Pallavolo

L’Italia è grande: la Nazionale femminile campione del mondo di volley nel 2002. Togut il totem di una squadra gloriosa

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Ci sono date epocali per le varie discipline sportive del nostro paese. Per la pallavolo femminile, ad esempio, esiste un prima e un dopo rispetto al 15 settembre 2002, giorno in cui la Nazionale guidata in  panchina da Marco Bonitta e composta da Simona Rinieri, Elisa Togut, Manuela Leggeri, Sara Anzanello, Paola Paggi, Darina Mifkova, Francesca Piccinini, Rachele Sangiuliano, Eleonora Lo Bianco, Valentina Borrelli, Anna Vania Mello e Paola Cardullo riuscì a salire sul trono iridato battendo nella finale del Mondiale tedesco gli Stati Uniti con il punteggio di 3-2. Era la fine di una splendida cavalcata e, al tempo stesso, l’inizio di una nuova era che negli anni successivi vedrà l’Italia protagonista ad altissimi livelli come poche volte era successo in precedenza, con la sola eccezione dei Giochi Olimpici, il cui podio resta tuttora un tabu per la squadra azzurra, da abbattere, si spera nel 2020, ai Giochi di Tokyo.

Nulla accade per caso, tantomeno la vittoria in un Mondiale, l’obiettivo principale di metà quadriennio per tutte le Nazionali di riferimento del movimento femminile. Il titolo iridato azzurro arriva al termine di un percorso, forse più veloce di quello che si poteva sperare, che ha radici ben fondate. Un progetto che fonda le basi e le radici su quanto accadde una decina di anni prima in campo maschile. Basi dell’epopea della Nazionale azzurra maschile gettate da un vate del volley come Alexander Skiba, raccolte magistralmente da Julio Velasco e tre cicli mondiali vincenti per la Nazionale maschile (l’ultimo con il brasiliano Bebeto in panchina).

In campo femminile le carte si mescolano ma il risultato arriva lo stesso: nel 1997, all’indomani della delusione per l’argento olimpico di Atlanta, Julio Velasco lascia la guida della Nazionale maschile e si trasferisce armi e bagagli con il fidato Angiolino Frigoni, alla guida del movimento femminile, imposta il progetto Club Italia che dura e dà frutti ancora oggi, a 23 anni di distanza, innalza il livello tecnico di una squadra azzurra che fino a quel momento poteva vantare una sola medaglia internazionale, il terzo posto conquistato nel 1989 in Germania dalle azzurre allenate da Sergio Guerra in piena epopea della Teodora Ravenna targata Manu Benelli. Nel 1998 l’Italia di Velasco chiude al quinto posto l’avventura Mondiale in Giappone, cedendo nelle gare decisive prima alle campionesse olimpiche di Cuba e poi alle cinesi (dopo aver battuto Usa e Bulgaria, non due squadre qualunque in quel periodo). Nel girone per il quinto posto i netti successi con Olanda e Croazia valgono il miglior piazzamento della storia per la Nazionale azzurra.

Velasco lascia l’incarico al suo vice Angiolino Frigoni che conferma la validità del lavoro che si sta svolgendo un anno dopo conquistando il secondo bronzo della storia della Nazionale azzurra agli Europei in casa a Roma, non senza un pizzico di rammarico per la sconfitta in semifinale contro la Croazia. Nel frattempo la Nazionale azzurra si giova dei primi innesti dal progetto Club Italia, inserendo neppure tanto gradualmente atlete del calibro di Simona Rinieri, Elisa Togut, Anna Vania Mello ed Eleonora Lo Bianco, che marchieranno a fuoco il futuro della Nazionale azzurra.

