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Scacchi: Torneo dei Candidati, una storia che va da metà del ‘900 al 2020

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Spesso e volentieri si guarda al match per il titolo mondiale di scacchi come al punto massimo per un gioco che da svariate centinaia di anni affascina tutto il mondo. La ragione è semplice: gli scacchi non sono mai stati considerati “risolti”, a differenza di altri giochi, e non si prevede che ciò accada per un lungo periodo di tempo. Ed è per questo che, ad oggi, si continuano ad apprezzare le brillantezze che i massimi pensatori della scacchiera creano all’interno delle 64 case.

Prima del match che vale il Campionato del Mondo, però, c’è un passaggio: quello legato al Torneo dei Candidati. Si tratta di un evento dalla tradizione ormai molto lunga, che ha cambiato molte volte pelle nel corso degli anni, ma che si è sempre distinto per la sua capacità di raccontare la storia degli scacchi attraverso momenti importanti e a volte anche memorabili, dalle cavalcate dei grandissimi ad attimi di puro dramma psicologico.

La storia del Torneo dei Candidati parte da molto più lontano dell’epoca FIDE. Per meglio dire, in realtà, esistono dei tornei che ne hanno fatto la funzione pur non chiamandosi, chiaramente, in questo modo. Il più importante di questi, se vogliamo, è il Torneo di Londra del 1883, allora il più forte mai disputato, con la presenza della massima parte dei migliori giocatori del tempo. La vittoria fu di Johannes Zukertort, uomo dalla storia non riassumibile in poche righe che prima del 1878 giocò sotto bandiera dell’Impero tedesco e, da quell’anno, divenne britannico per naturalizzazione. Zukertort tenne un ritmo impressionante: ottenne 22 punti su 23 prima di perdere le ultime tre partite. Al secondo posto arrivò Wilhelm Steinitz, tedesco poi diventato americano e giustamente considerato come il padre del gioco posizionale. Da Londra, per buona misura, si gettarono le basi per il primo vero match per il Campionato del Mondo, che Steinitz vinse. Un particolare a lui legato di questi anni è la sua imbattibilità proprio nei match: durò per ben 32 anni, dal 1862 al 1894.

Anche nel 1897 si ebbe un momento particolarmente significativo, con lo stesso Steinitz, nel frattempo detronizzato da Emanuel Lasker, che giunse secondo proprio alle spalle del nuovo Campione del Mondo al torneo di San Pietroburgo 1895-1896. Questo portò a un generale sostegno affinché la rivincita tra i due avesse luogo, ed effettivamente lo ebbe. Il nativo di Berlinchen, uno dei più grandi e influenti giocatori mai esistiti, si tenne la corona e la mantenne per altri 34 anni ancora.

Il primo vero tentativo di instaurare qualcosa di simile a un Torneo dei Candidati si ebbe nel 1938, con l’utilizzo in tal senso del torneo AVRO. In terra olandese si ritrovarono otto tra i migliori giocatori dell’epoca: si doveva dare uno sfidante ad Alexander Alekhine (che pure era partecipante, non sotto bandiera sovietica, ma francese), quasi ininterrottamente Campione del Mondo dal 1927 (eccettuato un breve regno dell’olandese Max Euwe). Si giocò in ben 10 città del Paese: Amsterdam, L’Aja, Rotterdam, Groningen, Zwolle, Haarlem, Utrecht, Arnhem, Breda e Leiden. Vinse, agli spareggi, l’estone Paul Keres sull’americano Reuben Fine. Per dare un’idea della loro importanza negli scacchi, basti dire che Keres è stato uno tra i più grandi a non aver mai vinto il titolo iridato, avendo battuto nove Campioni del Mondo in carriera, mentre Fine ha scritto numerosi libri di scacchi e di psicologia, a volte unendo le due cose. Il torneo fu famoso anche perché qui si mostrò l’entità dei primi problemi seri di salute del leggendario cubano Josè Raul Capablanca, che sarebbe morto quattro anni dopo.

Il match tra Keres e Alekhine, però, non si ebbe mai: prima scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, poi il Campione del Mondo morì in circostanze mai del tutto chiarite in Portogallo. A quel punto, la FIDE (nata nel 1924) ha dovuto muoversi diversamente, organizzando il torneo a sei che portò all’incoronazione del sovietico Mikhail Botvinnik (che si svolse senza Reuben Fine e anche senza il cecoslovacco Salo Flohr, sostituito dal sovietico Vasily Smyslov, futuro Campione del Mondo).

Da quel momento in poi, per più di quarant’anni e con rare eccezioni, la piramide per l’accesso al match per il titolo mondiale è rimasta all’incirca la stessa: diversi tornei zonali che qualificavano a uno o più tornei Interzonali, i quali a loro volta davano accesso al Torneo dei Candidati. Questo, nei primi cicli mondiali fino al 1962, si svolgeva così come oggi, con un round robin a otto atto a designare lo sfidante del Campione del Mondo. Il torneo, però, non si svolgeva quando uno sfidante detronizzava il campione e questi otteneva la possibilità di giocare subito il match di rivincita.

