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Rugby
Rugby, la crescita delle franchigie celtiche non è coincisa con quella della Nazionale. Le cause
Il 2020 del rugby italiano, parlando di Nazionale, è iniziato come ormai da qualche anno siamo abituati. Tre sconfitte nei tre match del Sei Nazioni disputati prima dell’interruzione per l’esplodere dell’emergenza Coronavirus. Tre sconfitte che hanno portato a 25 ko consecutivi nel massimo torneo continentale di rugby. Insomma, contro le big l’Italrugby non sa più vincere. Eppure un anno fa la Benetton Treviso raggiungeva i playoff del Guinness Pro 14, dove giocano le migliori squadre di Irlanda, Scozia e Galles, e le Zebre in questi ultimi anni hanno comunque mostrato una, seppur lenta, crescita.
Come mai, dunque, la crescita delle franchigie celtiche negli ultimi anni non è coincisa con una crescita uguale della Nazionale? I motivi, in realtà, sono diversi. Il primo è il più importante. Il Guinness Pro 14 è un torneo senza retrocessioni, con valori in campo che negli ultimi anni si sono molto definiti (squadre come Leinster, Munster, Ulster, ma anche Glasgow ed Edimburgo, hanno rose tali da dominare la stagione regolare), mentre poi segue un gruppo, nel quale rientra anche la Benetton, che si gioca annualmente l’accesso ai playoff. Squadre come il Leinster hanno rose molto ampie e di alto livello e, dunque, durante la stagione regolare lasciano spesso a riposo i loro campioni più forti.
Prendiamo un esempio su tutti. Jonathan Sexton, mediano d’apertura dell’Irlanda e uno dei giocatori più forti degli ultimi anni, con il Leinster quest’anno non ha mai giocato in Pro 14, nella passata stagione ha giocato solo sei partite, di cui 5 da titolare, mentre due anni fa ha giocato 5 partite (4 da titolare). Tradotto: 11 partite su 59. Se poi pensiamo che 4 di queste partite erano nei playoff, nella stagione regolare siamo a 7 partite su 55. E lui è solo un esempio. Questo spiega come mai le nazionali di Irlanda, Scozia e Galles siano di un livello nettamente superiore all’Italia, mentre Treviso e (in parte) Zebre se la giocano alla pari.
Legato a questo punto, seppur diverso, c’è da considerare il numero di squadre per nazione che partecipano al Pro 14. Italia e Scozia schierano due franchigie, mentre Irlanda e Galles ne hanno quattro. Questo significa che i giocatori d’interesse nazionale vengono spalmati su numeri diversi di squadre, con Benetton/Zebre ed Edimburgo/Glasgow che hanno in rosa gran parte delle rispettive nazionali, mentre le franchigie irlandesi e gallesi si suddividono in maniera più ampia i fuoriclasse e, dunque, hanno virtualmente rose meno forti di italiane e scozzesi. O, per lo meno, il gap che si vede in nazionale viene smussato da una maggiore diffusione dei migliori giocatori.
C’è, poi, il capitolo stranieri. Anche se negli anni va detto che Zebre e Benetton non sempre abbiano indovinato i rinforzi da oltre confine, ultimamente soprattutto Treviso ha pescato dei jolly che fanno la differenza. Giocatori come Duvenage, Ioane o Faiva danno una marcia in più ai biancoverdi, ma ovviamente non possono aiutare la causa azzurra, mentre nel panorama italiano è difficile trovare giocatori che sappiano interpretare quei ruoli come loro.
Infine, un punto che riguarda la Benetton Treviso. A differenza delle Zebre, ma anche dell’Italia, la formazione veneta è privata, non è gestita dalla Federazione e, dunque, risponde in parte ad altre logiche (anche se vi è una stretta collaborazione con la Fir, visto l’importante apporto economico, ndr.), più prettamente da club. Questo significa una programmazione, una preparazione e obiettivi più facilmente raggiungibili rispetto a un carrozzone statale, fortemente politicizzato (politiche ovali, non si parla di destra/sinistra, ndr.), con posizioni di rendita inamovibili.
Se a ciò, infine, aggiungiamo la necessità di fare le convocazioni guardando, ahimé, anche al manuale Cencelli e, dunque, senza privilegiare in maniera eccessiva una o l’altra franchigia nel numero delle convocazioni, si capisce come la differenza tra i risultati delle squadre di club in Pro 14 e quelle dell’Italia nel Sei Nazioni sia così ampia. E difficilmente colmabile a breve.
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Foto: Ettore Griffoni – LPS