Sci di fondo
“Per rilanciare il fondo italiano serve il ‘Papa straniero’, qualcuno esterno al sistema” L’Ululato del Bubo con Fulvio Valbusa
La chiusura anticipata della stagione di sci di fondo comporta anche la conclusione de “L’ululato del Bubo”, la rubrica di approfondimento e analisi tenuta in compagnia del campione olimpico di Torino 2006 Fulvio Valbusa. Nella XV, e ultima, puntata si tirano le somme dell’inverno, sia in ambito internazionale che italiano, ragionando su quale possa essere la soluzione migliore per risollevare lo sci di fondo azzurro, reduce da un’annata opaca.
Bubo, vorrei innanzitutto chiederti come la pensi riguardo il modo in cui è finita la stagione. La titubanza nel cancellare le gare di Quebec City ha rappresentato una sterile pantomima quando, visto il precipitare della situazione, era evidente come la soluzione migliore fosse chiudere baracca e burattini. Almeno, io la vedo in questo modo. Dimmi la tua.
“Permettimi di essere franco, credo che la Fis non abbia fatto una grande figura negli ultimi giorni. Già annunciare di non aver scritto bene le regole riguardo allo Sprint Tour ha rappresentato una figuraccia. Se poi pensiamo a quanto accaduto a Quebec City, allora l’immagine non migliora. La decisione della Norvegia di dire basta, evitando di volare oltreoceano, avrebbe dovuto far riflettere. Nel momento in cui anche Svezia e Finlandia hanno chiesto di chiudere la stagione, allora si sarebbe dovuto capire che non era proprio il caso di gareggiare. Invece, si è voluto negare l’evidenza ed è stato necessario che anche Germania, Stati Uniti e addirittura il Canada padrone di casa si ritirassero dall’evento per metterlo seriamente in discussione. La cancellazione è arrivata pochi minuti dopo il ritiro anche dell’Italia, quando ormai era evidente come si stesse rasentando il ridicolo. Capisco che ci possano essere esigenze televisive e di sponsor, ma di fronte alla salute e al sentimento comune, questi dovrebbero finire in secondo piano. Per fortuna le varie federazioni nazionali si sono messe di traverso, impedendo lo svolgimento di competizioni che sarebbero state completamente fuori luogo”.
Guardiamo allora a quanto accaduto durante l’inverno. Ti chiedo una tua summa dell’intera stagione. Partiamo dagli uomini, dove abbiamo assistito alla seconda puntata dell’entusiasmante duello tra Klæbo e Bolshunov. A differenza dell’anno scorso, però, ha vinto il russo.
“È stata davvero una lotta tra titani. Personalmente ho dato a lungo il norvegese favorito, ma alla fine l’ha spuntata il russo, che è riuscito a girare la contesa dalla sua parte durante il mese di gennaio. Prima vincendo il Tour de Ski, quasi a sorpresa per il modo in cui è arrivato il successo, per poi allungare sempre di più. L’infortunio di Klæbo a mio modo di vedere non ha influito sull’esito della sfida, Bolshunov è stato comunque più forte, come testimoniato anche dalla vittoria nella 50 km di Holmenkollen. Quindi, giusto che la Coppa sia andata in Russia. Ti dirò di più, quanto accaduto fa bene a tutto lo sci di fondo. Primo, perché si contiene un po’ lo strapotere della Norvegia, secondo perché è sempre bello avere alternanza al vertice e, in questo modo, si crea una rivalità tra due coetanei che potranno regalarci tante sfide epiche negli anni a venire”.
Passiamo alle donne, dove Therese Johaug ha sbaragliato la concorrenza.
“È andata come tutti ci aspettavamo sin dall’autunno. Theresina ha fatto il bello e il cattivo tempo, portandosi a casa a mani basse la terza Sfera di cristallo della carriera con tanto di 20, dico VENTI, vittorie nell’arco dell’inverno. Semplicemente devastante. Dietro di lei, i nomi sono i soliti. In particolare mi ha fatto piacere ritrovare Heidi Weng ad altissimo livello. Inoltre, vorrei sottolineare l’impatto avuto da Linn Svahn con il massimo circuito. All’esordio assoluto, questa ragazza si è portata a casa la Coppa sprint mettendo in mostra una cattiveria fuori dal comune. Johaug è per forza di cose il volto della stagione 2019-’20, ma dietro di lei c’è proprio questa svedesina terribile”.
