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Ciclismo
Ciclismo, il mito di Franco Ballerini: fenomeno della Roubaix e poi ancor più vincente da demiurgo della Nazionale
Il 7 febbraio 2010 ha segnato una delle pagine più tristi della storia del ciclismo. Sono già passati dieci lunghi anni da quella tragica domenica d’inverno dove, in occasione del Rally Ronde di Larciano, perse la vita il Commissario Tecnico della Nazionale Italiana, Franco Ballerini; da sempre appassionato di motori e navigatore del pilota Alessandro Ciardi. Quel giorno il mondo delle due ruote perse una delle persone più belle e pure che abbia mai avuto. Da Maestro della Parigi-Roubaix, da lui conquistata nel 1995 e nel 1998, a indimenticato CT degli azzurri con cui ha conquistato la bellezza di nove medaglie in nove anni, prima di quel maledetto giorno.
Il primo dei tre trionfi di Francesco Moser, in maglia iridata, alla Parigi-Roubaix. stregarono subito Franco. Lui, nato nella terra sacra del ciclismo, la Toscana. Sognatore di quella Classica del pavé che, forse, non si sarebbe mai immaginato di riuscire a far sua per ben due volte. Passato tra i big nel 1986, già al secondo anno riuscì a far sua la Tre Valli Varesine, dimostrando fin da subito il suo amore per le corse di un giorno. Arrivarono le vittorie alla Parigi-Bruxelles, al GP delle Americhe di Montreal, poi il Giro del Piemonte, il Giro di Romagna, e anche una tappa al Giro d’Italia, nel 1991. Decise dunque di spingersi oltre, di puntare dritto sulle Classiche del Nord. Pian piano diventò uno dei più grandi protagonisti del Giro delle Fiandre e della stessa Parigi-Roubaix degli anni novanta. Andò vicinissimo alla vittoria della Roubaix nel 1993 salendo sul secondo gradino del podio.
La sua prima Roubaix arrivò due anni dopo, nel 1995, e fu un trionfo assoluto, inseguito con dedizione, coraggio, sete di vittoria. Un capolavoro anche per L’Équipe, che il giorno successivo lo definì come “Maestro Ballerini“. Ma non finì lì, perchè il bis arrivò tre anni dopo con un’azione rimasta negli annali di tutta la storia del ciclismo: 45 chilometri di fuga solitaria e oltre 4′ di vantaggio sul secondo, un altro italiano, il suo conterraneo Andrea Tafi, poi vincitore della Roubaix l’anno successivo. La carriera di Ballerini terminò nel 2001, nuovamente alla Classica del pavé, a cui, questa volta, fu lui stesso ad inchinarsi e a salutarla con una maglia, sotto la sua stessa divisa della Mapei-Quick Step, con scritto “Merci Roubaix“. L’addio perfetto nel velodromo che lo ha reso leggendario; un’immagine rimasta nell’immaginario collettivo di tutti.
Passò veramente poco prima di accogliere l’eredità del suo ‘padre adottivo’ Alfredo Martini, storico CT della Nazionale Italiana per ben 22 anni, che decise, dopo il triennio di Antonio Fusi, di affidare questo compito allo stesso Ballerini. Un lascito a cui fu impossibile rinunciare. E tutto il resto, quello che ne è conseguito, è una delle pagine più belle del ciclismo tricolore, perchè in nove anni alla guida della Nazionale Italiana, Ballerini è riuscito a conquistare la bellezza di nove medaglie, tra cui l’oro olimpico di Paolo Bettini ad Atene 2004, le sue due maglie iridate a Salisburgo 2006 e Stoccarda 2007, e gli altri Mondiali di Mario Cipollini a Zolder 2002, e Alessandro Ballan a Varese 2008.
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lisa.guadagnini@oasport.it
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Foto: Lapresse