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Sci di fondo
L’Italia è grande: la Coppa del Mondo di Gabriella Paruzzi e la strenua difesa da una giovane Marit Bjørgen
La stagione 2019-2020 si è conclusa con ben due azzurre capaci di conquistare la Sfera di cristallo assoluta nella propria disciplina. I successi di Federica Brignone nello sci alpino e Dorothea Wierer nel biathlon sono entrambi stati, a loro modo, storici. Proprio l’affermazione della ventinovenne altoatesina ricorda, per connotati, quella dell’ultima italiana capace di vincere la Coppa del Mondo di sci di fondo. Parliamo di Gabriella Paruzzi, trionfatrice nella classifica generale dell’inverno 2003-2004.
Nel fondo femminile, quella stagione si presenta come un autentico “anno zero”. Infatti pochi mesi prima la norvegese Bente Skari Martinsen, dominatrice assoluta della disciplina, ha inaspettatamente appeso gli sci al chiodo appena trentenne. Il suo improvviso addio genera quindi un vuoto di potere al vertice del circuito. La favorita per succedere sul trono vacante appare l’estone Kristina Smigun, la quale, senza l’ingombrante presenza della scandinava, sembra destinata a consacrarsi anche a livello di classifica generale dopo aver conquistato la prima medaglia d’oro della carriera in un grande evento ai Mondiali della Val di Fiemme. La principale alternativa alla baltica viene considerata l’azzurra Gabriella Paruzzi, terza nella graduatoria assoluta del 2002-2003. Invece, potenziali candidate alla conquista della Sfera di cristallo quali la ceca Katerina Neumannova e la russa Julia Tchepalova, sono fuorigioco in quanto ambedue reduci da una pausa maternità. Entrambe hanno infatti annunciato un impegno part-time. Infine, la ventitreenne tedesca Evi Sachenbacher viene ritenuta un’outsider, essendo ancora giovane e acerba rispetto ad avversarie ben più esperte. Nessuno si fila la sua coetanea norvegese Marit Bjørgen, additata come una specialista delle sprint…
È proprio una sprint a tenere a battesimo la stagione, quella cittadina di Düsseldorf, all’epoca posizionata addirittura a fine ottobre. In questa competizione sui generis, è proprio Paruzzi a trionfare, indossando per la prima volta in carriera il pettorale giallo. Dopo questo vero e proprio prologo, la Coppa del Mondo si ferma per un mese, ricominciando a fine novembre. Alla ripresa delle ostilità sono la già citata Smigun e l’ucraina Valentina Shevchenko a fare la voce grossa, spartendosi i successi nelle cinque gare che vanno in scena tra Beitostølen, Kuusamo, Dobbiaco e Davos. Non a caso, la leadership in classifica generale viene presa proprio da Shevchenko, con 400 punti, quattro in più di Smigun (396). Paruzzi, però, è un martello. Quarta, sesta, quinta, quarta, terza. Questi i suoi piazzamenti nelle cinque prove dominate dalle atlete dell’Est. Risultati che le consentono di restare a contatto (345) nella graduatoria assoluta.
Segue la sprint infrasettimanale della Val di Fiemme, dove Bjørgen ottiene la prima vittoria stagionale e dove l’azzurra si classifica decima. Dopodiché, a Ramsau, la friulana si piazza terza nella 10 km, ma è costretta al ritiro nello skiathlon del giorno dopo a causa di problemi di materiali. Nel weekend austriaco, Smigun e Shevchenko fanno incetta di punti. Dunque, si va alla pausa natalizia con l’estone a quota 576 e l’ucraina a 540, mentre l’italiana insegue a 431. La lotta è comunque ancora aperta, perché Gabriella – a differenza di chi la precede in classifica generale – partecipa anche alle prove sprint e, di conseguenza, ha più opportunità di marcare punti.
Si riprende a gennaio. Tra Falun, Otepää e Nove Mesto Smigun, pur senza vincere, si tiene sempre in quota. Paruzzi, invece, si impone nella 10 km in alternato tenuta in Repubblica Ceca, mentre per Shevchenko i risultati di altissimo profilo latitano. Pertanto, l’estone si trova ad avere 775 punti, l’italiana 651 e l’ucraina 608. Intanto Bjørgen vince praticamente tutte le sprint che vanno in scena, raccogliendo risultati di peso anche altrove. Per il momento è, comunque, ancora staccata in classifica generale.
