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Nuoto
Nuoto, Massimiliano Rosolino: “Sogno una staffetta con Bortuzzo e Raoul Bova. La 4×200 deve credere alla medaglia olimpica!”
Sono passati quasi vent’anni dall’Olimpiade di Sydney e dall’iconica immagine dell’appena ventiduenne Massimiliano Rosolino in piedi sul blocchetto a gridare al mondo la gioia per il clamoroso successo appena ottenuto. L’ex-nuotatore campano resta tuttavia ancora oggi uno dei personaggi cruciali dell’intero movimento acquatico italiano, per esperienza, competenza e per l’incredibile capacità del fuoriclasse di immedesimarsi nei pensieri di coloro che oggi interpretano un ruolo che per molto tempo è stato suo.
Il campione olimpico si è raccontato ai nostri microfoni e c’è stata occasione di confrontarsi su tantissimi temi: si è parlato di imprese passate, promesse future, Olimpiadi, doping, obiettivi e molto altro, in un dialogo che ha messo in mostra ancor di più l’umiltà e lo spirito critico di uno dei più grandi nuotatori italiani di tutti i tempi.
Partiamo con il tema più discusso del momento: come cambia la quotidianità e l’attività lavorativa di Massimiliano Rosolino con l’avvento del Covid-19?
“La prima cosa che varia è sicuramente l’umore. Per quanto mi piaccia anche stare a casa e non abbia un lavoro fisso sicuramente non poter avere relazioni esterne in questo periodo mi limita parecchio. A livello di quotidianità prima mi dedicavo principalmente alle mie bambine e allo sport, con un paio di viaggi settimanali, soprattutto a Napoli, per meeting ed eventi lavorativi. Inizialmente già rinunciare alla piscina mi sembrava impossibile ma dopo la prima settimana diciamo che mi sto abituando. Quantomeno ora la nostra famiglia riesce a passare più tempo insieme e ciò mi fa sicuramente molto piacere”.
Come avresti vissuto invece questa esperienza nei panni di atleta, se ti fossi trovato nella situazione dei vari Scozzoli, Dotto, Pellegrini?
“Sicuramente, per mia natura, il primo pensiero sarebbe stato la speranza che tutto si potesse risolvere per il meglio. Poi subito dopo mi immaginerei invece già, dopo che le Istituzioni mi avessero dato l’ok, nella mia piscina di Ponticelli con il mio tecnico Riccardo Siniscalco. Pur di nuotare probabilmente mi sarei anche fatto un sacco a pelo. Gli avrei detto: ‘Restiamo qui in quarantena, barrette energetiche e tanta acqua. Proviamoci!’ (ride). Probabilmente avrei accettato lo stop ma mi si sarebbe spezzato il cuore. So quanta fatica c’è dietro un’Olimpiade e, per esperienza personale, quanto un anno possa fare la differenza in termini di risultati. Da un altro punto di vista sono comunque felice che i ragazzi abbiano la possibilità di ri-raggiungere quella maledetta ‘forma olimpica’ nella prossima stagione, riposandosi ora. Di certo il prossimo sarà comunque un anno particolare per tutto ciò che è successo”.
In occasione della tua Olimpiade di Sydney, ottenesti un argento nei 400 stile libero e l’oro nei 200 misti, dimostrando grande eclettismo. Oggi un’impresa del genere sembra essere utopia, come ti spieghi questa evoluzione?
“A livello mondiale grandi come Phelps e Hackett ci sono riusciti, ma di certo sono casi isolati. A livello italiano, escluso Thomas Ceccon in realtà non vedo questo grande eclettismo, forse. Io all’epoca iniziai da dorsista e solo dopo mi specializzai nello stile libero. Quando il mio allenatore mi disse che avrei vinto nei misti lo presi per pazzo. A volte però occorre buttarsi, abbandonare ciò in cui ci si sente più sicuri, la ‘barca figa’. Al tempo ne scelsi una d’acciaio rinunciando a quella in vetroresina (scherza) e mi andò bene”.
Rimanendo nell’ambito dei misti e del mezzofondo, vorrei sapere la tua opinione su due grandi atleti emergenti a livello nazionale di queste discipline come Thomas Ceccon e Stefano Ballo. Come li vedi?
