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Giro d’Italia, la maledizione di Italo Zilioli. Tre secondi posti consecutivi e una maglia rosa stregata

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Passato professionista nel 1962 con la Carpano, Italo Zilioli, torinese del 1941, si guadagnò fin da subito un soprannome alquanto impegnativo, ossia quello di “Nuovo Coppi”, data la sua padronanza magistrale della bici e quel suo modo di fare così simile all’Airone di Castellania. Il suo talento, che aveva già dimostrato nelle categorie minori, esplose definitivamente, e in breve tempo questo accadde anche tra i professionisti. Infatti, nel 1963, vinse in breve tempo Tre Valli Varesine, Giro dell’Appennino, Giro del Veneto e Giro dell’Emilia, trionfi che rinforzarono ancor di più il suo appellativo.

Nel 1964 prese il via al suo secondo Giro d’Italia (l’anno procedente concluse la corsa al diciottesimo posto), come uno dei favoriti, come uno dei ragazzi più promettenti del panorama ciclistico azzurro del momento. L’obiettivo era senza ombra di dubbio la classifica generale. Fu proprio sulle strade della Corsa Rosa che il piemontese raccolse i rammarichi più grandi e un nuovo appellativo, quello dell’eterno piazzato. In quell’anno si ritrovò di fronte il campione transalpino Jacques Anquetil, già quattro volte vincitore del Tour de France e del Giro del 1960, non di certo l’ultimo arrivato. Sin dalla quarta tappa il francese si ritrovò in Maglia Rosa, ma Zilioli non si arrese. Cercò di rosicchiare tappa dopo tappa più secondi possibili. Lui e Anquetil si attaccarono anche quando uno dei due forava o cadeva. Fu una sfida bellissima. Italo ci provò sulle strade di casa, nella Cuneo-Pinerolo, ma si ritrovò di fronte Anquetil, più forte di sempre. A Milano il torinese fu secondo, a 1’22” di distacco dal transalpino. 

La lotta per la Maglia Rosa venne rimandata al 1965. Passato alla Sanson, Zilioli aveva nuove ambizioni, era ancor più motivato. Dopo una splendida Parigi-Nizza, questa era la volta buona per puntare dritto alla conquista del Giro. Anche in questo caso si ritrovò di fronte un avversario più forte di lui: il parmense Vittorio Adorni. L’emiliano si prese la Rosa dopo la vittoria nella Avellino-Potenza, la dovette cedere per cinque giorni a Bruno Mealli, poi se la riprese trionfando nettamente nella crono di Taormina. Concesse a Zilioli una piccola gioia lasciandogli la Biandronno-Saas Fee. Il giorno dopo Adorni decise di dargli la mazzata definitiva trionfando a Madesimo con ben 3’33” di vantaggio su tutti. Italo fu nuovamente secondo, stracciato dal parmense, il quale giunse in Maglia Rosa al traguardo finale di Firenze con ben 11’26” di vantaggio.

Non è finita. Zilioli ritentò la buona sorte l’anno dopo, nel 1966. Arrivava da un buon momento, ma questo non bastò. Il grande favorito era Anquetil, il quale però andò in crisi sin dalla prima tappa. Anche Gimondi andò fuori classifica, mentre lo spagnolo Julio Jimenez sembrava il nuovo numero uno della corsa. A Parma salì in cattedra il padrone di casa Adorni, che si riprese anche la Maglia Rosa, ma soltanto per due giorni. In montagna fu la volta del milanese Gianni Motta, un altro corridore con classe da vendere. Zilioli continuò a piazzarsi alle sue spalle fino alla fine, fino a Trieste. Fu ancora secondo, a 3’57” dal corridore di Cassano d’Adda, ma davanti ad un certo Anquetil.

Un destino contraddistinto da continui piazzamenti quello di Zilioli, salito sul podio del Giro anche nel 1969, stavolta al terzo posto. Quarto l’anno prima, quinto quello dopo. Cinque vittorie di tappa, tre secondi posti, quattro podi, nessun giorno in Maglia Rosa ma una grinta e una determinazione che non hanno mai scalfito il suo talento eterno.

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lisa.guadagnini@oasport.it

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Foto: LaPresse

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