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Rugby, Sei Nazioni 2020: il torneo dell’addio per Sergio Parisse. Il nuovo ciclo azzurro è già iniziato

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Quello che partirà sabato da Cardiff è il primo Guinness Sei Nazioni con Franco Smith sulla panchina dell’Italia. E uno dei quesiti che ci accompagnerà per i prossimi mesi è se questo sarà il primo, o l’unico torneo con il ct sudafricano alla guida degli azzurri. Ufficialmente, infatti, Smith è stato nominato head coach dell’Italia a tutti gli effetti, ma ufficiosamente è evidente che il suo è un ruolo pro tempore e che la Fir dovrà decidere, nel prossimo futuro, se continuare con quello che era stato messo sotto contratto come assistant coach o se puntare su un altro nome. Anche se in giro, oggi, ce ne sono pochi interessanti, ma anche interessati.

Quello che partirà sabato da Cardiff, però, è anche il primo Guinness Sei Nazioni dal 2008 dove Sergio Parisse non è nella lista dei convocati e non è il capitano, e non per infortunio. L’iconico leader azzurro farà parte della spedizione di questo torneo, ma farà solo una, o due, apparizioni nei match interni, per dare l’addio alla maglia azzurra davanti al pubblico dell’Olimpico. Un addio che, di fatto, chiude un’era e apre un nuovo ciclo del rugby azzurro. Che sia con Franco Smith o con chi lo seguirà. Ma, di fatto, si parte oggi.

Non ci sarà Sergio Parisse, non ci sarà Leonardo Ghiraldini e nella lista dei convocati resiste solo Alessandro Zanni come nome storico del rugby italiano. Con l’addio di Ghira e Sergio si chiude, di fatto, l’epoca dei Martin Castrogiovanni, dei Gonzalo Canale, degli Andrea Masi, dei Marco Bortolami e degli Andrea Lo Cicero. Una generazione di giocatori arrivati con l’ingresso dell’Italia nel Sei Nazioni, Lo Cicero, o subito nei primi anni della nuova avventura europea. Una generazione che ha fatto la storia, di fatto, degli ultimi 15 anni del rugby italiano. Una storia che si chiude.

Inizia, dunque, un nuovo ciclo per il rugby azzurro e inizia ricco di incognite. La scelta di Luca Bigi come capitano (con Franco Smith che ha citato almeno 7 leader in squadra) mostra come non vi sia più un giocatore carismatico come è stato per oltre 10 anni Parisse e l’Italia dovrà, di fatto, imparare a camminare sulle proprie gambe, senza più Sergio a farle da scudo. Nel bene, ma anche nel male, perché forse quest’Italia non ha saputo diventare adulta perché troppo schiacciata dal peso carismatico del suo fortissimo capitano.

La nuova Italia, poi, deve trovare i talenti puri da cui ripartire. Sicuramente da Matteo Minozzi, estremo elettrizzante che ha uno stile di gioco che raramente si è visto dalle nostre parti. Sicuramente Jake Polledri, flanker dal talento cristallino che può prendere proprio il ruolo di leader lasciato da Parisse in terza linea. Poi c’è Luca Morisi, i cui infortuni hanno impedito di diventare quella colonna portante che il suo talento e la sua intelligenza rugbistica gli avrebbero garantito. Dietro a loro ci sono giovani di buone speranze, che però devono dimostrare di saper già stare su questi palcoscenici e giocatori che, per un motivo o per l’altro, a oggi ancora non hanno saputo dare ciò che promettevano. Infortuni per alcuni, uno stile di gioco (quello di O’Shea) poco adatto alle loro corde per altri, o forse anche un talento apparente che non si è confermato in campo per qualcuno. Di fatto, il nuovo ciclo dell’Italia parte da questo Sei Nazioni che gli azzurri giocheranno quasi interamente senza Sergio Parisse. Sarà un ciclo vincente?

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Foto: Ettore Griffoni – LPS

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