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Scherma, semplicemente Valentina Vezzali. La sportiva italiana più vincente di tutti i tempi

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Un passato oltre la leggenda, un futuro tutto da scrivere perché molti addetti ai lavori la vedono già come presidente della Federazione Italiana Scherma, in tempi non troppo lontani. La carriera dell’atleta italiana più medagliata di sempre è un lungo romanzo appassionante. Anche perché non tutto è stato scontato come magari si è portati a pensare.

Trionfi giovanili, vittorie su vittorie in Coppa del Mondo, quel primo titolo mondiale individuale che non voleva arrivare arrivare nei primi sei anni “senior”, con il contorno di una finale iridata persa (1994) e persino una olimpica lasciata alla Badea (1996). Poi ecco il diluvio universale, di titoli, podi, medaglie, trionfi, inarrestabile di fatto fino ai Giochi di Londra 2012. Non solo la più grande fiorettista della storia, ma la schermitrice migliore di sempre, senza ombra di dubbio. Conosciuta, riverita e apprezzata in tutto il mondo.

STORIA

Nell’anno delle seconde Olimpiadi a Los Angeles, cioè 1984, a Roma una bambina che conta dieci primavere diventa campionessa italiana nella categorie prime lame, superando Elisabetta Castrucci 5-1 in finale. Papà Lauro, che purtroppo un male incurabile si porterà via nel 1989, si sentirà dire proprio in quella occasione, dal maestro che la sta crescendo, il leggendario Ezio Triccoli, una frase che azzeccata, persino per difetto: “Un giorno sua figlia parteciperà alle Olimpiadi“. Sua figlia si chiama Maria Valentina Vezzali, nata a Jesi, dove papà si era trasferito per lavoro da Reggio Emilia, nel 1974. A Rimini nel 1987 vince i titoli italiani di terza categoria e il ct azzurro dell’epoca, Attilio Fini, nemmeno maestro, ma dotato di un fiuto da segugio, comincia a drizzare le antenne. La porta in azzurro e la fa maturare attraverso le prime esperienze all’estero. Nessuna, in pedana, pensa il grande Attilio che oggi vive a Milano e si gode la pensione con la moglie, ha il suo ‘tempo’ schermisco.

Ha ragione. Valentina brucia le tappe. Vince tre titoli iridati cadetti consecutivi (89-90-91), due mondiali juniores (lasciando un terzo ad Aida Mohamed, ancora sulle pedane oggi, pluriquarantenne!, in maniera assurda), centra la prima finale a otto (come si chiamava una volta) in Coppa del Mondo nel 1991, il primo podio pochi mesi dopo. Sarebbe già pronta per far parte del Dream Team olimpico, quello che vince l’oro ai Giochi di Barcellona 1992 nel fioretto a squadre (primo titolo olimpico per un team femminile italiano), ma in quel gruppo così forte (Giovanna Trillini, Diana Bianchedi, Francesca Bortolozzi, Dorina Vaccaroni e Margherita Zalaffi) per ora non c’è posto. Valentina è dispiaciuta, ma accetta la decisione: è solo da riserva, in Italia. A  18 anni. E intanto iniziano le famosi sei stagioni particolari per Vezzali, che dal 1993 al 1998 vincerà tantissimo in Coppa del Mondo, ma perderà la prima finale iridata disputata con la Szabo (che tornerà nella sua storia, eccome se tornerà) ad Atene 1994 e persino il titolo olimpico, lasciato alla rumena Laura Badea sulle pedane olimpiche di Atlanta 1996. Dopo il 9° posto di Città del Capo ’97, peggior risultato a un Mondiale fino al 2015, Valentina si sblocca finalmente nel torneo iridato di Seul ’99, proprio sulle stesse pedane dove, pochi mesi prima, aveva subito la peggior sconfitta della carriera (1-15) contro la citata Aida Mohamed, in Copp.

Da quel momento in poi, non ce ne sarà più per nessuna, a ogni latitudine, con il contorno di diverse rivincite/vendette portate a compimento: Mohamed, tanto per dirne una, non ‘toccherà’ più palla contro Valentina, pur restando sempre al vertice; le rumene Reka Szabo e Laura Badea, spauracchi di metà anni ’90, verranno regolate nel trionfale cammino che porta al primo titolo a Cinque Cerchi, a Sydney 2000 (con capelli rosso fuoco): Reka, va detto, con fatica e solo al minuto supplementare, nei quarti; Laura in un match senza storia, al turno successivo, come la finale olimpica contro la tedesca Koenig. Valentina conquisterà poi i titoli iridati individuali a Nimes 2001, L’Havana 2003, Lipsia 2005 (quattro mesi dopo la nascita del primo figlio, Pietro!), San Pietroburgo 2007, Catania 2011, diventando l’unica schermitrice della storia (donne o uomini non fa differenza) a vincere sei ori mondiali individuali, così come la prima con 3 titoli olimpici individuali (perché dopo Sydney si impone anche ad Atene 2004, regolando in finale Giovanna Trillini, suo primo grande esempio e diremmo seconda miglior fiorettista della storia, e Pechino 2008, contro la temibile sudcoreana Nam, forse l’avversaria più ostica incontrata).

Ma le imprese più incredibili Valentina Vezzali le riserva per il finale di carriera: l’11 ottobre 2011 conquista l’ultimo titolo iridato e il meglio lo offre nei quarti di finale, quando rimonta la francese Maitrejean pur essendo sotto 5 stoccate a 11, a 90 secondi dal termine. La raggiunge sull’11-11 a 8 secondi dal ko e poi si impone al minuto supplementare. Per il bronzo olimpico a Londra 2012 si supera: battuta da Arianna Errigo in semifinale, delusa e non poco, il “cobra” della scherma forse inizia un po’ deconcentrata la ‘finalina’ di consolazione, che non era quella prevista nella sua testa. Il problema è che a 12 secondi dalla fine è sotto di 4 stoccate, 8-12, sempre contro la Nam, proprio l’acerrima rivale di quattro anni prima, a Pechino. Ma per l’oro. Stavolta in palio c’è il bronzo, che Valentina non ha mai conquistato ai Giochi individualmente. Sembra finita. E invece no. In diretta televisiva mondiale, Vezzali manda in visibilio l‘Excel Arena pareggiando l’assalto sul 12-12 a 1″ dal baratro e vincendo poi poco dopo quando mancano 13″ allo scadere del minuto supplementare. Si ritirerà dopo i Mondiali a squadre di Rio 2016, a 42 anni.

Per diventare poi anche parlamentare, mentre oggi, nel consiglio federale, “studia” da futuro Presidente. In carriera ha conquistato sei ori, un argento e due bronzi olimpici; sedici titoli mondiali (10 a squadre), trenta italiani (quindici individuali), undici Coppe del Mondo, 79 successi di tappa con 122 podi, tredici titoli europei. Può bastare?

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gianmario.bonzi@gmail.com

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Foto: Bizzi/Federscherma

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