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Il mito di Tazio Nuvolari, “Il più grande pilota del passato, del presente e del futuro”

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Quando si parla dei piloti più grandi di sempre, spesso si va a considerare esclusivamente la storia della Formula 1. D’altronde, l’istituzione del Mondiale ha rappresentato uno spartiacque epocale. Tuttavia, non bisogna dimenticare come il motor sport sia nato ben prima del 1950. Dunque, tanti uomini si sono confrontati anche nel tempo antecedente a questa fatidica data. Fra di essi, spicca indiscutibilmente la figura di un italiano, Tazio Nuvolari, unanimemente riconosciuto come il più grande pilota dell’anteguerra. Anzi, Ferdinand Porsche (fondatore dell’omonima casa automobilistica e creatore del celebre Maggiolino), lo definì “il più grande pilota del passato, del presente e del futuro”. Un’affermazione figlia delle imprese di un uomo che seppe trascendere il mezzo meccanico, essendo dotato di uno spirito irriducibile.

Tazio Nuvolari nacque a Castel d’Ario, a una ventina di chilometri da Mantova, il 16 novembre del 1892 in una famiglia dedita allo sport. Il padre Arturo e lo zio Giuseppe erano infatti ciclisti di fama internazionale. Complice anche il primo conflitto mondiale, durante il quale servì sotto le armi, Tazio cominciò la sua carriera di corridore solamente nel 1920, dedicandosi inizialmente al motociclismo (d’altronde la sua passione per i motori era figlia soprattutto delle moto che lo zio gli aveva fatto guidare sin dall’infanzia), senza tuttavia disdegnare anche le quattro ruote. Gli esordi non furono semplicissimi, ma il talento non era in discussione e, nel 1924, gli permise finalmente di balzare agli onori delle cronache.

Il primo episodio che gli diede grande celebrità avvenne in una gara automobilistica disputata nei pressi di Genova, sul circuito del Tigullio. La competizione fu durissima e Nuvolari si trovò in testa. Tuttavia, a pochi chilometri dal traguardo, fu vittima di un rovinoso incidente a causa del quale la vettura risultò pesantemente danneggiata. Inoltre, il suo co-pilota/meccanico perse i sensi. Rifiutando di darsi per vinto, il mantovano chiese l’aiuto degli spettatori, sistemando l’auto alla meno peggio e ripartendo ancora al comando. Tra l’incredulità generale, riuscì a vincere tagliando il traguardo ormai sui cerchioni, senza sedile e soprattutto senza volante, sostituito da una chiave inglese! Contemporaneamente, nel motociclismo rivaleggiava ad armi pari con piloti dotati di mezzi di cilindrata doppia rispetto al suo! Inevitabilmente, un personaggio del genere cominciò a guadagnare grande popolarità.

L’irriducibilità e il talento di Nuvolari emersero anche in occasione del Gran Premio motociclistico delle Nazioni di Monza, valido peraltro come Campionato d’Europa 1925. La settimana antecedente alla gara, il mantovano svolse un test automobilistico con l’Alfa Romeo proprio sul circuito brianzolo, dimostrandosi velocissimo prima di incappare in un tremendo incidente. Ne uscì malconcio, con svariate lacerazioni causate dalla recinzione che aveva fermato la sua corsa, nonché l’incrinatura di diverse costole. Eppure, nonostante fosse in condizioni fisiche precarie, decise comunque di gareggiare nel Gran Premio, contro il parere dei medici, costretto a partire dall’ultima fila e riuscendo a salire in moto solo grazie all’aiuto dei meccanici. A dispetto delle ferite ,delle lesioni e anche dell’evidenza, il lombardo ottenne un’incredibile affermazione, facendo valere la propria sensibilità sulla pista bagnata!

Le sue imprese gli valsero i soprannomi di “Campionissimo” e “Mantovano volante”. La sua popolarità tra il pubblico cresceva sempre di più, poiché – pur avendo per le mani un mezzo inferiore rispetto a tanti avversari – Nuvolari riusciva a ottenere successi e piazzamenti di prestigio. In particolare nel Gran Premio motociclistico del Lario del 1929 ottenne una vittoria schiacciante, umiliando persino chi era in sella a mezzi di cilindrata superiore. L’affermazione fu talmente entusiasmante da spingere gli spettatori a portarlo in trionfo una volta tagliato il traguardo.

La vera svolta nella carriera del lombardo avvenne nella primavera del 1930. L’Alfa Romeo si trovò nella necessità di sostituire Gastone Brilli-Peri, uno dei tre piloti ufficiali, deceduto durante un test. La casa del biscione contattò, allora, proprio il mantovano. Finalmente dotato di una vettura di primo piano, Nuvolari ottenne subito una vittoria pesantissima, imponendosi nella Mille Miglia. Non poteva, però, farlo in maniera “normale”. Anzi, il successo arrivò in maniera quasi inconcepibile. Tutta la competizione venne caratterizzata da un feroce duello con l’amico-rivale, nonché compagno di squadra, Achille Varzi. Dopo averlo raggiunto nell’ultima notte, ‘Nivola’ spense i fari della sua vettura per far credere all’avversario di avere avuto un problema e di essere, quindi, rimasto attardato. Invece, continuò a seguire il battistrada al buio, viaggiando a velocità folli e basandosi solo sulle luci posteriori dell’auto che lo precedeva! In vista del traguardo, Nuvolari riaccese i fari e superò di sorpresa un incredulo Varzi, ormai certo del successo. L’affermazione fu peraltro clamorosa, poiché per la prima volta un pilota aveva concluso la Mille Miglia tenendo una media superiore ai 100 km/h. L’accaduto fece chiaramente scalpore e affascinò Enzo Ferrari,che gli propose di gareggiare al suo fianco nella sua neonata scuderia dotata di vetture Alfa Romeo. Il mantovano accettò e nacque così un proficuo sodalizio.

