Nuoto
Doping e coronavirus: meno controlli, ma vantaggi limitati per chi bara in questi mesi
La domanda sorge spontanea. In un periodo in cui i controlli antidoping sono dilatati o, nella maggior parte dei casi, totalmente assenti, l’atleta che dovesse assumere sostanze illecite per un periodo prolungato potrebbe trarne vantaggi in vista della prossima annata olimpica? Qualcuno, nell’ambiente, vedendo foto di atleti che continuano ad allenarsi o sentendo di parlare di “frontiere chiuse” o “controlli via Zoom” la domanda potrebbe anche farsela e la risposta potrebbe non essere del tutto scontata.
A darla, questa risposta, è il medico della Federazione Italiana Nuoto Lorenzo Marugo che sgombra il campo quasi totalmente dai possibili dubbi che sorgeranno al termine delle varie, più o meno lunghe, quarantene. “La prima cosa da dire è che gli atleti di tutto il mondo sono tuttora esposti a controlli antidoping e dunque non è che il lockdown abbia bloccato totalmente le attività della Wada e delle organizzazioni nazionali per la lotta al doping – dichiara il medico sportivo – quindi chiunque dovesse decidere di assumere sostanze illecite lo fa a proprio rischio e pericolo perchè i commissari della Wada potrebbero ottenere deroghe che allentano le limitazioni di spostamento da un giorno all’altro“.
Premessa importante perchè il dottor Marugo lascia intendere che fare i furbi oggi difficilmente potrà pagare in prospettiva Olimpiadi. “Il periodo di allentamento dei controlli quanto potrà durare? Due mesi, forse tre. Ipotizziamo che si arrivi fino a fine maggio da inizio marzo. Partiamo con l’escludere le pratiche illecite che danno risultati immediati come il doping ematico o stimolante perchè non servirebbe visto che non ci sono gare in programma a breve. L’unico doping praticabile sarebbe quello anabolizzante che dà risultati a lunga scadenza ma quanto lunga? Non certo un anno o addirittura più. Si può ipotizzare un ciclo di anabolizzanti di un paio di mesi, con rischi annessi che, senza controlli, alla ripresa dell’attività non sarebbero rilevati dall’antidoping ma darebbero vantaggi indubbi come maggiore capacità di resistenza o più veloce smaltimento della fatica per un periodo limitato di qualche mese. Insomma, se fosse in programma una gara importante a luglio, ma arriviamo anche ad agosto, qualche vantaggio sensibile potrebbe esserci ma oltre i benefici andrebbero scemando e, per come si stanno mettendo le cose, volendo proprio infrangere le leggi, sarebbe pressochè inutile mettere a repentaglio la propria salute per raccogliere poco o nulla“.
Restano in piedi un paio di situazioni che potrebbero dare l’appiglio a chi decidesse che è arrivato il momento di affidarsi alle sostanze illecite. “Ci sono tesi, mai dimostrate scientificamente – prosegue il medico della Nazionale di nuoto Lorenzo Marugo – che parlano di aumento graduale delle prestazioni per chi assume per lunghi periodi delle sostanze anabolizzanti. In pratica, secondo questa teoria, chi assume anabolizzanti per un ciclo più o meno lungo, sale un gradino nella soglia della resistenza alla fatica che non scenderà più ma, ribadisco, non ci sono conferme dal punto di vista scientifico e quindi non si può ragionare su ipotesi“.
L’altra situazione riguarda la chiusura delle frontiere e dunque una sorta di “appalto” del lavoro che la Wada potrebbe, in alcuni stati che decidono di non aprire i proprio confini agli stranieri (l’Australia, ad esempio, ha annunciato che le frontiere resteranno chiuse almeno fino al 31 dicembre 2020), affidare alle agenzie locali che non sempre hanno ottenuto risultati soddisfacenti con i loro controlli, combinando anche qualche pasticcio in passato. Un “vuoto di potere” su cui potrebbero far leva gli atleti malintenzionati per allungare il tempo di assunzione delle sostanze illecite rischiando meno del dovuto in termini giudiziari ma anche questo è tutto da dimostrare.
In chiusura il dottor Lorenzo Marugo spiega come avverrà il ritorno al lavoro in acqua per i nuotatori di rilievo nazionale. “Partiamo dal presupposto che l’acqua non è un ambiente naturale per l’uomo e dunque il corpo umano, anche di un nuotatore abituato fino a febbraio a restarci per molto tempo in acqua, necessita di un tempo piuttosto lungo per tornare ad essere performante al massimo in tale ambiente. Il tempo calcolato scientificamente è, in condizioni normali, quattro volte superiore rispetto alla durata del periodo di lontananza dall’acqua. Per gli atleti a cui si prospetta uno stop di lavoro in acqua di un mese, dunque, serviranno quattro mesi per tornare al massimo della condizione, se si parla di due mesi arriviamo più o meno di otto mesi, che diventa un anno in caso di stop di tre mesi. Al momento i tempi sono ancora sotto controllo ma se questa lontananza dovesse allungarsi ulteriormente, la situazione si potrebbe fare preoccupante per i nostri atleti“. Con questa spiegazione si capisce un po’ meglio il perchè dell’appello del presidente della FIN Paolo Barelli perchè il Governo faccia qualcosa per la riapertura di impianti che non si potrebbero sostenere soltanto con l’attività dei nuotatori di punta, che rischiano di trovarsi senza piscina.
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Foto Shutterstock.com
ghost
19 Aprile 2020 at 15:39
saranno anche tesi che nessuno fino a oggi ha voluto/potuto dimostrare scientificamente, ma è un dato di fatto che la maggior parte degli squalificati per doping per 2 o addirittura 4 anni, specie quelli di certi Paesi, quando ritornano alle gare sono più performanti di prima.
io qualche domanda su come questo sia possibile -contro ogni logica- me la farei.
p.s. e sarò il solito “malpensante”, ma scommetto che negli sport di prestazione a Tokyo 2020 “versione 2021” vedremo un sacco di record del mondo “fantasmagorici”, nonostante le difficoltà logistiche di questi lunghi mesi e condizioni climatiche che nell’estate Giapponese dovrebbero essere tutt’altro che ideali.