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Ciclismo
Ciclismo, Marta Bastianelli: “Il percorso di Tokyo è impegnativo ma non impossibile. Paternoster è il futuro”
Marta Bastianelli rappresenta, senza ombra di dubbio, l’essenza del ciclismo italiano esportato, con grande orgoglio, in giro per tutto il mondo. Quello dello spirito del sacrificio, della voglia di riscatto, dell’unione del gruppo azzurro che, nel caso della Nazionale femminile, è portato avanti, come esempio per tutte, ma in primis per le giovani, proprio da lei, la campionessa italiana in carica. Maglia iridata nel 2007 a Stoccarda, vincitrice del titolo europeo a Glasgow nel 2018, trionfatrice lo scorso anno al Giro delle Fiandre, e nel 2018 della Gand-Wevelgem; soltanto per citare alcuni dei successi più importanti ottenuti nella sua gloriosa carriera. La trentaduenne laziale ha ancora tanti sogni nel cassetto, e già da questa annata; partendo dalle Classiche del Nord fino alle Olimpiadi di Tokyo 2020 che andranno preparate piano piano, ma senza focalizzarsi esclusivamente su questa prova. Marta, oltre che degli obiettivi stagionali, ci ha parlato anche dell’appoggio essenziale da parte del Gruppo Sportivo delle Fiamme Azzurre (di cui fa parte da ben quattordici anni) che la sostiene con grande fedeltà in ogni momento, poi del suo ritorno in Alé-BTC Ljubljana, ma anche della sua dolcissima vita quotidiana di mamma e moglie…sportiva.
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Tre gare, una vittoria, due secondi posti. Non male come debutto stagionale.
“Guarda, escluderei la vittoria in Spagna ma soltanto perchè è stata una gara un po’ diversa dal solito, non tanto impegnativa come le altre due. Sono soddisfatta perchè le gare in Belgio erano una sorta di test e sono andate bene. Ovviamente il mio stato di forma non è ancora al top. Ma anche per questo sono felice, perchè ho diversi margini di miglioramento e sto lavorando bene. Insomma, sono contenta”.
Com’è stato il tuo ritorno in Alé-BTC Ljubljana? Ci sono stati dei cambiamenti significativi con la fusione delle due squadre?
“Ho ritrovato il direttore, il manager, la presidentessa. Ma parlando della squadra, alla fine si è del tutto rinnovata, perchè siamo solamente io, Anna Trevisi e Tatiana Guderzo come italiane. Comunque sia devo dire che mi sono trovata davvero bene. Sono delle ragazze a cui piace lavorare, darsi da fare, mettersi sempre a disposizione; e questo è molto importante per me e per tutti quanti. Sono molto soddisfatta”.
Come hai affrontato la preparazione invernale? Ci sono stati dei cambiamenti sostanziali?
“Sono stata abbastanza fortunata perchè da me c’è sempre stato bel tempo, abbiamo sofferto poco la pioggia, il freddo. Poi sono stata anche in Spagna sia con la squadra che con la Nazionale, godendomi così degli ottimi giorni per potermi allenare. Bene o male ho sempre seguito i miei standard senza stravolgere nulla”.
Pensi che il percorso delle Olimpiadi di Tokyo sia un po’ troppo duro per le tue caratteristiche? Ci stai già lavorando?
“Il percorso è impegnativo ma non impossibile. Sicuramente ci stiamo già lavorando. Poi abbiamo davanti circa cinque mesi, quindi la prendo in maniera abbastanza tranquilla anche a livello mentale. Ma va sottolineato il fatto che abbiamo tante altre gare importanti a cui puntare. Non possiamo focalizzarci sempre e solo su di una; anche perchè il ciclismo ci insegna che può succedere di tutto. Anche la situazione attuale è un fattore importante. Ovviamente daremo alle Olimpiadi una giusta importanza, ci lavoreremo da lontano, ma senza sottovalutare tutto il resto. Comunque sia, in teoria, abbiamo in programma di andare a provare il percorso a maggio. Magari lì ci renderemo conto di com’è veramente. Da come lo hanno descritto è impegnativo, con un certo dislivello; però c’è questa salita sì lunga, ma al 2-3%, quindi non così impegnativa, da scalatori (come invece potrebbe essere per gli uomini). È tutto da valutare. Ci prenderemo i giusti tempi per capire. Io sono molto serena, vado avanti per la mia strada e quello che c’è da fare lo faccio senza troppo stress”.
Tra un mese ci sarà il Giro delle Fiandre, di cui sei la vincitrice uscente. Ci stai già pensando?
“Sinceramente no. Ma poi sai, oltre a questa corsa dove ho già vinto, ce ne sono tante altre che mi piacciono; tipo l’Amstel Gold Race, una gara che mi è sempre piaciuta e dove, purtroppo, non sono mai riuscita a ‘colpire’. Lo scorso anno ho dato tanto in quel periodo, ne sono uscita bene, ma poi mi sono presentata all’Amstel stanca. Quindi è davvero determinante il lavoro che si fa per preparare una corsa così, o una parte di stagione di questo genere. Quindi mi piacerebbe molto puntare su qualche classica delle Ardenne come per l’appunto l’Amstel o la Liegi-Bastogne-Liegi, un’altra corsa impegnativa. Comunque sia, secondo me, sono tutte cose che verranno da sé. C’è un’atleta come Annemiek Van Vleuten che è già in gran forma, ma noi siamo a ruota, quindi non possiamo lamentarci”.
