Sci di fondo

“Bisogna dare fiducia ai giovani fondisti italiani, così crederanno nelle loro possibilità!” ‘L’Ululato del Bubo’ con Fulvio Valbusa

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La Coppa del Mondo di sci di fondo si avvia alla sua conclusione. Il weekend di Lahti è stato, per la verità, piuttosto interlocutorio, almeno nell’ottica della corsa alle Sfere di cristallo. D’altronde Therese Johaug ha inanellato l’ennesimo successo della sua stagione (il ventesimo), mentre Alexander Bolshunov ha incrementato il proprio margine di vantaggio in classifica generale. Tuttavia, non mancano i temi d’interesse nella XIII puntata de “L’ululato del Bubo”, la rubrica di approfondimento e analisi tenuta in collaborazione con Fulvio Valbusa. In primis perché l’affermazione della norvegese è stata messa seriamente in discussione da Ebba Andersson. Inoltre, in casa Italia, si è intravista una piccola luce in fondo al tunnel nelle settore distance. Andiamo, dunque, a discutere di quanto avvenuto assieme al campione olimpico veronese.

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Bubo, cominciamo proprio dagli uomini. Direi che, tutto sommato, il settore maschile italiano ha battuto un colpo. Prima ancora della staffetta, è stata la 15 km a dare incoraggianti segnali. Cosa ci puoi dire in merito?
“Sì, abbiamo visto qualcosa di interessante. Soprattutto guardando a Giandomenico Salvadori e Paolo Ventura, quest’ultimo capace di archiviare il miglior risultato della carriera. Proprio il piazzamento di Paolo deve far riflettere. Ci sarà una ragione se da inizio inverno dico di lanciare i giovani! Dando queste benedette tre/quattro possibilità di fila a ognuno, prima o poi qualcosa di buono arriva. Un bel risultato innesca un circolo virtuoso, perché chi lo ottiene prende consapevolezza nei propri mezzi e guadagna fiducia, iniziando a costruire il proverbiale salto di qualità, che non si fa da un momento all’altro, ma progressivamente. In questo senso, l’aspetto mentale è determinante. Quindi, per quanto mi riguarda, penso che si debba avere fiducia nella squadra nazionale italiana. Perché non è formata da un solo atleta, bensì da più ragazzi con la voglia di fare bene. Lahti ci ha insegnato che bisogna valorizzare le nuove leve, senza remore o paure”.

La staffetta, poi, ha clamorosamente sfiorato il podio. Il quarto posto è stato un exploit tanto inaspettato quanto gradito e, paradossalmente, lascia anche un po’ di amaro in bocca per come è arrivato. Quali sono i tuoi pensieri al riguardo?
“La staffetta ci ha fatto piacevolmente sobbalzare in cabina di commento! Archiviamo una quarta posizione che non può non fare felici. Certo, resta un po’ di rammarico per il podio sfumato per pochi centimetri, ma Zelger alla fine non è riuscito a trovare quel qualcosa che tutti speravamo avesse, essendo lui dotato di uno spunto molto veloce. Peccato, è mancata la ciliegina sulla torta, ma il dolce rimane molto gustoso. Qualcuno mi dirà che se ci fosse stato Pellegrino a chiudere, avremmo potuto concludere addirittura secondi. Probabile, però dobbiamo mettere tutto nel giusto contesto. In primo luogo Lahti è un tracciato particolare, essendo ricco di saliscendi e poco impegnativo. In seconda battuta c’erano tante assenze. Mancavano i francesi e la Russia non schierava certo la sua miglior formazione. Con Bolshunov la gara sarebbe stata molto più ardua e avrebbe avuto ben altri connotati. Infine, non dimentichiamoci come le frazioni fossero di 7,5 km e non di 10. Può sembrare una sciocchezza, ma ti assicuro che quei 2,5 km fanno un’enorme differenza, perché è il momento in cui la fatica si fa più sentire. Quindi, è stata una competizione un po’ sui generis. Teniamoci stretto il quarto posto, per di più ottenuto senza il nostro uomo di punta, perché può rappresentare un’autentica iniezione di fiducia per chi ha gareggiato, nonché un’ulteriore conferma di come vi sia fermento anche nel settore distance azzurro”.

