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Giro d’Italia 1976: la terza perla di Felice Gimondi, quasi 10 anni dopo il primo trionfo

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Giro d’Italia 1976, il tris di Felice Gimondi. Un’altra Corsa Rosa nel palmares del campione bergamasco, ma quella più speciale, più eroica, arrivata dopo ben nove anni dal primo successo, e sette dal secondo. La 59esima edizione del Giro è stata la sintesi perfetta dell’immensa e gloriosa carriera di Gimondi, avversario di sempre, ma anche amico, del Cannibale Eddy Merckx; l’uomo più forte e temuto di quei tempi, costretto ad arrendersi quell’anno, dinnanzi alla superiorità del capitano della Bianchi-Campagnolo. 

Il 21 maggio 1976, al via ufficiale della Corsa Rosa da Catania, né Gimondi né Merckx figurano tra i favoriti per la vittoria finale. Entrambi ormai veterani, alla soglia del viale del tramonto ciclistico. Contrapposti a loro ci son gli astri nascenti Francesco Moser e Gianbattista Baronchelli, ad esempio. È festa in Sicilia per la grande partenza del Giro. Una gioia interrotta ben presto, anzi, dopo una sola ora di gara, da un’immane tragedia. Nei pressi di Acireale infatti, all’uscita di una curva, lo spagnolo Juan Manuel Santisteban si schianta contro un parapetto morendo sul colpo. 32 anni, una lunga carriera alle spalle; sposato, con due figli. Un lutto che attanaglia il cuore del gruppo e quello dei tifosi. Ma il Giro deve proseguire anche per lui, per onorare la memoria dell’iberico.

Le prime tappe si concludono tutte in volata, e sono un continuo tira e molla tra due belgi: Patrick Sercu e Roger De Vlaeminck. Una lotta a due che si interrompe a Matera, col ribaltone da parte di un altro fiammingo, Johan De Muynck. L’Italia si fa vedere il giorno dopo, nella cronometro di Ostuni che lancia Moser verso verso la sua seconda vittoria di tappa in quattro giorni, ma soprattutto verso la maglia rosa. Dietro di lui, a soli 7″, c’è lo stesso Gimondi. Il campione di Sedrina è in ottima forma, sia fisica che psicologica. Il giorno dopo, a Lago Laceno, trionfa De Vlaeminck, Felice è terzo, ma Moser è staccato a quasi un minuto. L’orobico torna così in maglia rosa dopo sette anni dalla sua seconda vittoria al Giro, e ci crede, eccome se ci crede. Passa undici giorni in testa a tutti, e non con poche difficoltà, anzi. Finisce a terra per due volte, e la caduta di Longarone rischia di dargli il colpo di grazia. Salva comunque la leadership, ma non a Torri de Vajolet, dove nulla può dinnanzi a De Muynck, che gli strappa il primato di dosso. Gimondi però, è a soli 25″ dal belga, mentre il temibile Merckx è ormai spacciato, a ben 8’25”. De Muynck passa tre giorni in maglia rosa, ma Gimondi è pronto a ribaltare tutto quanto nella sua città, Bergamo, ad un solo giorno dalla fine del Giro.

Eccoci dunque alla Terme di Comano-Bergamo, 238 chilometri pieni d’insidie, col Croce Domini all’inizio, sino al Colle Gallo, Zambla, e Selvino nel finale. Proprio a Zambla De Muynck cade in discesa, il gruppo lo aspetta, ma poi si scatena la bagarre. La volata di Via Tasso è una battaglia per uno sprint ristretto. Felice conosce ogni centimetro di quella strada. Merckx imposta la volata, il padrone di casa si mette a suo ruota, e a 150 metri dal traguardo lo supera trionfando davanti alla sua gente, come un profeta in patria. Mancava davvero poco alla maglia rosa, e una sola semitappa a cronometro per ribaltare le sorti della corsa. Sulle strade di Arcore, Felice rifila ben 44″ a De Muynck e si prende il 59° Giro d’Italia. Nel medesimo giorno, sotto il tramonto di Milano, sfila accanto al Duomo meneghino nella sua parata in rosa. È il terzo trionfo, il nono podio, l’acuto più bello di un grande campione che ci ha inaspettatamente lasciato qualche mese fa. Un uomo che per quattordici anni di carriera professionistica ha fatto sognare l’Italia intera ma soprattutto la sua Bergamo, che in queste settimane sta soffrendo come non mai. Ma alla fine siamo certi che tornerà a splendere più di prima e a trionfare, nonostante tutto, come ha sempre fatto il suo leggendario campione.

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lisa.guadagnini@oasport.it

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Foto: Lapresse

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