugli sci ed è in grado di farti due serie velocissime, dando così subito una mazzata alle avversarie. In seconda frazione Neuner, per confermare e ampliare il vantaggio sulle altre. Inoltre questa sarebbe una frazione più semplice da gestire sul piano nervoso, permettendole di esprimere al massimo tutto il suo potenziale. In terza mettiamo Domracheva, perché spesso e volentieri questa è la frazione dove si fa la differenza. A chiudere Dahlmeier, perché se si trova in testa saprebbe gestire alla grande il vantaggio. Altrimenti, se le cose prima dovessero essere andate in qualche modo storte, potrebbe comunque risolverla lei”.

Settore maschile, invece?
“Al lancio Bjørndalen, perché vale lo stesso discorso fatto per Dorothea. Nel momento in cui era in forma riusciva a sparare veloce e andare forte sugli sci, anche da ultra quarantenne. In seconda frazione Fourcade, per la sua spavalderia e la capacità di accelerazione sugli sci. In terza Johannes Bø perché in quarta, io, metto sempre Svendsen. Era uno che con le spalle al muro al poligono in piedi sapeva fare la differenza, inoltre era uno sprinter fortissimo e in volata era praticamente impossibile da battere. Questa sarebbe stata una staffetta mostruosa! Sottolineo che è composta da tre norvegesi, che tra l’altro hanno fatto in tempo a correre assieme. Questo dimostra quanto la Norvegia sia stata sempre fortissima nel biathlon”.

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paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: La Presse

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