Comunque Bubo, non trovi curioso che l’Italia dello sci di fondo ormai vada meglio in alternato che a skating? Almeno nel settore maschile? Siamo davvero in controtendenza con la storia del movimento…
“Verissimo! Non saprei dare una spiegazione a questa curiosa situazione. Però, di certo, se si va forte in tecnica classica, lo si può fare anche in pattinato, soprattutto se si è sicuri di sé stessi. Ogni atleta potrà essere più adatto all’una o all’altra tecnica, ma il motore non cambia! Quindi, l’eredità e l’insegnamento lasciati da Lahti sono quelli di credere nelle proprie possibilità. C’è parecchio da costruire, ma abbiamo le fondamenta per farlo”.

Passiamo brevemente al settore femminile, dove abbiamo visto come Therese Johaug abbia dovuto sudare sette camicie per avere ragione di Ebba Andersson. Quali sono i tuoi pensieri al riguardo?
“Ebba Andersson sta confermando di avere tutte le carte in regola per poter diventare l’erede di Johaug. Dico erede, perché essere l’anti-Johaug in questo momento è impossibile. Però l’età gioca dalla parte della svedese e la norvegese non può permettersi di abbassare la guardia perché, soprattutto su un tracciato non così selettivo come quello di Lahti, la giovane rivale se l’è giocata praticamente alla pari. Insomma, abbiamo visto come su alcune piste Ebba possa già sfidare ad armi quasi pari Therese. Deve ancora crescere, però. Soprattutto di testa. È giovanissima e probabilmente le manca la consapevolezza di poter battere la fenomenale norge. Nel momento in cui succederà, allora cambieranno tante cose e le due potrebbero regalarci uno splendido scontro generazionale. Senza dimenticare che anche Frida Karlsson potrebbe aggiungersi alla contesa. Lei è ancora più acerba di Andersson, ha bisogno di imparare a gestire lo sforzo, ma ha a sua volta i numeri per scrivere importanti pagine di storia dello sci di fondo”.

Guardiamo sempre al futuro, ma in questo caso decisamente più prossimo. Domani si disputerà la sprint di Konnerud che, in virtù del calendario, sarà l’ultima ad assegnare punteggio pieno per le Coppe di specialità. Ti chiedo, secondo te, chi sono i favoriti per la volata finale in tale contesto.
“In campo maschile non c’è neanche da discutere, se Klæbo non si rompe un altro dito o non si ammala, vincerà la Coppa in carrozza! D’altronde la sua superiorità è sotto gli occhi di tutti. Invece, per quanto riguarda le donne, vedo una gran bella lotta. Ti dirò, mi voglio sbilanciare. Nonostante sia 17 punti dietro a Linn Svahn, la mia favorita è Anamarija Lampic. Secondo me, la slovena è al momento un’atleta più solida. Questo potrebbe fare la differenza in un finale di inverno così tirato. Certo, la svedese ha dimostrato di non avere paura di niente e di essere in grado di sopperire alla sua inesperienza grazie al proprio strapotere fisico, però se dovessi scommettere un caffè, in questo momento punterei su Lampic. Vedremo se ci avrò visto giusto, oppure se mi sarò sbagliato”.

Concludiamo parlando di Holmenkollen, dove si gareggerà nel weekend. Puoi spiegarci cosa c’è di così magico nella capitale norvegese?
“Tutto! Tanto per cominciare, Oslo nello sci di fondo è come la Parigi-Roubaix nel ciclismo, oppure il Maracanà nel calcio. Ovvero è quel luogo dove, se fai risultato, resta negli annali a prescindere. Imporsi lì, equivale a vincere un Mondiale. D’altronde si gareggia proprio nel cuore pulsante della disciplina, perché è la capitale della terra dove questo sport è nato e cresciuto. Lo capisci soprattutto dal pubblico, che li è tanta roba. Il festival di Holmenkollen non è solo una serie di gare, bensì un appuntamento unico per l’intero sistema sportivo norvegese. Anzi, ti dirò di più, fa parte della cultura norge. Non sarà più la 50 km con partenza a intervalli e con il massacrante giro da 25 km, ma per quanto mi riguarda, la gara di Oslo rimane la perla più bella nel panorama dello sci di fondo. Chi la vince, diventa automaticamente un re”.

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Foto: Davide Glatz

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