Chi è il futuro del ciclismo femminile?
“Noi italiani siamo veramente fortunati perchè abbiamo dei giovani talenti. Sarò anche di parte, ma Letizia Paternoster, che tra l’altro è mia compagna nel Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre, è il futuro del ciclismo; come del resto Elisa Balsamo, Vittoria Guazzini… . Un gruppo di ragazze che sta lavorando in pista, ma che comunque sia ha veramente tanto ma tanto da dare anche su strada. Ci sono molte atlete veramente forti anche all’estero, ma io tifo Italia. Devo dire che già da qualche anno è iniziato il cosiddetto ricambio generazionale ed è una cosa naturale e giusta. Io mi sento dire da parte loro che sono un esempio, e questa è una cosa che mi riempie di gioia. Anch’io ho avuto a fianco delle ragazze che mi hanno insegnato tanto. Prima di smettere mi auguro di poter essere nuovamente un esempio per loro”.
Quanto è importante il supporto da parte del Gruppo Sportivo delle Fiamme Azzurre?
“Tanto. Per noi le Fiamme Azzurre sono tutto. Io sono passata con loro quando avevo 19 anni e adesso ne ho quasi 33. Questo mi ha permesso di essere tutelata al 100% sotto ogni punto di vista, tra quando ho smesso, quando ho avuto la gravidanza… . Quando volevo smettere per varie vicissitudini che mi sono successe, loro hanno voluto che continuassi. Di questo non ne parla mai nessuno, ma credimi che per noi, e per le giovani, sono un punto fondamentale. Il ciclismo è una parentesi di vita, che si apre e si chiude, che talvolta non ci permette neanche di andare avanti con gli studi perchè, o ti concentri al 100% su una cosa, oppure sì, riesci a farle tutte e due, ma in che modo? Se sei brava e riesci a farle tutte e due, bene, altrimenti c’è chi riesce a fare o l’una o l’altra. Io avevo scelto una facoltà universitaria che mi permetteva l’obbligo di frequenza, e quindi ad un certo punto ho dovuto dire basta. Certo, una al termine della carriera può fare tante cose, però, ad esempio, se io sono un’atleta forte ma che va ‘normale’, e smetto a questa età, nel mondo del lavoro italiano sono già vecchia. Il GS Fiamme Azzurre è un punto fondamentale. E poi siamo riuscite a trovare assieme alla squadra un’unione che mi permette di far parte di una formazione World Tour e di fare un calendario internazionale con grandi gare. Devo ringraziarli e questo lo farò a vita. E sono orgogliosa del fatto che un giorno potrò indossare questa divisa per poi mettermi a loro disposizione”.
Una domanda personale, la tua piccola Clarissa sta crescendo a vista d’occhio, cosa ne pensa della vita d’atleta della sua mamma?
“All’inizio è stata dura, ma oramai sta entrando in un contesto incredibile. Ti faccio un esempio, quando la scorsa settimana ero in Belgio a fare la ricognizione della Omloop Het Nieuwsblad, mi è squillato il telefono ed era la scuola: Clarissa non stava tanto bene. Loro si sono scusati in ogni modo, e devo anche ringraziarli perchè le maestre mi sono tanto vicine, mi incoraggiano sempre. Hanno fatto molto anche nei momenti in cui pensavo ad una possibile sofferenza da parte della bambina, tranquillizzandomi costantemente. Sono una parte fondamentale della vita di mia figlia. Comunque sia, tornando a prima, in quel momento in cui mi stavo allenando in Belgio e mi hanno chiamata, si sono rese conto di essersi sbagliate perchè dovevano contattare mio marito e non me; ed era stata Clarissa stessa, in precedenza, a dire loro di non chiamarmi perchè ero in bici: “Non chiamate la mamma che è fuori e poi si spaventa”. Questo è un piccolo esempio per farti capire il contesto in cui è entrata. Poi, quando sono tornata a casa, mi ha detto: “Mamma, ma sei arrivata due volte seconda, per poco non hai vinto”; e a volte le spiego che ogni tanto nella vita bisogna anche accettare le sconfitte. Lei fa danza, è brava e sono contenta. Lo sport è una fonte di vita. Mi auguro di trasmetterle qualcosa di buono”.
È interessata al mondo della bici?
“Mio marito vorrebbe iniziare a farle fare qualche gara con i bambini in MTB, tra circuiti, slalom… . Lei, al momento, non è così tanto appassionata. Vedremo un giorno. Io dico sempre che è un bellissimo sport, ma se dovessi darle un consiglio le direi di ‘No’, perchè oggi c’è molta più esasperazione rispetto a prima. Adesso mettere un bambino ad allenarsi sulla strada è rischioso. Io da mamma non lo farei. Già noi rischiamo la vita tutti i giorni, figurati un bambino. Poi ovviamente la strada la decideranno loro. E se fosse questa? Cosa faccio? Le dico di no? Non posso. Ovviamente io ho il dovere di starle accanto, facendole fare meno errori possibili; però ripeto: è la loro strada”.
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lisa.guadagnini@oasport.it
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Foto: Alé BTC Ljubljana