Formula 1
F1, oggi Ayrton Senna avrebbe compiuto 60 anni. Il ricordo di “Magic” è più vivo che mai
Quest’oggi, 21 marzo 2020, è il giorno in cui Ayrton Senna avrebbe compiuto 60 anni. Un compleanno, purtroppo, solo ideale. Come tutti ben sappiamo, la vita del fuoriclasse brasiliano si è improvvisamente interrotta a Imola, il 1° maggio 1994. Da quella tragica domenica, Magic ha però trasceso la successione degli eventi, risultando immune allo scorrere del tempo. Senna è diventato un’icona, trasformandosi nel simbolo di un periodo d’oro della Formula 1. Un’epoca che, per quanto lontana, appare vivissima ancora oggi. Probabilmente perché la sua figura più rappresentativa è esente da qualsiasi invecchiamento.
Per questa ragione, associare un’età così avanzata come i 60 anni al nome di Ayrton sembra quasi anacronistico. Perché nell’immaginario collettivo il paulista è rimasto, e rimarrà per sempre, un giovane uomo. Eppure, ormai è passato più di un quarto di secolo dalla sua scomparsa. Pensare che proprio oggi sarebbe diventato un sessantenne, non può che far volare l’immaginazione riguardo ciò che avrebbe potuto essere in questi anni e invece non è stato.
A dire il vero, la carriera stessa del brasiliano si presta all’esercizio del “chissà cosa sarebbe successo se…”. D’altronde, Senna avrebbe potuto ottenere ancora più dei 3 Titoli Mondiali, dei 41 Gran Premi vinti e delle 65 pole position di cui parlano gli annali. Non solo perché è scomparso precocemente, ma anche perché non bisogna dimenticare come raramente si sia trovato a guidare la vettura migliore del lotto. Infatti, per più di metà della sua carriera, Magic ha dovuto gareggiare con un mezzo inferiore alla concorrenza. Proprio questo fatto ha esaltato ulteriormente il talento e l’infinito potenziale del paulista, che ha più volte dimostrato come l’uomo potesse ancora fare la differenza rispetto alla meccanica.
L’episodio rimasto maggiormente impresso nell’immaginario collettivo è, per forza di cose, il Gran Premio di Montecarlo 1984. Tuttavia, gli esempi non mancano anche negli anni seguenti. Su tutti spicca il Mondiale conquistato nel 1991 a bordo di una McLaren-Honda all’inizio della sua parabola discendente, trovatasi a fronteggiare le straripanti Williams-Renault agli albori del loro predominio. Quell’iride fu figlio della capacità di Ayrton di vincere gare con il cambio bloccato (Brasile), oppure ormai prossimo a rompersi (Belgio), nonché dell’abilità nel resistere arcignamente all’arrembante Mansell sul toboga ungherese. Inoltre, non vanno dimenticati i successi di tappa del 1993, quando seppe occasionalmente umiliare le stratosferiche Williams, come accaduto a Donington, Suzuka e Adelaide. Affermazioni che, per pubblico e addetti ai lavori, assegnarono a Senna una sorta di Titolo Mondiale morale, nonostante quello reale fosse finito nelle mani di Alain Prost. Insomma, il brasiliano ha saputo rendere decisivo il fattore umano anche nella Formula 1 ipertecnologica di inizio anni ’90.
Proprio per il fatto di aver gareggiato sovente in inferiorità tecnica, viene da chiedersi come sarebbe evoluta la carriera di Magic se le proverbiali sliding doors della vita si fossero aperte in maniera differente, a cominciare dal suo approdo in Formula 1, che sarebbe potuto avvenire con una monoposto ben più competitiva della Toleman. Infatti, anziché entrare da una porta di servizio, Ayrton avrebbe potuto fare il proprio ingresso dal portone principale, salendo sulla Brabham con cui Nelson Piquet aveva vinto due dei tre precedenti titoli mondiali.
Sì, perché nel corso del 1983 Bernie Ecclestone, all’epoca patron del team britannico, si rese conto delle qualità del ventitreenne Senna, impegnato in Formula 3. Il vulcanico imprenditore offrì la sua seconda vettura al giovane talento paulista, che avrebbe dovuto far coppia con l’affermato Piquet. L’idea di Ecclestone era quella di ripetere quanto realizzato a fine anni ‘70, quando aveva affiancato proprio l’emergente Piquet a Niki Lauda, permettendo al carioca di crescere rapidamente nella scia dell’esperto austriaco, di cui carpì molti segreti.
Cionondimeno, il progetto di Bernie si scontrava con una clausola nel contratto di sponsorizzazione con la Parmalat, in quel momento principale finanziatrice del team. Tale condizione prevedeva che uno dei due piloti della squadra dovesse obbligatoriamente essere italiano. Ecclestone si recò da Calisto Tanzi per convincerlo a rinunciare alla postilla, ma non ci fu verso di fargli cambiare idea.
Chissà cosa avrebbe potuto fare Senna con una Brabham BT53 per le mani. Vettura piuttosto inaffidabile, soprattutto a causa del motore BMW, ma al contempo velocissima sul giro secco. Non a caso in quel 1984 Piquet realizzò ben 9 pole position. Insomma, seppur ancora acerbo, il talento di Ayrton avrebbe potuto essere esaltato da un’auto del genere. Inoltre, il confronto diretto tra un ambizioso esordiente assoluto con uno dei migliori piloti dell’epoca, sarebbe stato davvero intrigante.