Abbandonate definitivamente le moto, nel 1931 il lombardo si impose nella Targa Florio, manifestazione ancora mancante nel suo palmares. Diventato ormai uno degli sportivi italiani più popolari in assoluto, nel 1932 ricevette in dono dal poeta Gabriele D’Annunzio una tartaruga d’oro. Il “mantovano volante” ne fece il suo simbolo e portafortuna. Proprio quell’anno, ‘Nivola’ vinse il Gran Premio di Montecarlo e la sua seconda Targa Florio, primeggiando anche nella classifica generale del Campionato Europeo, una sorta di circuito antesignano della Formula 1.

Il 1933, oltre al secondo successo nella Mille Miglia, fu soprattutto l’anno della vittoria alla 24 ore di Le Mans che, ovviamente, non poté essere “ordinaria”. In tandem con il francese Raymond Sommer, Nuvolari costruì un vantaggio di due giri. Tuttavia, l’Alfa Romeo della coppia fu vittima di una perdita di carburante che poté essere fermata solo utilizzando del chewing-gum! Da quel momento il lombardo guidò per la stragrande maggioranza del tempo e, dovendosi fermare ai box più volte per far sistemare la “riparazione” di fortuna, riuscì comunque a tagliare il traguardo in prima posizione, precedendo di un soffio la vettura gemella di Luigi Chinetti e Philippe Varent!

A questo punto, nel panorama delle corse europee, cominciò l’egemonia delle vetture tedesche e il mantovano si ritrovò nuovamente a pilotare auto inferiori. Cercando un mezzo più competitivo, “Nivola” si offrì all’Auto Union. Senza successo, poiché Achille Varzi, già sotto contratto con la casa teutonica e ormai ex amico, pose il suo veto. Nuvolari tornò allora a bussare alla porta di Enzo Ferrari, che però, ritenendosi tradito, inizialmente si rifiutò di riprenderlo con sé. Almeno fino a quando il Drake non venne “persuaso” da Benito Mussolini in persona.

Furono queste le premesse della “Vittoria Impossibile”, quella che ancora oggi viene considerata come una delle più grandi imprese nella storia del motor sport. Nel Gran Premio di Germania, disputato sul tracciato del Nürburgring, il lombardo riuscì a vincere a bordo di un’Alfa Romeo P3, il cui motore era di oltre 100 cavalli meno potente rispetto a quello delle Mercedes W25 e dalle Auto Union B! Peraltro, il mantovano si affermò al termine di una rimonta inconcepibile. L’oceanica folla di 300.000 persone applaudì in estasi il clamoroso successo dell’italiano. I gerarchi del Terzo Reich, convinti di assistere a un trionfo delle vetture tedesche, furono invece molto meno entusiasti dell’accaduto. Quel successo rappresenta ancora oggi uno dei più iconici trionfi dell’uomo sulla macchina, perché arrivato proprio nella “tana del lupo” delle vetture più competitive dell’epoca, battute solo dal talento di quello che, proprio un tedesco, arrivò a definire “il più grande pilota del passato, del presente e del futuro”.

L’Europa e il mondo vennero ben presto sconvolti dalla seconda guerra mondiale, ma una volta terminato il conflitto, Nuvolari ricominciò a gareggiare, a dispetto dell’età e del fisico ormai debilitato. È proprio del 1946 la celebre foto del mantovano che sventola il volante della sua vettura, rimastogli in mano durante la Coppa Brezzi. Nonostante l’inconveniente rifiutò di ritirarsi, guidando per un giro usando solo i monconi della staffa a cui il volante era fissato, prima di fermarsi per effettuare le riparazioni del caso. Concluse tredicesimo, ma l’episodio entrò immediatamente nell’immaginario collettivo.

Il canto del cigno fu la Mille Miglia del 1948. Il mantovano aveva 56 anni, ma al volante di una Ferrari cominciò a tenere un ritmo forsennato, costruendo un vantaggio enorme su tutti gli avversari. Purtroppo la macchina cominciò letteralmente a perdere i pezzi (prima il cofano motore, poi un parafango, quindi gli attacchi dei sedili) prima del cedimento definitivo nei pressi di Reggio Emilia, quando era ancora in testa.

La vita di Tazio Nuvolari finì la mattina dell’11 agosto 1953, a 60 anni, a causa del secondo ictus subito nel giro di pochi mesi. Il suo funerale fu un evento di massa, poiché vi parteciparono decine di migliaia di persone. Enzo Ferrari successivamente disse: “Non appena mi giunse notizia della sua fine partii per Mantova. Nella fretta mi persi in un dedalo di strade sconosciute della città. Scesi di macchina, chiesi a un negozio di stagnino la via per villa Nuvolari. Ne uscì un anziano operaio, che prima di rispondermi fece un giro intorno alla macchina, per leggere la targa. Capì, mi prese una mano e la strinse con calore. ‘Grazie di essere venuto’, bisbigliò commosso, ‘come quello là non ne nasceranno più’”.

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paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: Wikipedia, pubblico dominio

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