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Basket, le 3 Coppe dei Campioni dell’Olimpia Milano: momenti indelebili di una storia gloriosa

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La storia dell’Olimpia Milano è gloriosa, con il club meneghino che può vantare in bacheca 28 scudetti, 6 Coppe Italia, 3 Supercoppe italiane, 3 Coppe delle Coppe, 2 Coppe Korac, una Coppa Intercontinentale, ma soprattutto 3 Coppe dei Campioni. Gli anni che i tifosi dell’Olimpia hanno impressi nella mente sono, infatti, le stagioni 1965-66, 1986-87 e 1987-88. E che sognano ritorni, con Ettore Messina che da quando è sulla panchina biancorossa ha ribadito che l’obiettivo del suo triennio è arrivare nella Final Four dell’Eurolega. Ma riviviamo le tre Coppe dei Campioni vinte dall’Olimpia.

La prima volta fu, come detto, nel 1966 in quella stagione che porta un nome e un cognome sopra tutti. È l’anno di Bill Bradley, capitano delle nazionale U.S.A. alle Olimpiadi di Tokio del 1964, arrivato a Milano prima di iniziare una carriera NBA con i New York Knicks che lo porteranno a vincere il titolo USA nel 1970 e nel 1973. Guidati da coach Rubini i meneghini disputano una Coppa quasi perfetta. Nel turno di qualificazione vengono battuti nettamente i tedeschi del Gießen MTV, con Bradley che marca 64 punti nella doppia sfida, mentre negli ottavi di finale a cadere è il Maccabi Tel Aviv con un punteggio aggregato di 187-118 che non lascia spazio all’immaginazione.

I quarti di finale sono a girone e l’Olimpia cede in casa del Racing Basket Mechelen, del Real Madrid e dello Slavia Praga, ma ribalta i primi due risultati a Milano (con lo Slavia la differenza punti premia la squadra di Praga) – con un memorabile secondo tempo contro gli spagnoli grazie ai 40 punti di Vianello – e chiude proprio alle spalle dei cecoslovacchi. In semifinale l’avversario sono i campioni in carica del CSKA Mosca, favorito alla vigilia. L’Olimpia mette in scena, però, una prestazione maiuscola dell’intera squadra, con ben quattro giocatori in doppia cifra, si impone 68-57 e vola in finale, dove ritrova lo Slavia Praga. Sfida equilibrata, con la difesa meneghina che limita Zídek, Baroch e Zednicek (devastanti nella sfida dei quarti di finale) e con i 21 punti di Gabriele Vianello e Skip Thoren l’Olimpia di Cesare Rubini si impone 77-72 e alza la sua prima Coppa dei Campioni.

Gli anni successivi vedono l’Olimpia lottare a livello europeo, conquistare due finali nel 66/67 e nel 82/83, trionfare tre volte nella Coppa delle Coppe e una volta in Coppa Korac, ma la Coppa Campioni resta un’illusione. Fino alla leggendaria stagione 1986-87. È l’Olimpia targata Tracer di Dan Peterson, quella di Bob McAdoo, Mike D’Antoni, Roberto Premier, Dino Meneghin e Ken Barlow. Ma, soprattutto, è la Coppa dei Campioni che rischiava di finire già in autunno, quando invece quella squadra entrò nella storia.

Sì, perché quella cavalcata vincente, dopo, è quasi una formalità. Nel girone di semifinale Milano vince 7 partite su 10 e chiude in vetta assieme al Maccabi Tel Aviv, con le due squadre che si affrontano in finale a Losanna. Una finale avvincente, equilibrata, con gli israeliani avanti di 3 all’intervallo, l’Olimpia che sospinta da Barlow allunga a inizio ripresa, il recupero del Maccabi e un ultimo minuto dove gli errori la fanno da padrona e, alla fine, è tripudio biancorosso con la vittoria per 71-69. Ma, come detto, questo è nulla rispetto alla doppia sfida dei quarti di finale.

