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Oltre Cinquecerchi
Coronavirus, contagio per aria? Attenzione agli ambienti chiusi, ci sono studi a dimostrarlo
Situazione stazionaria negli ultimi giorni in Italia, relativamente alla problematica del Coronavirus. Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Salute e spiegati nel corso della conferenza stampa ormai canonica nella sede della Protezione Civile tenuta dal capo della struttura governativa Angelo Borrelli, si è a quota 124.632 casi totali, con un incremento odierno di 4.805, mentre il numero di decessi è salito a 15.362 (+681 rispetto a ieri). Di fatto, la curva epidemiologica pare essersi appiattita nel Bel Paese, augurandosi però che la discesa arrivi al più presto.
Tiene banco un tema piuttosto caldo negli ultimi giorni ovvero quello del contagio in aria. Stando a quanto riportato nelle ultime ore dai giornali, questa eventualità, purtroppo, è possibile, ma vanno fatte delle opportune precisazioni per evitare di andare in confusione. Come sottolineato dal professore/ricercatore Giorgio Buonanno (membro della comunità scientifica che si occupa degli studi sulla qualità dell’aria) in un’intervista a SKY TG24, questa eventualità è possibile: “C’è il supporto dell’intera comunità scientifica, io faccio parte di 36 scienziati che si occupano di qualità dell’aria e ci sono prove per il contagio in queste particolari condizioni. Parliamo però di casi in ambiente chiusi non aperti (in quest’ultima situazione non c’è pericolo) dal momento che l’essere umano emette particelle di quantità diversa che hanno un comportamento differente“.
Stando a quello riportato dal ricercatore, la diffusione del virus dipende dalle emissione di “goccioline” di grandezza diversa. Se nel primo caso si parla di quella tipologia in cui il pericolo si presenta tra due o più persone a distanza ravvicinata, nel secondo il ragionamento è diverso. Si considerano particelle che fluttuano nell’aria degli ambienti chiusi e in grado di portare con sé un alto carico virale. Pertanto, senza un’adeguata protezione (le maschere commerciali non funzionano: nella condizione migliore hanno un’efficienza di filtrazione media del 20%, come rivelato da Buonanno), si possono avere delle ripercussioni rilevanti. Conseguenze negative in assenza di un ricambio d’aria.
Un aspetto che l’OMS aveva completamente trascurato e che forse potrebbe essere rivisto in fatto di prevenzione, soprattutto rispetto all’uso delle mascherine di una qualità migliore, specialmente per gli operatori sanitari così soggetti ai contagi. Non resta che attendere ulteriori novità a riguardo.
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giandomenico.tiseo@oasport.it
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Foto: LaPresse