Canoa
L’Italia è grande: Josefa Idem, la tedesca dal cuore azzurro che rese grande la canoa tricolore
Wurstel e piadina, schuhplattler e liscio: Sefi Idem è l’anello di congiunzione, sportivamente parlando, tra Germania e Italia. Una carriera infinita, con otto partecipazioni olimpiche, 38 medaglie internazionali, innumerevoli soddisfazioni e tanta sofferenza per ottenerla, una volta passata dalla fredda Germania alle rive dell’Adriatico dopo aver sposato Guglielmo Guerrini, professore di educazione fisica, allenatore di pallavolo di buon livello, di Santerno in provincia di Ravenna, dove dal 1990 la campionessa di origine tedesca ha fatto base.
Josefa Idem ha iniziato l’attività di canoista nella natia Germania, all’età di 11 anni e a 20 anni ha partecipato alla sua prima Olimpiade, a Los Angeles, conquistando quella che per molto tempo è stata la sua unica medaglia a Cinque Cerchi, un bronzo nel K2 500, in coppia con Barbara Schüttpelz. L’anno successivo passa al K1 e dal 1985 al 1987 è sempre presente alle finali mondiali, conquistando al massimo un quinto posto. Alle Olimpiadi di Seul del 1988 chiude nona nel K1 500 e quinta con la squadra tedesca di K4 500. Pochi giorni dopo si trasferisce in Italia e si affida a Guglielmo Guerrini, che diventerà suo marito l’anno successivo, con tanto di cambio di nazionalità della atleta di Goch.
Nello stesso anno vince il suo primo titolo iridato nel K1 500, oltre al bronzo nei 5000, di cui diventa campionessa del mondo nel 1991, con bronzo nel K1 500. L’esordio da azzurra ai Giochi Olimpici è però deludente: a Barcellona Sefi Idem è fra le grandi favorite della vigilia ma in gara qualcosa non funziona e arriva solo un quarto posto alle spalle della fuoriclasse tedesca Fischer, all’ungherese Koban e alla sorprendente polacca Dylewska, che la batte per soli 4 decimi.
La carriera di Josefa Idem subisce un breve stop nel 1995 con la nascita del figlio Janek ma quello che sembrerebbe un freno alla crescita agonistica della canoista romagnola, è invece la spinta verso una seconda parte di cammino travolgente. Pochi mesi dopo aver dato alla luce il primogenito, la canoista azzurra è già in gara ai Mondiali di Duisbuirg dove chiude al quinto posto. Riesce a preparare al meglio i Giochi Olimpici di Atlanta ma in finale la ungherese Koban si conferma ostacolo insormontabile per l’italiana, che viene battuta anche dalla canadese Brunet ma, a dodici anni di distanza, torna sul podio a Cinque Cerchi partecipando alla grande festa della canoa italiana e conquistando la terza piazza e un bronzo che solo apparentemente è un punto d’arrivo, ma in realtà è un trampolino di lancio.
L’anno successivo sale per la seconda volta sul gradino più alto del podio iridato e non scende nel due anni successivi. A Sydney si presenta nella miglior forma possibile, conquista la finale e nell’ultima giornata di gare rischia di non scendere in acqua. C’è vento forte sul lago che ospita le ultime finali di canoa, l’acqua è increspata e il rischio che qualche barca si ribalti è elevato. Le gare vengono rinviate più volte, la notte italiana è lunghissima per i tifosi che aspettano la finale che potrebbe consacrare Josefa Idem a sedici anni dalla sua prima medaglia olimpica. Alla fine si gareggia, non certo nelle condizioni ottimali. La prima parte di gara vede la canadese Brunet prendere il comando delle operazioni ma dai 250 metri in poi Sefi, come la chiamano tutti a Santerno, cambia marcia, piazza la rimonta vincente e si impone con mezza imbarcazione di vantaggio. A festeggiare, a riva, tutta la famiglia: Guglielmo e Janek, che ormai è abitato a viaggiare con la mamma in camper a tutte le gare.
Un’abitudine che tocca dal 2003 anche a Jonas, il secondogenito di casa Guerrini. Neppure la sua nascita ferma la mamma, ormai 39enne ma sempre sul podio mondiale ed europeo nelle stagioni precedenti, dalla sua caccia alla gloria olimpica. Un anno dopo la nascita del secondo figlio, Sefi Idem è al via della finale a Cinque Cerchi del K1 500. L’avversaria da battere è una figlia d’arte, Natalia Janic, ungherese di origine serba: il papà Milan è stato argento alle Olimpiadi Los Angeles del 1984. Janic parte forte e arriva fortissimo: Josefa Idem si deve accontentare di un argento che per lei, con famiglia al seguito, vale oro. L’avventura continua.
La canoista ravennate non si ferma, punta la settima Olimpiade a Pechino, centellina le energie perché 44 anni si sentono, anche se il fisico possente di Josefa Idem è più forte anche dei carichi di lavoro a cui la sottopone il marito-allenatore. La solita clausura preolimpica le permette di arrivare ancora una volta in grande condizione all’appuntamento più importante e in Cina Sefi Idem disputa una delle gare più belle della sua carriera, ingaggiando una battaglia sul filo dei millimetri con l’ucraina Inna Osypenko-Radomska che riesce a spuntarla per 4 millesimi. Quella che per tutti sarebbe stata una sconfitta bruciante, difficile da accettare, viene accolta ancora una volta con il sorriso sulle labbra da Sefi Idem, che sembra arrivata alla conclusione di una carriera fantastica. Già, sembra. Perché tra un impegno politico e l’altro (dopo l’impegno di assessore allo sport a Ravenna, dal 2009 l’azzurra diventa responsabile regionale dello sport per il PD) Josefa Idem si prepara ad entrare nella leggenda e, a 48 anni, accetta l’ottava e ultima sfida olimpica partecipando a Londra 2012.
In semifinale Idem strabilia vincendo e conquistando l’ennesima finale della carriera nel K1 500, mentre in finale la fatica e l’età presentano il conto: è comunque splendida quinta, con rimonta finale nei confronti di atlete che potrebbero essere ampiamente sue figlie. Chiude in 1’53’’223, a tre decimi dal podio. Vince l’ungherese Danuta Kozak, argento all’ucraina Inna Osypenko, bronzo alla sudafricana Bridgitte Hartley.
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Foto LaPresse