L’Olimpia pesca l’Aris Salonicco, squadra sulla carta che non preoccupa, anche se ai tempi la videoanalisi prima dei match era fantascienza e pochi conoscevano il reale valore dei greci. E nella bolgia di Salonicco Milano viene sorpresa, scioccata, annichilita. Nikos Galis domina un match a senso unico, segna da solo 44 punti, aiutato da Subotic e l’Aris vince 98-67. Un -31 che sembra condannare i ragazzi di Dan Peterson. Il ritorno, al Pala Trussardi, rischia di essere una passeggiata per il Salonicco che già assapora le semifinali. Ma Milano è una squadra che sa cosa vuole, anche quando sembra impossibile. Guidata da un immenso Roberto Premier, con il pubblico scatenato, la rimonta inizia passo dopo passo, con il primo tempo che si chiude a +14 e la strada ancora infinita. Ma è la ripresa che è un capolavoro. I greci segnano solo 19 punti, McAdoo e compagni impattano il famoso -31 a metà tempo e nel finale è una sfida di nervi infinita. Ed è ancora Premier, con gli ultimi liberi, a dare quell’83-49 che entra nella storia e che lancia l’Olimpia verso il trono d’Europa.

Il tris arriva un anno dopo. A prima vista l’Olimpia è quella di un anno prima, con il quintetto base formato da Mike D’Antoni, Roberto Premier, Bob McAdoo, Dino Meneghin e l’unico nome nuovo, Rickey Brown. Ma è solo un’impressione di chi guarda da lontano, perché nel 1987-88 il nome nuovo nelle rotazioni è quello di Riccardo Pittis, semplice comparsa un anno prima, mentre la grandissima novità è l’addio di Dan Peterson, con il suo vice Franco Casalini a guidare la squadra con il difficile obiettivo di concedere il bis. È anche l’anno dell’esordio delle Final Four, cioè semifinali e finali che si disputano in una sola città, quest’anno Gand.

Guidati dai loro due americani, i milanesi superano agilmente i campioni di Bulgaria del Balkan Botevgrad negli ottavi di finale. A differenza dell’anno precedente, cambiano anche i quarti di finale. Basta scontro diretto, ma un girone all’italiana che qualifica le prime quattro alle Final Four. L’Olimpia non incanta particolarmente, subisce un passivio pesante contro Koln (102-78) all’esordio, poi inanella quattro vittorie – tra cui quella in trasferta a Tel Aviv per 93-99 -, cede in casa con il Barcellona, poi crolla (come un anno prima) a Salonicco, dove l’Aris si impone 120-95. Milano cade anche a Belgrado, demolisce il Maccabi in casa, cede 102-87 a Barcellona, e nell’ultima partita vince 97-82 con l’Aris Salonicco.

Sfida molto discussa, perché i greci rinunciano alle loro stelle, Galis e Yannakis, per far vincere Milano, farla chiudere al terzo posto (superando in extremis il Maccabi) e, dunque, ottenendo una semifinale proprio contro l’Olimpia, ritenuta dai greci l’avversaria più facile. Come un anno fa, però, l’Aris dovrà ricredersi. L’Olimpia, come l’anno precedente, è indemoniata. Meneghin annulla l’attacco greco, Bob McAdoo sale in cattedra con 39 punti, aiutato da Brown (28 punti), mentre nel Salonicco Galis non va oltre i 28 punti. Così l’Olimpia vince 87-82 e torna in finale.

Finale dove non c’è la dominatrice dei quarti di finale, il Partizan Belgrado, battuta dal Maccabi Tel Aviv. È, dunque, il remake della finale di un anno prima, con gli israeliani che vogliono la rivincita, mentre i ragazzi di Franco Casalini arrivano forti della doppia, netta, vittoria nella fase a gironi. Il match vede Milano nella parte della lepre, ma il Maccabi che non alza mai bandiera bianca e si rifà sotto a più riprese. Non basta, però, l’ex Ken Barlow a Tel Aviv e il solito fantastico McAdoo (25 punti) sostenuto da Brown e D’Antoni (17 punti a testa) chiude il discorso sul 90-84 e per Milano è la terza Coppa dei Campioni.

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