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Norma Gimondi: “Mio padre mi ha insegnato a rialzarmi sempre. #Metoo inquietante, ciclisti non tutelati sulla strada”

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Norma Gimondi ha sicuramente ereditato da suo padre tutta la determinazione e la caparbietà che hanno contraddistinto la vita e la carriera di quel campione che ha fatto sognare i tifosi di tutto il mondo, che ha segnato la bella, anzi, bellissima storia del ciclismo italiano e internazionale. Felice Gimondi, un uomo, un marito, un padre, un ciclista, uno sportivo dall’anima pura, che ha segnato un’era e che rimarrà per sempre nel cuore di coloro che hanno vissuto le sue imprese e non solo. Adesso ci penserà Norma a portare avanti, a suo modo, l’eredità del padre; battagliando giorno dopo giorno per cercare di cambiare e migliorare il ciclismo italiano, per restituirgli quell’identità e quel valore che si sono persi nel tempo.

Qual è la situazione del ciclismo italiano? Quali cambiamenti andrebbero fatti, a parer suo? 
 
“La situazione del nostro ciclismo è sotto gli occhi di tutti: l’Italia non esiste a livello di vertice, le squadre italiane non sono in grado di contrastare il predominio straniero. Le cause? È difficile identificarne una sola. La crisi economica, per esempio, non può essere la sola motivazione valida. Anche altri Paesi hanno affrontato gli stessi problemi e sono ben rappresentati nel circuito mondiale d’elite. Penso sia prima di tutto un problema strutturale. Gli altri hanno cominciato prima il cammino multidisciplinare, noi siamo in ritardo. Per questo andrebbero operati cambiamenti radicali nel reclutamento e nella crescita degli atleti, soprattutto nelle categorie giovanili, negli juniores e under23. A mio parere la Federazione, che siede anche con un rappresentante nel consiglio Uci, è stata troppo a guardare. Non ho visto proposte o interventi decisi per invertire la rotta. Quel che c’era di buono, penso alle scuole di ciclismo fuoristrada che anche mio padre considerava importanti, sono state un po’ lasciate a se stesse”. 
 
La sicurezza stradale in Italia. È un problema a cui non si riesce a trovare un cambiamento positivo nonostante l’approdo in Parlamento. Il nostro Paese è ancora indietro a livello mentale sulla questione della distanza di sicurezza dai ciclisti? 
 
“La rete stradale italiana non è stata concepita per la mobilità ciclistica, proprio come accade in altri Paesi che hanno un numero di incidenti elevato di utenti su due ruote; come per esempio gli Stati Uniti. E c’è poca sensibilità nei confronti dei ciclisti perché ancora poche persone utilizzano la bicicletta per gli spostamenti brevi, al contrario di ciò che accade nei Paesi nordici. Quindi il ciclista è visto come un intralcio, non come una ricchezza. A mio parere è necessario educare i più piccoli a usare la bicicletta, a utilizzare le poche piste ciclabili e comunicare loro il rispetto per chi usa questo mezzo di locomozione. Il discorso della pratica agonistica e dell’allenamento, invece, è ben altra cosa. Un atleta non si allena sulle piste ciclabili, in questo senso è un fatto di cultura e di rispetto”. 
 
Un suo parere sulla questione del #Metoo .
 
“È un fenomeno inquietante, triste. Per quando riguarda la situazione italiana, ci sono state alcune dichiarazioni che comunque hanno acceso i riflettori su questo problema che mina il rapporto atleta/tecnico alla radice. Da donna e da avvocato, mi auguro che, se in futuro venissero accertate le responsabilità, i colpevoli possano essere espulsi dal movimento. Sono solo esempi negativi, pessimi, sopravvivenze di pratiche inqualificabili”. 
 
Qual è stato l’insegnamento più grande che le ha lasciato suo padre?  
 
“Che nella vita non bisogna mai mollare, che ogni giorno c’è un nuovo traguardo da raggiungere e dopo una vittoria o una sconfitta devi, comunque, risalire in bici e riprendere a pedalare, sempre con coraggio”.  
 
E invece, secondo lei, qual è stato l’insegnamento più importante che ha lasciato al mondo del ciclismo?  
 
“Papà è stato un professionista in tutto e per tutto: serietà, dedizione e caparbietà sono stati gli ingredienti essenziali di mio padre. Spero che alle giovani leve ciclistiche possa arrivare questo insegnamento: con serietà, impegno e caparbietà si possono ottenere vittorie e risultati importanti”.  
 
Quali saranno i suoi futuri impegni nel mondo delle due ruote?  
 
“Voglio continuare ad occuparmi di ciclismo in veste di avvocato e di procuratore sportivo: Francesco Totti vorrebbe scoprire il nuovo Totti, io vorrei scoprire il nuovo Gimondi!”. 
 
Qual è il suo sogno nel cassetto per un ciclismo migliore? 
 
“L’Italia di nuovo ai vertici mondiali, il ciclismo di nuovo popolare e nel cuore della gente come ai tempi di mio padre. Più che il risultato conta l’amore della gente nei confronti di questo sport meraviglioso. Un amore che è un po’ venuto meno. Ma le cose cambieranno, ne sono certa”. 

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@lisa_guadagnini

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Foto: Twitter Norma Gimondi

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