Siamo al giro di boa di una stagione che, eccezionalmente, prevede nel calendario di Coppa del Mondo anche la Marcialonga. Smigun decide però di non parteciparvi, ritenendo una prova di 70 km troppo dispendiosa. Paruzzi e Shevchenko sono, invece, regolarmente al via. Quel 25 gennaio 2004, Gabriella si rende protagonista di una performance monstre, degna di quelle a cui negli ultimi anni ci ha abituati Therese Johaug. La friulana corre da padrona, impone il suo ritmo e nessuna avversaria è in grado di tenere le sue code. Taglia il traguardo in trionfo dopo tre ore e mezza, precedendo Shevchenko, seconda, di oltre due minuti!
Il massimo circuito si prende un weekend di pausa per lasciare spazio ai Campionati nazionali e, quando riparte a febbraio, qualcosa è cambiato. Smigun non è più la stessa. Arranca, fatica a incidere, si sente sempre più stanca. Tra La Clusaz, Oberstdorf e Stoccolma raccoglie briciole. Le due inseguitrici non salgono mai sul podio, ma grazie ad alcuni piazzamenti rosicchiano comunque terreno. Il 21 febbraio, nella 10 km di Umea, Paruzzi conclude quarta, mentre la baltica non va oltre la diciottesima piazza. È il sorpasso! Gabriella riconquista il pettorale giallo, con 35 punti di vantaggio sull’estone e 50 sull’ucraina. Peraltro, né l’una né l’altra avversaria partecipano alle due sprint infrasettimanali di Trondheim e Drammen, che vengono dominate in lungo e in largo da Bjørgen e, nelle quali, l’azzurra raggiunge per due volte la Finale B, raccogliendo un sesto e un settimo posto.
In casa Italia si inizia a percepire profumo d’impresa. Quando mancano cinque gare al termine della stagione, Paruzzi ha 41 punti di margine su Bjørgen, 111 su Smigun, declinante, e 126 su Shevchenko. A questo punto la baltica scopre di essere stata debilitata da un virus e si chiama fuori dalla contesa. Per Gabriella, il pericolo principale diventa Bjørgen, che pochi mesi prima quasi nessuno si filava. La norvegese fa paura, perché restano da disputare tre competizioni distance e due sprint. In quest’ultimo format, la giovane scandinava ha dimostrato di non avere rivali, scoprendosi al contempo competitiva anche nelle prove contro il tempo.
Il 28 febbraio va in scena la 30 km di Oslo, dove l’azzurra è obbligata a guadagnare terreno. Lo fa, piazzandosi sesta, mentre la rivale è diciannovesima. Il weekend successivo di Lahti si rivela, assieme alla Marcialonga, uno dei due momenti di svolta della stagione. Venerdì, nella sprint, Bjørgen domina come da copione, ma Paruzzi limita i danni conquistando un secondo posto che vale oro. Due giorni dopo, Gabriella assesta una poderosa spallata, raccogliendo la piazza d’onore anche nella 10 km in cui Marit, invece, non va oltre la ventiduesima posizione. È quasi fatta, perché a due gare dal termine il vantaggio è di 120 punti.
La norvegese tiene teoricamente aperta la contesa primeggiando anche nella sprint di Pragelato, dove l’italiana ottiene il quinto posto. Però, nella 15 km conclusiva, Bjørgen non è mai un fattore. Così lo sci di fondo azzurro può festeggiare la terza Coppa del Mondo della sua storia, che fa seguito a quelle vinte da Manuela Di Centa negli anni ’90.
Con il senno di poi, la Sfera di cristallo conquistata da Gabriella Paruzzi ricorda molto da vicino quella arpionata da Dorothea Wierer in questo inverno. Sì, perché proprio come la connazionale Tiril Eckhoff negli ultimi mesi, 16 anni fa Bjørgen vinse molte più gare (7, contro le 3 della friulana). Però l’italiana, proprio come Wierer, fu decisamente più costante, raccogliendo la bellezza di 20 piazzamenti nella top-ten su 25 gare! Insomma, un successo costruito sulla solidità di rendimento e sulla completezza, poiché l’azzurra marcò punti in ogni format e in ogni tecnica, a discapito degli exploit della rivale più pericolosa.
Gabry, peraltro, stabilì un record. Infatti diventò, a 34 anni e 8 mesi, la fondista più anziana a vincere la Coppa del Mondo. Un primato poi strappatole, ironia della sorte, proprio da Marit Bjørgen nel 2014-2015.
Quella Sfera di cristallo di Paruzzi, l’ultima ottenuta da un’italiana nello sci di fondo, rappresenta l’apoteosi di un’atleta tutt’altro che precoce, la quale seppe migliorare progressivamente, salendo costantemente di livello grazie al duro lavoro. Testimonianza del fatto che, aspettando l’occasione propizia e soprattutto mettendosi in condizione di poterla sfruttare, abnegazione, fatica e ambizione possono essere lautamente ricompensate.
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Foto: La Presse