Hai citato Svahn, coetanea di quella Frida Karlsson che nella 30 km di Oslo ha inflitto a Johaug una delle rarissime sconfitte stagionali. Inoltre anche Ebba Andersson ha dato filo da torcere a Therese. Insomma, credo tu abbia capito dove voglio andare a parare. I rapporti di forza tra Norvegia e Svezia sono destinati a invertirsi? Saranno le svedesi a dominare il fondo nel futuro a medio termine?
“Sicuramente la Svezia ha una batteria di giovani da paura, sia nelle gare distance che soprattutto nelle sprint. La Norvegia per adesso tira avanti con le trentenni, che comunque sono ancora supercompetitive. Certo, la carta d’identità gioca a favore delle svedesi, però attenzione a sottovalutare le norge. Helene Marie Fossesholm è di due anni più giovane rispetto a Karlsson e ha quatto anni meno di Andersson! Nella prossima stagione arriverà anche lei in Coppa del Mondo. Occhio, perché se le premesse sono quelle viste nelle gare giovanili, questa teenager fa spavento. Poi non dimentichiamoci di Kristine Stavås Skistad, il cui potenziale è ancora tutto da esplorare. Insomma, non è detto che la Svezia possa soffiare alla Norvegia il ruolo di potenza egemone del fondo femminile. Di sicuro potrà esserci una grande lotta tra le due nazioni scandinave. Inoltre, non dimentichiamoci della Russia, che l’anno prossimo recupererà delle atlete assenti per maternità durante l’inverno appena concluso. Parliamo di ragazze nate a metà anni ’90, quindi ben lontane dalla pensione!”.
In tutto questo, è triste non poter parlare dell’Italia come una delle nazioni protagoniste. Il solo Federico Pellegrino è stato in grado di lasciare il segno, archiviando però il primo inverno senza successi dal 2013-’14 a questa parte.
“D’altronde se ti devi confrontare con un fuoriclasse come Klæbo, che nelle sprint è diventato pressoché imbattibile, vincere non è semplice. Chicco secondo me ha disputato una stagione solida, dimostrandosi ancora una volta il migliore tra gli sprinter non norvegesi. Purtroppo, la carta d’identità gioca in suo sfavore. Sta per scollinare le trenta primavere e si deve confrontare con avversari di quattro o addirittura sei anni più giovani. Restare competitivi ad altissimo livello sarà per forza di cose sempre più difficile. È un discorso che abbiamo già affrontato nei mesi scorsi. Io credo possa dire la sua per una medaglia sia ai Mondiali di Oberstdorf che ai Giochi olimpici di Pechino. Dovrà, però, finalizzare l’intera annata per quella gara e, allo scopo di salire sul podio, dovrà mettere in campo tutta la sua astuzia ed esperienza. Riguardo il resto del team, c’è poco da dire. L’inverno di Francesco De Fabiani è stato anonimo e, adesso, la cosa più importante da fare sarà quella di analizzare quanto avvenuto, cercare di capirne le cause ed evitare che si ripeta in futuro. Infine, l’avrò anche detto cento volte, ma lo ripeto per la centounesima. Avanti con i giovani senza paura! Diamo tre/quattro chance per volta, in maniera tale da consentir loro di acclimatarsi in Coppa del Mondo e di poter tirare fuori un buon risultato che possa dare fiducia nei propri mezzi”.
Capitolo donne, il panorama rimane davvero brullo e si fatica a vedere la luce in fondo al tunnel. A parte qualche mezzo exploit, la situazione appare davvero asfittica. Evidentemente il problema non erano i tanti cambi di staff tecnico, come qualcuno aveva paventato nel recente passato.