Oppure, spostandoci molto più in là nel tempo, è impossibile non chiedersi cosa sarebbe accaduto se Senna fosse riuscito a trasferirsi alla Williams con un anno d’anticipo. D’altronde, nel corso del 1992, arrivò a offrirsi gratuitamente al team di Didcot. Frank Williams e Patrick Head, però, non poterono metterlo sotto contratto a causa del veto posto dalla Renault. La Régie, infatti, voleva come primo pilota indiscusso Prost, il quale certamente non mosse un dito per cambiare la situazione. Inoltre, il management del team britannico non si imputò in alcun modo, conscio del fatto che, in virtù della schiacciante superiorità tecnica a disposizione, sarebbe stato folle incrinare il rapporto di collaborazione con il motorista francese.
Già, chissà cosa sarebbe accaduto se invece, in qualche modo, il matrimonio con la Williams si fosse concretizzato già per la stagione 1993. Avremmo assistito a un nuova coabitazione Senna-Prost dopo il burrascoso biennio in McLaren. Per quanto visto durante quell’annata, il “Professore” aveva appena imboccato la propria parabola discendente (infatti decise, saggiamente, di ritirarsi da Campione del Mondo), mentre Magic si rese protagonista di alcune prestazioni superlative a bordo della meno competitiva McLaren-Ford. Il duello, a parità di vettura, sarebbe quindi stato vinto dal brasiliano? Possibile, ma non bisogna dimenticarsi come, una volta salito su una monoposto progettata da Adrian Newey, il paulista abbia avuto grandi difficoltà ad adattarsi all’angusto abitacolo, faticando a esprimere il suo potenziale proprio a causa della scomoda e antiergonomica posizione di guida a cui non era abituato. Un problema che, invece, Prost non aveva dovuto fronteggiare, essendo ben più minuto fisicamente e quindi più adatto alla filosofia costruttiva del geniale tecnico inglese.
Soprattutto, il più grande “chissà cosa sarebbe successo se…” legato a Senna è relativo al suo mancato approdo in Ferrari. La “Rossa” e Ayrton hanno più volte flirtato, senza però mai unire i propri destini. Il primo contatto avvenne già nella primavera del 1986, quando il brasiliano incontrò in segreto Enzo Ferrari a Maranello. Si discusse di un suo possibile ingaggio per il 1987, ma alfine non se ne fece nulla. Poi ci fu l’assalto di Cesare Fiorio, che tentò di assicurarsi i servigi del paulista a partire dalla stagione 1991. Secondo le rivelazioni del team manager italiano, la trattativa aveva raggiunto una fase avanzata, tanto che, nell’estate del 1990, si arrivò a redigere un pre-contratto da presentare a Magic, il quale l’anno successivo confermò i contatti e di aver preso in considerazione l’ipotesi di vestirsi di rosso, salvo poi apprendere come tutto fosse saltato per aria. Sul perché, non ci sono certezze. Secondo alcune speculazioni, Prost, all’epoca impegnato in una furibonda battaglia iridata con il brasiliano, sarebbe venuto a conoscenza del negoziato e si sarebbe messo di traverso, presumibilmente appoggiato dalla Fiat.
Successivamente, nel corso del 1992, Luca Cordero di Montezemolo diede mandato a Niki Lauda di testare la disponibilità di Senna, in scadenza con la McLaren, di trasferirsi a Maranello. Il brasiliano rispose picche, vista la crisi tecnica in cui versava il Cavallino Rampante, salvo però arrivare a offrirsi alla Ferrari pochi mesi dopo. L’episodio è stato rivelato lo scorso anno da Jean Todt in un’intervista al settimanale Autosprint. Nel settembre del 1993, ormai esasperato dalle difficoltà del team di Woking e apparentemente chiuso da Prost alla Williams (il “Professore” avrebbe annunciato il suo ritiro solo pochi giorni dopo), Ayrton si disse disponibile a gareggiare con la Ferrari nel 1994. Il team manager francese, però, declinò l’offerta, rifiutandosi – per una questione di etica professionale – di stracciare il contratto già in essere con Jean Alesi per i successivi due anni.
Inoltre, chissà se il paulista sarebbe mai riuscito ad approdare a Maranello se non fosse scomparso precocemente. Sarebbe stato lui il pilota su cui si sarebbe puntato per permettere alla Ferrari di tornare vincente? Oppure, Magic avrebbe deciso di restare alla ben più competitiva Williams e, quindi, il Cavallino Rampante avrebbe comunque affidato la propria restaurazione a Michael Schumacher? Purtroppo, non lo sapremo mai.
Al di là degli aspetti agonistici, chissà cosa sarebbe stato dell’uomo Ayrton Senna in questi ventisei anni. Come sarebbe evoluta la Formula 1 se lui fosse rimasto in vita e quali sarebbero state le sue scelte personali dopo il ritiro? Forse sarebbe comunque rimasto nel Circus, magari in un ruolo dirigenziale. Inoltre, chissà quali connotati avrebbe assunto la sua esistenza privata. Magari, oggi, nel mondo ci sarebbero i figli di Magic…
Insomma, ci sono tanti “se”, “forse”, “magari”, “chissà” legati alla figura del brasiliano. Anche da questo si capisce la sua grandezza. Dal fatto che, ancora oggi, il suo carisma fa correre la mente e l’immaginazione. La realtà dei fatti è che la sua esistenza si è improvvisamente conclusa il 1° maggio 1994. Tuttavia, come si suole dire, “Nessuno muore davvero finché vive nel cuore di chi resta” e, in questo sesto, il paulista è più vivo che mai.
Quindi, auguri Ayrton, ovunque tu sia. Ciò che avrebbe potuto essere resterà un mistero, ma ciò che è stato rimane splendido e indimenticabile.
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Foto: La Presse