Biathlon

Lukas Hofer, biathlon: “La schiena mi ha condizionato tanto. Bionaz e Giacomel hanno fame e ascoltano i consigli”

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Il carabiniere azzurro Lukas Hofer ci ha raccontato le sue sensazioni al termine di una delle stagioni più difficili per lui. Il 30enne altoatesino è uno degli atleti di spicco del biathlon azzurro e non solo, merito anche dei risultati ottenuti nelle ultime stagioni, ma proprio nell’ultima ha lottato soprattutto con se stesso, per via dei dolori accusati alla schiena fin dalla preparazione, oltre che con un circuito sempre più competitivo, e proprio per questo non è riuscito a confermarsi nella top ten della classifica generale, chiudendo sedicesimo senza conquistare podi. Il vincitore della sprint di Anterselva nel 2014 è riuscito nel Mondiale di casa a conquistare la medaglia d’argento nella staffetta mista di apertura, esprimendosi al meglio nelle gare a squadre rispetto alle prove individuali. Ha chiuso la stagione di Coppa del Mondo con il decimo posto nell’inseguimento di Kontiolahti (Finlandia), che speriamo possa essere di buon preludio in vista della prossima.

Lukas, innanzitutto come stai?

“Purtroppo mi sono beccato una bella influenza al rientro da Kontiolahti, di questi tempi bisogna stare molto attenti. Ho anche una brutta tosse che per fortuna mi sta passando, sono in via di guarigione e l’importante è restare tutti a casa”.

Quanto è stato difficile gareggiare nelle ultime due tappe tra porte chiuse e emergenza coronavirus che dilagava nel Nord Italia?

“Nel momento di pensare a preparare la gara, chiaramente tutta la concentrazione era focalizzata sul lavoro per dare il massimo. Tornati in camera però il primo pensiero era fisso sulle notizie per capire cosa stesse succedendo a casa, tutti i pensieri erano rivolti all’Italia. In particolare è sembrata passare un’eternità da Nove Mesto a Kontiolahti, perchè è stato davvero impressionante. Quando sai che i tuoi amici a casa stanno affrontando questo tipo di situazione vuoi stare loro più vicino possibile pur senza entrare in contatto, per cui non è stato facile perchè volevo far sentire loro che si supera questa situazione tutti insieme”.

Hai chiuso con un ottimo decimo posto l’inseguimento di Kontiolahti. Un po’ particolare perché fisicamente non sei arrivato decimo all’arrivo, ma ti sono stati scontati 48 secondi, ci puoi raccontare cosa è successo nella prima serie dove probabilmente c’è stato un fuoco incrociato, giusto?

“Sì, è stato un incidente al primo poligono, ancora prima di aprire mi sono accorto che si stavano già chiudendo le sagome. Ho subito capito che qualcuno stava sparando sulla mia sagoma, i giudici purtroppo hanno impiegato parecchio tempo per renderci conto della situazione perchè in pochi capivano l’inglese, mi sono trovato addirittura ad urlare per farmi riaprire le sagome. Purtroppo lo sloveno Jakov Fak che era nella piazzola a fianco alla mia ha coperto i miei bersagli ma sono situazioni che capitano nel biathlon, un peccato perchè stavo facendo una bella gara fino al terzo poligono e, seppur virtualmente, mi trovavo nelle prime 6-7 posizioni, ma lottando più con il cronometro che con gli atleti di vertice, senza capire bene in che posizione fossi in quel momento. Fossi stato con loro sul percorso probabilmente sarei riuscito a ottenere un risultato migliore”.

Come valuti complessivamente la tua stagione, che era iniziata con degli ottimi risultati nelle prime tre tappe e che ti ha poi visto emergere nelle prime posizioni solo alla Pokljuka, ma senza mai salire sul podio. Quanto ha influito il dolore accusato alla schiena sull’andamento complessivo?

“Ha influito tantissimo soprattutto la prima fitta che ho accusato a Ramsau durante la preparazione, anche se per fortuna gran parte del lavoro era già stato svolto per arrivare pronto alle prime gare di Coppa del Mondo. Ottobre e novembre sono stati mesi difficili per ritrovare il feeling giusto con le gare, perchè a Sjusjoen ho fatto davvero tanta fatica, ma a Östersund sinceramente non mi aspettavo di stare così bene, temevo di essere più indietro perchè non riuscivo a sfruttare al massimo tutti i piegamenti della schiena. Sugli sci all’inizio non ero al 100%, ma poi mi sono sbloccato sfruttando l’ottimo lavoro svolto durante la preparazione estiva. La condizione ha tenuto fino alla sprint di Annecy Le Grand Bornard, dove ho avuto un’ altra ricaduta. Da quel momento in poi la stagione è stata davvero difficile con tanti alti e bassi a livello di rendimento e di condizione, per di più dopo Capodanno mi sono anche ammalato ma è difficile per noi star bene tutto l’anno. Prima della stagione, sapendo dei miei problemi alla schiena, non mi ero fissato su obiettivi o risultati da ottenere: proprio nel momento in cui sono arrivato in Francia e ho cominciato a credere di poter essere costante e consistente per tutta la stagione in ottica classifica, è arrivata la ricaduta. In Germania ho tribolato molto sul tiro in piedi per lo stesso motivo, con la schiena non avevo chance per poter essere competitivo. Mi sono ripreso a Pokljuka e Anterselva, non sono però riuscito a trovare il picco sugli sci che avrei voluto avere e che spesso ho trovato nelle ultime stagioni, davvero un peccato. Il sedicesimo posto nella generale è un buon risultato ma non sono soddisfatto perchè non sono mai riuscito ad esprimermi al massimo durante la stagione”.

