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Ciclismo, Fabio Aru: “Sarebbe giusto se ci permettessero di allenarci all’esterno, ma mi attengo alle disposizioni”

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La pandemia di Covid-19 ha costretto allo stop il mondo del ciclismo e tra i più dispiaciuti per la situazione attuale c’è sicuramente Fabio Aru, che sognava un avvio di 2020 decisamente diverso dopo i problemi delle ultime due stagioni. Il corridore sardo, che ha fatto il suo debutto a febbraio al Tour Colombia, è consapevole che al momento i problemi vadano ben oltre lo sport ma continua a guardare con fiducia verso la ripresa dell’attività agonistica.

Da sportivo non mi sto lamentando, credo che davvero ci sia chi sta peggio. La cosa che dispiace – le parole di Aru a “L’Unione Sarda” – è che mesi e mesi di preparazione non li abbia potuti finalizzare, ma adesso c’è un problema mondiale. Faccio ginnastica la mattina, pranzo leggero, rulli. Faccio uno spuntino alle 16 e poi tiro per cena. Me la prendo comoda, sennò il tempo non passa. Stare in casa è difficile, lo dico anche per gli amatori: se ti crei una routine, ti metti degli obiettivi giornalieri, non è un dramma come quello di chi ha un’azienda. Non è il caso di lamentarsi solo perché non si può uscire di casa”.

Un argomento spinoso è sicuramente quello che riguarda le misure differenti adottati dai vari Paesi per quanto concerne lo sport all’aperto: “È un argomento difficile. Un lavoratore è giusto che stia qualche settimana chiuso a casa, ma sarebbe anche giusto permetterci di fare il nostro lavoro all’esterno, con tutte le dovute precauzioni. Ma mi attengo alle disposizioni. Certo che essere tutti sullo stesso piano sarebbe importante, soprattutto se questo periodo durerà più a lungo”.

In merito al possibile prolungamento della stagione, Aru la pensa in questo modo: “Magari fino ai primi di novembre, oltre lo vedo troppo lungo. Il 2021 inizierà a gennaio, il calendario non si sposta e dobbiamo comunque staccare. Sarà un anno strano, spero che venga data la possibilità a tutti di mostrare ciò che si vale. Anche per i rinnovi contrattuali. Io mi alleno per andare forte e dimostrare cosa valgo. Certo, se l’anno dopo sei senza squadra… Dopo i due anni che ho avuto anche io sono atteso a una rinascita, trovarmi in questa situazione non è la cosa migliore che potesse capitare ma cerco di viverla serenamente. Forse l’età e l’esperienza mi aiutano, in altri anni sarei stato peggio a livello mentale”.

Un Tour de France a porte chiuse? “Non è la stessa cosa, per nessuno, ma è fattibile. I grandi giri hanno un seguito molto importante di gente e senza non sarebbe lo stesso, ma è sempre un modo per ripartire. Se saltasse sarebbe un danno enorme per tutti. Siamo in una situazione che nessuno poteva immaginare”.

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antonio.lucia@oasport.it

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Foto: LaPresse

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