Non sono tutte rose e fiori, però, nella marcia di avvicinamento a Berlino 2002 perchè le azzurre disputano una deludente Olimpiade a Sydney, la prima della loro storia: l’attesa è grande ma la squadra di Frigoni, oltre che a Cuba e Russia (che poi si giocheranno l’oro in finale) si devono inchinare anche a Corea del Sud e Germania (squadre ampiamente alla loro portata) e si devono accontentare della nona piazza che, di fatto, costa il posto al tecnico Frigoni. E, a questo punto, il cerchio si chiude perché ad allenare l’Italia arriva un altro ravennate dopo Sergio Guerra, Marco Bonitta, che al timone di Bergamo ha vinto (due volte) tutto quello che si poteva vincere nelle ultime stagioni ma che soprattutto deve il suo successo agli insegnamenti di… Alexander Skiba che, dopo l’avventura azzurra che gli permise di impostare il lavoro sulla “Generazione di Fenomeni” fu ingaggiato da Il Messaggero Ravenna per occuparsi di un settore giovanile che “sfornerà” campioni del calibro di Bovolenta e Rosalba, tanto per fare due nomi. Marco Bonitta è l’allenatore, vincente, della Under 18 ravennate e della squadra che fa incetta di titoli nella neonata Junior League, assimila gli insegnamenti del tecnico polacco e li mette in atto con grande efficacia.

Il primo test, per la Nazionale di Bonitta, è l’Europeo in Bulgaria che viene affrontato con un organico che poco si discosta da quello, tutt’altro che “attempato”, che aveva affrontato l’Olimpiade australiana. Le azzurre vincono il girone preliminare, battendo Ucraina, Polonia, Croazia, Germania e Olanda (unico successo al tie break) e conquistando così l’accesso alle semifinali, scoglio fino a quel momento insormontabile per la Nazionale azzurra. Stavolta però l’Italia non si ferma e rifila un secco 3-0 alle padrone di casa della Bulgaria guidate da una vecchia conoscenza di Marco Bonitta, Antonina Zetova, il cui strapotere offensivo viene limitato al massimo da un’Italia che scopre le potenzialità di Francesca Piccinini, di cui sentirà parlare ancora a lungo. In finale le azzurre impegnano per cinque set la Russia che, strigliata dal Generale Karpol, impone ancora una volta la sua legge vincendo 15-6 un tie break che non rende giustizia alla squadra italiana che esce comunque rafforzatissima da questa manifestazione che porta il primo argento della storia.

La marcia di avvicinamento a Germania 2002 è tutt’altro che priva di intoppi per la Nazionale azzurra. Marco Bonitta non è certo conosciuto per essere un tecnico conservativo e amante dei compromessi e non ha paura delle scelte impopolari: per lui è arrivato il momento di consegnare le chiavi della regia azzurra ad Eleonora Lo Bianco e non può esserci certo l’ombra ingombrante di Maurizia Cacciatori alle spalle della giovane alzatrice di Borgomanero ed ecco, dunque, la decisione più difficile: non convocare la palleggiatrice toscana per il Mondiale tedesco. Le polemiche montano ma la strada è intrapresa e l’alzatrice da affiancare a Lo Bianco è Rachele Sangiuliano. Per il resto, rispetto all’anno prima, Bonitta chiama la giovane centrale Sara Anzanello e la schiacciatrice Valentina Borrelli a sostituire Beccaria e Croatto, aggiungendo, come da regolamento, la novità del libero per cui si affida alla scattante Paola Cardullo.

Nella prima fase, una sorta di “riscaldamento” per le big del primo Mondiale a 24 squadre della storia, l’Italia è inserita nel Gruppo A assieme alle padroni di casa della Germania, Bulgaria, Giappone, Repubblica Ceca e Messico. Cinque partite e altrettante vittorie per una squadra azzurra che sembra crescere a vista d’occhio ma, come era capitato altre volte, rischia di fermarsi sul più bello, nel secondo turno. Vengono formati tre gironi da quattro squadre: vanno ai quarti le prime due classificati più le due migliori seconde e all’Italia capitano Cuba, Russia e Grecia.