Il momento più bello della tua stagione è arrivato nella staffetta mista durante i Mondiali di Anterselva, sede dei Mondiali di casa? A livello individuale hai fatto delle belle gare ma è mancato proprio il picco di forma come dicevi per ottenere il risultato importante e per essere competitivo con i migliori al mondo.

“Mi mancava sempre quel gradino in più sugli sci per poter competere in un Mondiale e soprattutto in una pista esigente come quella di Anterselva, ero sempre lì per giocarmela poi come spesso capita quando non sei al top sono arrivati 1-2 errori di troppo al poligono e il livello è talmente alto che non puoi permetterteli per giocarti le medaglie: nella staffetta mista ha girato tutto bene ed è importante anche per me personalmente conquistare una medaglia nel Mondiale di casa”.

Questa stagione si è rivelata in campo maschile una battaglia tra Norvegia e Francia, ora dopo il ritiro di Martin Fourcade chi vedi come potenziale rivale di Johannes Boe per la sfera di cristallo? Forse Emilien Jacquelin che è riuscito a batterlo nell’inseguimento iridato di Anterselva?

“Secondo me invece il prossimo sfidante sarà Quentin Fillon Maillet perchè ha trovato una costanza incredibile durante tutta la stagione, sono convinto che se non ci fosse stato quel problema con i materiali nella mass start di Nove Mesto se la sarebbe potuta giocare fino alla fine anche lui. Vediamo se i francesi sapranno confermarsi anche l’anno prossimo a questi livelli”.

Una stagione che si è chiusa con l’addio di due atleti di riferimento per il biathlon come Martin Fourcade e Kaisa Makarainen, un peccato che non abbiano potuto essere celebrati come si deve, in un contesto silenzioso e a porte chiuse come quello di Kontiolahti

“Certo, in condizioni normali poter festeggiare la fine della carriera ad Oslo davanti al pubblico e con un palcoscenico come quello norvegese sarebbe stato molto più bello, però loro sapendo la condizione e il momento dell’ Europa hanno dovuto rivedere i loro piani e capiscono la situazione. La miglior situazione era chiudere così anche se non sono riusciti a trovare l’applauso della premiazione, sicuramente per Fourcade era una scelta meditata perchè in più occasioni aveva dichiarato di voler smettere dopo i Mondiali di Anterselva”.

Dorothea Wierer ha dichiarato che proseguirà la sua carriera solo se verrà confermato lo staff tecnico. Pensi che siano previsti dei cambiamenti tra lo staff da qui a Pechino 2022?

“E’ una bella domanda…ci siamo salutati nell’ultima riunione ma non sappiamo se qualcuno smetterà o cambierà destinazione. Spero veramente di poter continuare con questo gruppo perchè abbiamo costruito davvero un bell’ambiente con il quale si può guardare in avanti, ci sono ancora due anni da qui a Pechino da affrontare per preparare al meglio le Olimpiadi. Non penso che saranno fatte scelte in breve tempo visto anche il momento che stiamo vivendo e che saranno quindi ponderate, sperando che sia il più presto possibile per poter pianificare al meglio la prossima stagione”.

Sei rimasto colpito dei due neo-arrivati classe 2000 Tommaso Giacomel e Didier Bionaz? Hanno subito dichiarato che da capitano stai spiegando loro un sacco di dettagli, non vedevi l’ora di poterti confrontare con questi ragazzi?

“La cosa più importante per me è accogliere i giovani per poterli adattare al nuovo contesto, come è stato anche per Cappellari e Braunhofer. Quando sono entrato io nella squadra A, Christian De Lorenzi mi accompagnò nel nuovo ambiente, a fine anni 2000. Quando sono entrato nell’ambiente di Coppa del Mondo dovevo imparare in fretta come funzionavano le cose e in questo senso Christian fu per me fondamentale ed è stato anche un amico. In un passaggio di testimone virtuale, cerco di aiutarli il più possibile, hanno vent’anni anche loro e sanno come funziona questo sport, però quando hanno bisogno sono disponibile ad aiutarli e dare nuove idee. La scuola di Mirco Romanin e Fabio Cianciana mi piace molto, è simile al lavoro che svolge Zingerle con noi, per cui sono abbastanza preparati per entrare nel nostro gruppo anche in pianta stabile fin dal prossimo anno. Sono stati lanciati nel miglior momento perchè hanno dimostrato di poter essere competitivi anche in Coppa del Mondo, grazie anche ai risultati ottenuti in Ibu Cup, ma il massimo circuito è tutto un altro mondo. Ci sono anni e tante gare in cui competere per crescere la propria esperienza e imparare, ma le doti che hanno dimostrato sia sugli sci che al tiro mi fanno propendere che siano sulla strada giusta, soprattutto sanno dove vogliono arrivare. Per me questo è l’aspetto più importante, hanno fame di vincere ed arrivare ad alti livelli. Mi fa molto piacere quando tengono tesoro dei miei consigli e vedo che li apprezzano. Di testa io e Dominik siamo ancora giovani per cui gli daremo una mano il più possibile, spero che la mia schiena possa reggere per accompagnarli nei prossimi due anni al 100%, però prima vediamo di superare questa pandemia tutti insieme”.

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nicolo.persico@oasport.it

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Foto: Federico Angiolini

 

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