Formula 1
F1, lo sviluppo a singhiozzo della Ferrari: tra opportunità e problemi contingenti
La Ferrari, come tutto il resto d’Italia (salvo alcune eccezioni) è, e rimarrà, chiusa fino al 3 maggio. Una situazione per la fabbrica di Maranello che “brucia” in maniera particolare. Per quale motivo? In questo momento la stagione dovrebbe già essere ampiamente entrata nel vivo. Per l’esattezza dovremmo essere alla vigilia del Gran Premio della Cina di Shanghai. Il primo che è saltato per colpa della pandemia del coronavirus. Una situazione che ha messo letteralmente in ginocchio tutto il mondo e, a cascata, anche lo sport.
Per questo motivo, quindi, le scuderie sono ferme e sostanzialmente non possono muovere un dito. Una fase di stallo che può essere solamente modificata per pochi dettagli. La Mercedes, per esempio, può intervenire a livello di dati sul suo tallone d’Achille messo in mostra nei test pre-stagionali del Montmelò, ovvero i motori (ne saltarono ben sei in quelle giornate di test). In questo modo il team anglo-tedesco si potrà presentare alla ripartenza della stagione con qualche dettaglio in più (e di conseguenza risposte) andando a limare l’unico neo messo in mostra nei sei giorni di lavoro sulla pista catalana.
Chi, invece, di problemi ne aveva espressi diversi era la Ferrari. Charles Leclerc e Sebastian Vettel non avevano certo brillato con la SF1000, anche se la sensazione è che la scuderia di Maranello si fosse voluta tenere qualcosa nel taschino, sotto forma di potenza e decimi. La macchina tinta di rosso aveva mosso passi in avanti notevoli a livello di aerodinamica verticale e ingresso in curva, ma aveva perso tantissimo in velocità di punta (dove la SF90 dominava), solo per citare qualche criticità. Ecco, queste settimane di stop forzato sarebbero potute servire al team emiliano per andare a rivoluzionare a livello di concezione la nuova vettura ma, come detto, tutto è fermo. La fabbrica è chiusa e si può lavorare solamente a livello di computer. Anche se un pezzo viene ripensato e ridisegnato, quindi, non potrà essere provato fino a che non si tornerà in pista.
Una situazione davvero beffarda per la Ferrari. Settimane, o forse mesi, di attesa che potevano essere sfruttati per migliorare “a bocce ferme” la SF1000 e che, invece, non potranno sortire particolari effetti. Certo, tecnici ed ingegneri stanno sicuramente lavorando alacremente per capire come e dove intervenire sulla nuova monoposto con il Cavallino Rampante, ma solamente a livello virtuale. Una cosa è capire quali siano i difetti. Un’altra è risolverli in maniera effettiva e non empirica. A questo punto non ci rimarrà che attendere quando davvero si potrà tornare in pista per capire quale team si sarà mosso nel migliore dei modi nello smart-working. Per la Ferrari si tratterebbe di un segnale di capitale importanza, per provare a ricucire un gap nei confronti di Mercedes (e anche Red Bull) che al Montmelò appariva quantomeno preoccupante.
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alessandro.passanti@oasport.it
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