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L’Italia è grande: Massimiliano Rosolino e l’assolo d’oro di Sydney 2000

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Quella di Sydney (Australia), nel 2000, non è stata un’Olimpiade come le altre. Se si dovesse definire un evento che ha cambiato il mondo del nuoto in Italia, la rassegna olimpica nella terra dei canguri non può che essere l’ambiente ideale da cui iniziare a raccontare. Col nuovo millennio, quell’anno sono infatti arrivati tre stratosferici ori olimpici, di cui uno, quello di Massimiliano Rosolino nei 200 misti, veramente di clamoroso impatto emotivo.

Rosolino, napoletano di nascita e di maniere, era un leader, un uomo del popolo. Max era da tutti soprannominato il “cagnaccio”, un lottatore di quelli che, leali e rispettosi, lavora e suda finchè non riesce a prenderti e a batterti. Un uomo del popolo, come detto, capitano vero e in primis difensore dei suoi compagni nelle situazioni complicate, oltre che incontenibile trascinatore di un intero movimento, prima di tutto tra le corsie e il profumo di cloro.

Quando giunge a Sydney, nella terra della mamma Carolyn, il ventiduenne campano non è un ragazzo qualsiasi. Quattro anni prima, appena diciottenne, alle Olimpiadi di Atlanta ha centrato tre finali e tre sesti posti (200 m, 400 m e staffetta 4×200 m stile libero), in un’era in cui il nuoto italiano era anni luce più indietro della splendida realtà di successi che vive da quattro anni a questa parte. Nel quadriennio che l’ha portato nell’emisfero australe Max ha vinto tanto, lottando e sfidandosi con campioni diventati poi leggende, due su tutti l’olandese Pieter van den Hoogenband e la star globale Ian Thorpe.

I suoi avversari, soprattutto nello stile libero, sembrano imbattibili. Max, per una cattiva abitudine tanto cara al nostro Paese, prima dei Giochi è stato anche criticato, lui come tutta la Nazionale. Agli Europei di Helsinki di due mesi prima, in uno stato di forma esagerato, il napoletano ha infatti ottenuto tre ori (200m e 4x200m stile libero e 200m misti), attirandosi contro i giudizi di una schiera di critici che ritenevano completamente sbagliata la sua preparazione. Rosolino però, più che di parole è un uomo di fatti e lascia parlare il suo esordio olimpico australiano.

Entrato in acqua per rompere il ghiaccio in vista della sua gara, i 200 misti, Max sforna un incredibile record europeo e italiano (lo resterà per diciassette lunghi anni, superando l’epoca dei costumoni) nei 400 stile libero, giungendo secondo dietro al padrone di casa Ian Thorpe, primo degli umani. “La gara più bella della mia vita”, dichiarerà ai microfoni dei giornalisti. Qualcosa stava iniziando a prendere forma, il sogno cominciava a delinearsi. Le critiche erano ormai spettri lontani.

I giorni che seguono sono storici per il nuoto italiano: Domenico Fioravanti vincerà due ori (mai nessuno era salito sul gradino più alto del podio ai Giochi nel nuoto azzurro) e in generale la spedizione azzurra stabilirà primati su primati, zittendo tutte le critiche ricevute. Rosolino otterrà anche un bronzo nei 200 stile libero e un quarto posto nella staffetta 4×200 stile.

Il giorno della finale dei 200 misti, la tribuna azzurra a Sydney è tesissima. “Max ha la sua grande occasione“, il pensiero dei tecnici e dei compagni di allenamento. Rosolino, dopo aver migliorato il proprio record italiano, è in finale con il secondo tempo. La sensazione di tutti è che sarà gara a due nelle corsie centrali tra l’azzurro e lo statunitense Tom Dolan e che tutto potrebbe decidersi nello stile libero, terra di caccia di entrambi.

Allo start la tribuna italiana diventa una bolgia, tutti i ragazzi hanno nelle orecchie il tifo che Massimiliano ha fatto loro nei giorni precedenti e vogliono trasmettere quanta più energia possibile al loro capitano, che di grinta e carattere ha da sempre ottenuto i suoi più grandi risultati. Ai 100 metri, dopo le frazioni a delfino e a dorso, Max è leggermente dietro (“Ho provato a fare una gara diversa dalle semifinali“, dirà davanti alle telecamere). L’Italia intera continua però a tifarlo e a credere in lui, non arrendendosi proprio come il campano ha sempre fatto in tutta la sua carriera. Il “cagnaccio” piazza allora una frazione a rana stratosferica che lo riporta alla pari con Dolan: si decide tutto nello stile libero. Massimiliano è una furia, lanciato dalla rimonta inserisce le gambe e se ne va, verso il sogno, verso la gloria. Sarà oro e record olimpico.

A Sydney è l’apoteosi. L’intera piscina esplode in un boato e il ventiduenne in un balzo è fuori dall’acqua. In piedi sul blocchetto: braccia larghe e amore del pubblico a riempirgli il cuore. Poi l’istinto, il solito rispetto che lo porta a stringere immediatamente la mano al suo avversario e la corsa sfrenata verso i suoi compagni di squadra per l’abbraccio liberatorio. Tutti esultano, qualcuno piange.

Massimiliano Rosolino è campione olimpico. L’intera Italia quel giorno canterà un inno tra i più sentiti di sempre, piangendo e facendo omaggio ad un ragazzo che con il sacrificio si è preso tutto ciò che poteva e forse anche qualcosa in più. Massimiliano, da capitano, dopo aver assorbito le critiche, canterà per il suo Paese con la voce che trema, come solo i veri leader sanno fare. Quel giorno, sul podio di Sydney, l’Italia è grande.

michele.giovagnoli@oasport.it

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Foto: Shutterstock

 

 

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