Nel 1962, l’episodio che convinse a cambiare sistema, passando dal girone all’italiana al tabellone stile tennis, si legò alle veementi proteste di Bobby Fischer. L’astro nascente americano, allora diciannovenne, lanciò l’accusa secondo cui, a Curaçao, alcuni tra i sovietici si aiutassero a vicenda pattando le loro partite in modo da avere più chance. Quarant’anni dopo, Yuri Averbakh, che nel 1962 era a capo della delegazione sovietica, affermò che Keres, il più vecchio dei tre accusati, voleva conservare energie causa età, mentre Tigran Petrosyan ed Efim Geller avevano una lunga storia di amicizia e patte tra di loro. Viktor Korchnoi, invece, nella sua biografia parlò di una situazione che venne orchestrata dallo stesso Petrosyan. In ogni caso, questo portò a un cambio di format: il Torneo dei Candidati sarebbe diventato un torneo a eliminazione diretta con match di lunga durata.

Del 1967 è invece uno degli episodi più conosciuti della vita e della carriera di Fischer. All’Interzonale di Sousse, in Tunisia, l’americano era partito fortissimo, ma tra varie osservanze religiose accumulò quattro partite da recuperare. A seguito di dissidi con l’organizzazione e altre vicende che sono state raccontate in numerose opere, oltre che nelle cronache dell’epoca, Fischer lasciò poi il luogo del torneo, senza più farvi ritorno. Sarebbero passati tre anni prima che il suo nome diventasse sinonimo di terremoto: nel periodo 1970-1972 fece letteralmente tremare il mondo scacchistico, dominando tutto quello che c’era da dominare, rifilando due 6-0 nei match contro Mark Tajmanov (che per questo subì angherie enormi al ritorno in Unione Sovietica) e Bent Larsen, il più forte giocatore danese del tempo, battendo Petrosyan e involandosi verso il “match del secolo” (più mediaticamente che per quel che poi si vide sulla scacchiera) contro Boris Spassky (1972).

Si inserisce negli Anni ’70 successivi alla sparizione dalla scena di Fischer l’ingresso di due K: Viktor Korchnoi e Anatoly Karpov. Due caratteri diversi, due parabole diverse, con il primo che, come diversi altri del mondo scacchistico del suo Paese, è andato via dall’Unione Sovietica per prendere il passaporto svizzero. Fu proprio nel Torneo dei Candidati, prima ancora dei due assai discussi incontri di Bagujo 1978 e Merano 1981, che si misurarono per la prima volta in un match lungo e duro: nel 1974 Karpov sconfisse Korchnoi per 12.5-11.5 sulle 24 partite. Nessuno, allora, poteva sapere che Fischer non avrebbe mai giocato per il titolo mondiale, lasciando spazio per forfait proprio a Karpov. Si inseriscono in questo periodo, e negli anni appena successivi, numerosi episodi difficili da replicare: i due cedimenti psicologici del tedesco (conosciuto per le sue prodigiose doti di poliglotta) Robert Hubner nel 1971 e 1980 con ritiro a quarti dei Candidati in un caso e finale nell’altro per differenti ragioni, ma anche l’unica partecipazione italiana in un Interzonale. Fu Sergio Mariotti a volare a Manila, chiudendo con un rispettabile 10°-13° posto insieme con Spassky, il rumeno Florian Gheorghiu e il tedesco dell’Est Wolfgang Uhlmann, un personaggio che contro 1. e4, con il Nero, rispondeva sempre, senza possibilità di eccezione, 1. e6. La difesa Francese, in sostanza.

Negli Anni ’80 si è vista qualche modifica sul format, oltre a un rinvio di due anni del ciclo tradizionale a causa dell’infinito doppio match Karpov-Kasparov del 1984 e 1985 (con “annullamento” del primo e istituzione di un secondo) con rivincita nel 1986: in sostanza, fu concesso a Karpov di partecipare direttamente alla finale dei Candidati (diventati quattro), in una sorta di “challenge round” modificato. Questo scenario durò lo spazio del ciclo 1985-1987, per poi venire sostituito da un altro in cui gli venne concesso, da sfidante uscente, di partire dal secondo turno. In più, le fasi a eliminazione diretta divennero quattro. Nel 1990 fu istituito un torneo Interzonale unico a 64 con sistema svizzero, a 64 giocatori (due dei quali si ritirarono in corso d’opera), ancora con tabellone partente dagli ottavi.

Il tutto fino al 1993, quando ci fu la spaccatura tra Garry Kasparov e la FIDE, e il nativo di Baku decise di fondare, insieme all’inglese Nigel Short, la PCA. Si crearono così due Tornei dei Candidati, e una situazione evidentemente paradossale e in apparenza fuori controllo. La PCA continuò a cambiare sistema, a seconda (anche) delle disponibilità economiche, la FIDE si limitò a tirar fuori un megatorneo a 128 a eliminazione diretta che ebbe il solo effetto di scontentare tutti.

Dopo la riunificazione del 2006 e l’atipico torneo del 2007 con “rivincita” tra l’indiano Viswanathan “Vishy” Anand e il russo Vladimir Kramnik, il sistema dei Candidati è ritornato ad avere una sua cadenza abbastanza fissa, con qualche variazione sul tema. Da allora, con poche variazioni sul tema, lo status di ex sfidanti, il Grand Prix FIDE, la World Cup e il rating ELO sono fondamentali; nel tempo si sono aggiunti il FIDE Grand Swiss e la wild card, sulla quale però non c’è esattamente un accordo generale. Il cammino di Magnus Carlsen, nel 2013, è partito via rating, è proseguito con lo spareggio con Kramnik ed è arrivato fino in fondo con il titolo strappato ad Anand. Da allora, nessuno gliel’ha più tolto. Almeno per ora.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: Mario Aliaksandr / Shutterstock.com

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