“Ceccon mi piace tantissimo, stra-talentuoso e meravigliosamente eclettico, ha un’acquaticità invidiabile. A volte tuttavia non mi spiego come possa fare meglio nelle rassegne nazionali rispetto a quelle internazionali. Probabilmente prima deve scegliere in cosa specializzarsi per essere competitivo globalmente. Anche se io alla sua età avevo già fatto la finale olimpica, credo che sia uno dei pochi che potrebbe essere favorito dallo slittamento delle Olimpiadi. Su Ballo il discorso è leggermente diverso, è esploso negli ultimi dodici mesi ma lo vedo in grande crescita. Credo che a breve possa passare da outsider a protagonista, glielo auguro”.
Mi collego e, vista la tua immensa esperienza in questo format, colgo l’occasione per chiederti come vedi la 4×200 stile libero maschile italiana a livello globale. Sono da medaglia olimpica?
“Hanno fatto qualcosa di incredibile. Pur senza un leader si sono superati e hanno sognato in grande. Col fatto di non essere nessuno dei quattro sicuri del posto hanno ottenuto risultati che forse in gara individuale non avrebbero raggiunto. Il discorso medaglia è duro, ci sono mille variabili. Bisogna crederci. C’è da sempre questo enigma a livello nazionale con questa staffetta che sia al maschile che al femminile è sempre stata fortissima a livello europeo ma ha fatto fatica ad imporsi globalmente. Si tratta di un format in cui se non sei determinato può accadere di tutto. Loro comunque sono completi e ci credono. Spero possano fare bene perchè se lo meritano”.
Cos’è stata l’Olimpiade per te?
“La cosa più bella del mondo e ciò di cui tutt’ora vado più orgoglioso. Mi carica tutti i giorni. La mia positività, la mia euforia, la mia forza di volontà sono tutte legate a quelle quattro vasche che ho fatto nel modo giusto al momento giusto. Mi ricordo di Atlanta, Sydney, Atene e Pechino. Mi è dispiaciuto un po’ per l’ultima gara in Cina ma il cammino generale è di sicuro l’emozione più grande della mia vita”.
Ti vedi nei panni di allenatore? In caso che atleta ti piacerebbe allenare?
“A dire la verità no. Per quanto avrei sicuramente delle qualità, mi dovrei preparare. Se faccio una cosa sono sempre stato abituato a mettermici in toto e dovrei investirci del tempo. Al momento mi piace ciò a cui mi dedico: il camp estivo, gli stage, le consulenze tecniche, i ruoli da testimonial, il triathlon; sono felice di come investo le mie giornate, è gratificante Certo, mai dire mai. In caso comunque vorrei gente che vuole faticare, credo che il mezzofondo sarebbe il mio pane. Mi piacerebbe allenare i ragazzi della 4×200. Gli direi: ‘Ragazzi chiudiamoci in casa per quattro anni e facciamo vedere a tutti chi siamo’ “.
Negli ultimi mesi ci sono state due vicende riguardanti lo stesso tema con esiti del tutto opposti. Come hai vissuto la questione doping e l’evolversi opposto dei casi di Filippo Magnini e Sun Yang?
“Filippo purtroppo negli ultimi tre anni ha vissuto uno stress che non augurerei a nessuno. Fin dall’inizio è stato super determinato ma a volte ha fatto anche troppo rumore. Io stesso gli ho consigliato di lasciar lavorare chi di dovere e non alzare polveroni di cui i media sono sempre alla ricerca. Si è potuto permettere di fare ricorsi su ricorsi ed è fortunatamente riuscito ad ottenere giustizia, uno dei pochi. Per quanto riguarda Sun Yang non mi sono mai preoccupato troppo di lui, ho dato la priorità a Filippo. Non è probabilmente l’atleta che vorrei nella mia Nazionale ma forse anche i suoi otto anni potrebbero essere eccessivi. Vedremo come andrà a finire. Mi è dispiaciuto sentire i fischi e le polemiche durante le sue gare perchè credo che quando si salga sul blocchetto tutto debba essere lasciato da parte. Preferisco comunque atleti anche meno bravi ma che mettano al primo posto la serietà e il rispetto piuttosto che questi cavalli pazzi”.
Chiudiamo con l’ennesimo sogno sportivo e non solo che potresti regalare all’Italia con la famosa staffetta master con Filippo Magnini e Raoul Bova.
“Al momento siamo a secco (ride). Chi lo sa… Ci eravamo dati come obiettivo luglio ma ora tutto torna in ballo. Il capo della spedizione è Raoul Bova. Filippo l’ultima volta che ci siamo sentiti era ancora sulla sua altalena ma ora dovrebbe aver ritrovato serenità. Il sogno poi sarebbe anche inserire Manuel Bortuzzo, se avrà voglia di nuotare. Ci proveremo”.
michele.giovagnoli@oasport.it
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