Contro le russe si ripete il risultato dell’anno prima alla finale degli Europei con la squadra di Karpol che si impone 3-2 con una prova monstre della “gigante” Gamova, contro le campionesse olimpiche di Cuba l’Italia si inchina con il punteggio di 3-1 ma i parziali dicono chiaramente che le azzurre non sono lontane dalle super favorite. L’Italia si sbarazza come da programma della Grecia in tre set e pesca una delle due carte per il ripescaggio ai quarti, dove si trova di fronte la Corea del Sud che aveva vinto il girone del secondo turno battendo a sorpresa la Cina.

Delle “magnifiche otto” la Corea del Sud è sicuramente una delle rivali più abbordabili e l’Italia approfitta della situazione favorevole vincendo il suo quarto di finale con un secco 3-0 (25-20, 25-22, 25-19) che mette in evidenza la condizione straordinaria del suo opposto, Elisa Togut che, in tre set, mette a segno 17 punti (13 attacchi vincenti e 4 muri) facendo ben sperare per le sfide successive. Goriziana, classe 1978, Elisa Togut viene lanciata nel grande volley da Modena nel 1995. L’esperienza al Club Italia e i due anni di Vicenza con tante convocazioni in azzurro e le due medaglie europee (ma anche la delusione olimpica) forgiano il suo carattere e anche la sua tecnica offensiva che si sprigiona, non solo in termini di potenza, nella fase finale del Mondiale 2002.

Il 13 settembre 2002 l’Italia affronta la sua prima semifinale mondiale della storia e l’avversaria è la Cina che ha appena eliminato il Brasile nei quarti. Nell’altra semifinale si affrontano la Russia, che aveva avuto vita facile contro la Bulgaria, e gli Stati Uniti che avevano letteralmente demolito le campionesse olimpiche di Cuba ai quarti. L’Italia gioca un match al limite della perfezione e Leo Lo Bianco capisce ben presto che Elisa Togut ha lo “special acceso” servendola con grande frequenza e precisione: la goriziana non tradisce la fiducia della compagna e, alla fine, conterà 25 attacchi vincenti, 3 muri ed un ace in quattro set. Sono i quattro set (25-21, 25-20, 21-25, 25-23) che consegnano la finale alle azzurre di Marco Bonitta, mentre dall’altra parte, con lo stesso punteggio di 3-1, gli Usa battono la Russia e conquistano la loro seconda finale iridata dopo quella persa con il Giappone nel 1967.

Il 15 settembre 2002 Italia e Stati Uniti scendono in campo alla Max Schmeling Halle con una certezza: che chiunque vinca porterà alla sua nazione il primo titolo iridato della storia. L’Italia parte contratta, sembra la lontana parente della squadra che due giorni prima ha triturato le cinesi e gli Usa si aggiudicano senza troppi problemi il primo set con il punteggio di 25-18. Nel secondo parziale, però le azzurre cambiano marcia. Togut torna l’opposto devastante delle due gare precedenti, Piccinini e Mello iniziano a martellare le statunitensi con giocate efficaci e l’Italia si impone nei due set successivi con punteggi eloquenti sul suo suo dominio: 25-18 e 25-16. Le statunitensi non mollano e, aggiudicandosi il set più combattuto dell’incontro con il punteggio di 25-22, trascinano le azzurre al tie break.

Ci si gioca tutto in pochi minuti: Lo Bianco in regia, Togut opposta, Leggeri e Anzanello al centro, Piccinini e Mello in banda. Si procede sui binari dell’equilibrio fino al 9-9, poi Togut prende per mano le azzurre e con tre attacchi consecutivi le porta sul 12-9. L’ultimo sussulto degli Usa (13-11) arriva con un pallone out messo da Sangiuliano dopo una grande difesa azzurra. Due pipe di Togut mandano l’Italia sul tetto del mondo: le azzurre vincono 15-11 e scrivono una pagina indelebile della storia del volley azzurro, il primo e finora unico alloro mondiale. Niente sarà più come prima per la pallavolo femminile italiana che da lì in poi conquisterà un altro argento mondiale, due ori e un bronzo europei, tre argenti e quattro bronzi al World Gran Prix legittimando l’ingresso tra i top team della storia di questa disciplina.

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