Ciclismo
Ciclismo su pista, Mondiali 2020: il bilancio degli azzurri. Brillano Ganna e Paternoster, Viviani sottotono
La spedizione azzurra torna da Berlino, sede dei campionati del mondo di ciclismo su pista 2020, con un ottimo bottino e rinnovate consapevolezze. Sei medaglie complessive, un titolo mondiale e tanti bei segnali in ottica Olimpiadi di Tokyo. L’unica nota stonata è un Elia Viviani che proprio non riesce a trovare il feeling con il nuovo formato dell’omnium. L’oro di Rio 2016 soffre l’assenza di inseguimento, km lanciato e corsa a cronometro, le tre specialità, insieme all’eliminazione, in cui aveva costruito il suo successo a cinque cerchi. Inoltre, la neonata tempo race continua a essergli decisamente indigesta. A Tokyo il veronese avrà bisogno di tutt’altra condizione per giocarsi le sue carte contro i moltissimi rivali d’alto livello, come Benjamin Thomas e Jan-Willem van Schip, che affronterà.
[sc name=”banner-app-sx”]
Chi brilla, al contrario, è Filippo Ganna. Il gigante piemontese domina l’inseguimento, fa il nuovo record del mondo, e scrive ulteriori pagine di storia dell’inseguimento individuale. Con il trionfo in quel di Berlino, Filippo raggiunge Hugh Porter a quota quattro successi nella rassegna iridata, record tra i professionisti. Inoltre, l’azzurro diventa il terzo nella storia, dopo le leggende Guido Messina e Roger Riviere, a conquistare tre ori consecutivi. Ormai Ganna è da considerarsi, indubbiamente, uno dei tre più forti inseguitori nella storia del ciclismo italiano, insieme al sopracitato Messina e a Leandro Faggin.
Ma per il Bel Paese le gioie nell’inseguimento non arrivano solo Ganna. A Berlino, infatti, l’Italia ha scoperto Jonathan Milan, ragazzo di appena 19 anni capace di sfiorare il podio nell’individuale e di recitare un ruolo fondamentale nella prova a squadre. Alla fine per il quartetto azzurro arriva un bronzo che sta pure stretto, dato che sono stati gli unici in grado di girare su tempi vicini a quelli dei dominatori danesi. Con l’eventuale inserimento nel poker d’assi tricolore del miglior Plebani, a Tokyo gli italiani potrebbero anche giocarsela ad armi pari con la corazzata nordeuropea di cui sopra che, al momento, pare decisamente invincibile.
Tra gli uomini, oltretutto, è arrivata anche una medaglia un po’ inaspettata con Simone Consonni nello scratch. Il pistard della Cofidis ha colto un bell’argento, frutto di una prova in cui ha messo in mostra sia una grande gamba, sia un acume tattico fuori dal comune. Un po’ peggio è andata nella madison, dove lui e Viviani, dopo un’ottima partenza, hanno sofferto un po’ nella seconda parte di gara. Ci sarà tempo, tuttavia, per oliare i meccanismi della coppia prima di Tokyo.
Tra le donne brilla la stella di Letizia Paternoster. La giovanissima fuoriclasse trentina ha dato spettacolo sia nell’omnium che nella Madison (ambedue discipline olimpiche), cogliendo un argento nella prima specialità e un bronzo, in coppia con Elisa Balsamo, nella seconda. Leggiadra ed elegante, Letizia ha danzato su e giù per la pista del velodromo berlinese, regalando alcuni dei momenti più entusiasmanti di questa rassegna iridata. Oltre ai risultati, infatti, sono i gesti tecnici di Paternoster che, in ottica Tokyo 2020, fanno sognare. Si pensi alla fantastica prova nell’eliminazione, ove l’azzurra ha dato vita a un duello generazionale mozzafiato con Kirsten Wild, o all’accelerazione, alla fine di una Madison durissima, con cui ha rintuzzato l’attacco della coppia danese che poteva costare il podio al duo italiano. Ci sono volte in cui un’atleta fa risultato poiché viene sottovalutata o perché particolarmente scaltra. Ma non è il caso di Paternoster, la quale ha dato dimostrato di possedere un mix di classe e potenza con pochissimi eguali nell’epoca attuale.
