Ciclismo
L’Italia è grande: Marco Pantani e la leggenda del Galibier. Quando il Pirata ribaltò il Tour de France e inflisse 9 minuti a Ullrich
L’Italia è grande, una Nazione forte, gloriosa, vincente, che ha fatto la storia dello sport a livello internazionale, una potenza poliedrica invidiata da molti e in grado di trionfare nei contesti più variegati. In questo momento molto difficile per il nostro Paese, alle prese con l’emergenza coronavirus e con lo sport totalmente fermo, in cui c’è bisogno della massima unità, riviviamo alcune delle imprese più belle del nostro passato. Tocca a Marco Pantani e alla leggenda del Galibier.
Pantastique! Il neologismo coniato nell’esaltante pomeriggio di lunedì 27 luglio 1998, quel giorno è rimasto nella storia del Tour de France e del ciclismo in generale. Marco Pantani compì un’impresa fantasmagorica, un numero leggendario, un’invezione degna dell’epopea di Coppi e Bartali, un’azione indimenticabile che a distanza di oltre vent’anni fa ancora parlare di sé con quei toni tipici dell’epos. I transalpini coniarono addirittura una nuova parola per raccontare quanto accaduto durante la 15ma tappa di quella Grande Boucle, una crasi tra il cognome del Pirata e l’aggettivo “fantastique”, il modo perfetto per celebrare un fuoriclasse capace di inventarsi magie dell’altro mondo in grado di scaldare il cuore di tutti gli appassionati.
Il romagnolo aveva vinto il Giro d’Italia poco più di un mese prima e si era presentato al Tour con l’intento di realizzare l’epocale doppietta come i più grandi della storia. L’eroe nazionale, acclamato dalla grande folla e ormai volto iconico anche al di fuori del grande ciclismo, non aveva incominciato bene la sua avventura nella corsa a tappe e dopo 14 frazioni si trovava a oltre tre minuti dallo scatenato Jan Ullrich. Bisognava inventarsi qualcosa per riaprire la corsa e far saltare il banco, i 189 km che portano da Grenoble a Les Deux Alpes sembrano essere perfetti, un inferno di pioggia si è scatenato sul Col du Galibier, il Monte è avvolto da nuvoloni, è un meteo da tregenda, non si vede nulla se non un puntino vestito di rosa che scatta come una molla impazzita quando mancano 4,5 km alla vetta, addirittura 47 km all’arrivo.
Una sparata delle sue, una fiondata micidiale del Pirata, uno di quegli attacchi biblici che lo hanno reso famoso, una rasoiata cosmica consegnata in tempo reale alla storia. Tra freddo, pioggia, vento, a oltre duemila metri, dove osano solo le aquile, Marco Pantani vola e demolisce fisicamente, moralmente e psicologicamente la maglia gialla. Jan Ullrich non riesce a rispondere, il Pirata getta via qualunque remora e incomincia una cavalcata di cui si parlerà ancora per decenni. Pennella le curve in discesa, è tutto solo, solo lui può sostenere un ritmo indiavolato, il tedescone dietro sprofonda, è una lezione di ciclismo, è la Laurea del Pantadattilo: ogni pedalata è un secondo guadagnato sul leader della classifica generale, è un metro in meno verso la gloria che arriva puntuale a Les Deux Alpes. Marco Pantani esulta sul traguardo, alza le braccia al cielo, sa di aver scritto una nuova pagina di ciclismo, avrà il tempo per bersi un tè e sottoporsi a tutte le interviste di rito perché lo stremato e sconfitto Jan Ullrich arriverà al traguardo addirittura 8’57” dopo, un distacco di quasi nove minuti, qualcosa d’altri tempi, roba da bianco e nero.
Il capitano della Mercatone Uno indosserà la maglia gialla con 3’53” su Bobby Julich e non la mollerà più fino a Parigi: sul gradino più alto del podio, sui magici Campi Elisi, salirà quel piccolo fenomeno venuto da Cesenatico, l’ultimo capace di confezionare la doppietta cosmica Giro-Tour nello stesso anno. Dopo aver domato il Galibier in una tormenta d’altri tempi. Oh, tres Pantastique!
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stefano.villa@oasport.it
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Foto: Lapresse