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Nuoto, l’ultima sfida olimpica di Federica Pellegrini e una maledizione da sfatare

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Si può parlare di maledizione olimpica per chi l’Olimpiade l’ha già vinta? Può sembrare esagerato ma per chi del podio olimpico ha fatto una ragione di vita, quasi un’ossessione, almeno fino a Rio 2016, ovviamente agonistica, non lo è. La maledizione per Federica Pellegrini, la più grande campionessa che il nuoto italiano (ma forse anche lo sport italiano) abbia mai espresso, dura da 11 anni e mezzo, da quando in una mattinata di agosto a Pechino la campionessa veneta affogò nella piscina cinese tutti i fantasmi che la attanagliavano soprattutto dal giorno prima (quando fallì clamorosamente il successo, ma anche il podio nei 400 stile libero) e si impose nei 200 iscrivendo il suo nome nel pannello degli immortali che hanno la medaglia d’oro a cinque cerchi al collo.

Una parentesi d’oro in mezzo a tante, troppe delusioni olimpiche, per fortuna intervallate a gioie indicibili ai Mondiali. Due ori iridati a Roma, due ori iridati a Shanghai e due quinti posti amarissimi a Londra, gli argenti mondiali di Barcellona e Kazan e il quarto posto “sanguinolento” di Rio che, in qualche modo, ha consegnato all’Italia che pulsa per il nuoto Federica Pellegrini capace di due imprese indicibili e inimmaginabili a Budapest e Gwangju con il quinto e sesto oro mondiale di una carriera infinita e straordinaria.

Non si sa se Tokyo sia l’ultima sfida della Divina, di sicuro sarà l’ultima sfida olimpica, perché pensare ad altri quattro anni di agonismo per la campionessa veneta è davvero troppo. E’ una sfida diversa dalle altre: Londra doveva essere l’appuntamento con la consacrazione definitiva dopo quattro anni straordinari, Rio l’atto finale designato dopo quattro anni da attrice non protagonista: in Giappone Federica Pellegrini arriva da campionessa del mondo in carica da tre anni nei 200 stile libero ma, tutto sommato, con una pressione relativa sulle spalle. E’ ovvio che da lei ci si aspetta sempre il meglio, il massimo: ha abituato troppo bene tifosi o semplici appassionati che in tv accettano l’azzurro delle piscine e gli schizzi dell’acqua solo quando a gareggiare c’è lei, Federica Pellegrini.

Stavolta, però, è diverso: la Divina non ha più nulla da dimostrare a nessuno. Ha strabiliato tutti nelle ultime due edizioni dei Mondiali, ha battuto Katie Ledecky, che non perdeva neppure a briscola da almeno 13 anni, ha respinto l’assalto dell’australiana rampante Ariarne Titmus, ha sfruttato al meglio il cosiddetto anno sabbatico in cui ha affinato le sue qualità di velocità che le permettono di non perdere troppo terreno da chi decide di provare a sorprenderla con un passaggio troppo rapido.

Stavolta Federica Pellegrini può scendere in acqua a Tokyo, dare tutto quello che ha in corpo dopo lunghi mesi di preparazione, uscire e, comunque vadano le cose, avere la coscienza a posto. Non le si potrà chiedere di sorridere anche in caso di quarto o quinto posto ma, dovesse capitare, farà sicuramente meno male che a Rio o, a maggior ragione, che a Londra, dove la ferita fu lacerante. Stavolta si tratta solo di mettere la ciliegina su una torta già buonissima, che si può mangiare, appunto, anche senza la ciliegina e quindi Federica Pellegrini in Giappone avrà il vantaggio di poter manovrare da sola la manopola della pressione: la sua gente è pronta ad applaudirla comunque, sia che si tratti o che non si tratti dell’ultima recita in piscina. Ma questa è un’altra storia di cui si parlerà dal 30 luglio 2020 in poi.

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Foto: Gian Mattia D’Alberto/LaPresse

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