E, poi, c’è la medaglia più inaspettata e forse per questo più bella: il bronzo di Miriam Vece nei 500 metri. Il Bel Paese, tra maschi e donne, non andava sul podio di una specialità facente parte del settore della velocità dal 2005 (argento di Elisa Frisoni nel keirin). Considerando il grande feeling che Miriam ha da sempre dimostrato con questa prova (fu campionessa d’Europa da U23) e i continui miglioramenti, per i prossimi anni si può sognare in grande. Un po’ di rammarico, invece, per il quinto posto di Maria Giulia Confalonieri nella corsa a punti. L’azzurra è reduce da due successi consecutivi nella disciplina nelle ultime edizioni della rassegna continentale. Insieme a Ganna nell’inseguimento, era la rappresentante dell’Italia ad avere più chance di vincere la maglia iridata. E la sua gara è stata a lungo ottima. La gamba c’era e anche tatticamente si è mossa bene per gran parte del tempo. Una Elinor Barker in grandissima forma e un finale un po’ confusionario, però, le hanno rotto le uova nel panieri.
[sc name=”banner-article”]
CLICCA QUI PER TUTTE LE NOTIZIE DI CICLISMO
luca.saugo@oasport.it
Clicca qui per seguire OA Sport su Instagram
Clicca qui per mettere “Mi piace” alla nostra pagina Facebook
Clicca qui per iscriverti al nostro gruppo
Clicca qui per seguirci su Twitter
Foto: Twitter FCI
ale sandro
2 Marzo 2020 at 09:56
Mi sembrano risultati complessivamente positivi, che confermano la crescita im’portante avvenuta negli ultimi anni. In questo nuovo secolo l’Italia non aveva ancora ottenuto un medagliere così, come qualità dei podi.
Le tre medaglie in gare olimpiche possono essere confermate con buone possibilità di riuscita a Tokyo (sempre che ci siano i Giochi), e credo anche che certi dubbi siano ormai sciolti per quanto riguarda il quartetto maschile e l’americana femminile.
In realtà al maschile non ci sono proprio i dubbi anche nelle prove di gruppo, perchè il problema di Viviani è il non potersi allenare su pista con regolarità e il non arrivare in questa fase dell’anno in ottime condizioni di forma.
Il ritorno al podio della velocità, dovuto però più alla bravura e al lavoro che Vece ha potuto e può svolgere ad Aigle in Svizzera, nel centro mondiale federale per la pista, dovrebbe far considerare a Coni e FCI di rimettere in piedi il settore velocità con un responsabile, anche straniero purchè competente e in grado di avviare un progetto importante.
I talenti non sono mai mancati a livello giovanile, ma se non vengono seguiti adeguatamente e in maniera specialistica i risultati non potranno venire fuori. Grandissimi miglioramenti per Vece, sarebbero potuti essere anche per le altre azzurre che però non hanno avuto lo stesso percorso e la stessa opportunità e qui venivano invece addirittura spinte verso l’endurance, con risultati da titolo europeo giovanile (o mondiale)nello scratch a mio modo di vedere un po’ fini a se stessi. Prima con Bissolati, che ha subìto un anno di lontananza dai raduni federali, nel miglior momento quando da junior come e più di Vece aveva fatto vedere cose importante soprattutto nel keirin oltre che nella velocità a squadre, e poi con Manzoni e soprattutto Fidanza ,la quale seppure di maggior talento e risultati, venne però utilizzata anche come inseguitrice e ormai sembra essere un punto fermo di quel settore.
Villa e Salvoldi sono c.t. dell’endurance non della velocità, è importante che invece si trovi qualcuno che si dedichi agli atleti delle ruote più veloci.
In ogni caso nell’insieme bene così, gli obbiettivi diventano sempre più possibili man mano che si confermano certi livelli. Avere la qualificazione in 6 gare su 12 vuol dire tanto, se paragonata all’unica qualificazione di Londra e le due + un ripescaggio la settimana prima a Rio.