“Non scopriamo niente di nuovo e l’argomento è stato affrontato tante volte durante l’inverno. Sinceramente credo che sul settore femminile ci sia poco da aggiungere rispetto a quanto non abbiamo già detto. Chapeau a Elisa Brocard, perché avere ancora tutta questa voglia di lottare a 35 anni non è un fatto comune. Tante sue compagne di squadra dovrebbero prenderla come punto di riferimento ed esempio. Anna Comarella ha iniziato a trovare la sua dimensione in Coppa del Mondo. Il mio augurio è che questa annata rappresenti il punto di partenza di una crescita che le possa permettere di alzare la sua competitività. Su Greta Laurent e Lucia Scardoni mi sono già espresso, spiegando quali sono gli aspetti su cui, secondo me, bisognerebbe agire. Greta dovrebbe lavorare in maniera tale da migliorare la sua resistenza di fondo, mentre con Lucia si dovrebbe impostare un lavoro atto a permetterle di esprimere tutto il suo potenziale. Dietro a questo quartetto, mi sento di dire ‘largo alle giovani’, dando anche loro quelle famigerate tre o quattro cartucce da sparare una dietro l’altra”.
Però, Bubo, siamo franchi. La piega presa dal fondo italiano è inquietante. In tutta sincerità, appare un settore in pieno declino, eccezion fatta per qualche individualità. Ti chiedo se dobbiamo rassegnarci a questa situazione, oppure se vi sia modo di invertire la tendenza.
“Io ho una mia idea, che magari a tanti non piacerà. So bene che lanciando questa proposta mi metterò contro diverse persone, ma me ne farò una ragione. Secondo me, per rilanciare il fondo italiano, servirebbe un ‘Papa straniero’. Intendo un direttore agonistico slegato da qualsiasi logica di gruppo sportivo o di comitato. L’ideale sarebbe ingaggiare qualcuno proveniente dall’estero, per esempio dalla Norvegia, che arrivi quindi dall’esterno del sistema-Italia e non sia a esso legato in alcun modo. In alternativa, servirebbe una persona che si congedi dal proprio corpo d’appartenenza e faccia da general manager del fondo. Chiaramente la Fisi dovrebbe redigere un contratto ad hoc per garantire a questa persona la possibilità di svolgere esclusivamente il suo compito, sia sul piano economico che su quello ‘politico’, nel senso che costui dovrebbe avere carta bianca da parte del Presidente e solo a lui dovrebbe rendere conto delle sue scelte. Insomma, le chiavi dello sci di fondo italiano dovrebbero essere date in mano a una figura indipendente, che non sia influenzata da nessun meccanismo esistente ora”.
La tua è un’idea radicale e, per certi versi, utopistica. Non è detto che sia davvero possibile realizzarla. Se ti chiedessi di essere più realista, cosa mi risponderesti?
“Allora credo che bisognerebbe cambiare la struttura delle squadre. Sappiamo che il lavoro svolto con Pellegrino funziona, quindi è bene che lui possa essere seguito dal suo tecnico di riferimento, aggregando magari al suo gruppo di lavoro altri specialisti delle sprint, sia uomini che donne. Invece, forse si dovrebbe imbastire una squadra focalizzata sul settore distance, dove siamo in sofferenza. In questo modo si potrebbe viaggiare a due velocità, seguendo al meglio le esigenze di ognuno. Insomma, anziché fare una divisione uomini-donne, ripensare il fondo azzurro in maniera tale da avere squadre sprint-distance. Ovviamente, si dovrebbe trovare la figura più adatta per assumere la guida di questo team, ma credo vi possano essere delle persone valide negli attuali quadri tecnici”.
Bubo, siamo giunti alla fine del viaggio. A nome mio e di tutti i lettori di OA Sport, ti ringrazio per il tempo concessoci e per averci voluto accompagnare lungo tutto l’inverno 2019-’20.
“Sono io che ringrazio te, per l’opportunità di avere questo spazio, e ringrazio tutti coloro che ci seguono per averci letto. Per quanto privo di appeal mediatico in questo momento storico, lo sci di fondo rimane una disciplina nobile che, nonostante tutto, continuo ad amare. Spero di essere riuscito a trasmettere quest’affetto anche ai lettori!”.
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ULULATO DEL BUBO – PUNTATE PRECEDENTI
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Foto: Davide Glatz