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F1, Piloti immortali: James Hunt, una vita da film e quel Mondiale vinto all’ultima gara contro Lauda

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James Hunt non sarà forse mai ricordato come uno dei più grandi piloti di sempre, ma indubbiamente la sua storia merita di essere raccontata e tramandata alle future generazioni di appassionati di motorsport e non solo. La vita del britannico e la sua rivalità con l’austriaco Niki Lauda hanno attirato l’attenzione del regista Ron Howard, il quale nel 2013 ha diretto il film “Rush” con l’obiettivo di ripercorrere la storia di uno dei Mondiali di Formula 1 più incredibili di tutti i tempi: quello del 1976.

Nato a Londra il 29 agosto 1947, James passa l’infanzia in un appartamento di Cheam per poi trasferirsi a 11 anni in quel di Sutton. Fin da bambino mette in mostra una personalità molto ribelle, caratterizzata da reazioni violente e da un vizio del fumo (iniziato dopo i 10 anni) conservato poi per tutto il resto della sua vita. Dopo aver praticato diversi sport tra cui calcio, cricket e tennis, si appassiona al mondo dell’automobilismo a 18 anni assistendo ad una gara di Mini a Silverstone. Comincia così la carriera automobilistica di Hunt, il quale si mette in evidenza nelle categorie minori per uno stile di guida estremamente aggressivo e spericolato che lo porterà a collezionare svariate uscite di pista e ritiri (da qui nasce il suo soprannome Hunt The Shunt, ovvero lo schianto).

Spesso accompagnato ai circuiti da belle donne, il britannico conduce uno stile di vita sregolato e sopra le righe che contribuirà in seguito (grazie alla popolarità) a farlo diventare un vero playboy di quell’epoca. Nel frattempo Hunt prosegue la trafila delle categorie minori attirando l’attenzione di vari osservatori dei team di Formula 1 grazie ad alcune prestazioni di alto profilo in cui dimostra di possedere un talento fuori dal comune al volante. Nel 1973 arriva l’esordio in Formula 1 alla guida di una March 731 acquistata dal team di Lord Alexander Hesketh (conosciuto negli anni precedenti), riuscendo clamorosamente a salire ben due volte sul podio (Olanda e Stati Uniti) e a concludere il campionato in ottava posizione con 14 punti nonostante una macchina ampiamente inferiore rispetto ai top team.

Nelle due annate seguenti Hunt corre per il neonato team Hesketh Racing raccogliendo la bellezza di tre podi nel 1974 (8° nella generale con 15 punti) e conquistando al termine di un bel duello con il campione del mondo della Ferrari Niki Lauda la prima vittoria in carriera in Olanda nel 1975, stagione conclusa in quarta piazza nel Mondiale con 33 punti. L’occasione della vita si profila alla vigilia del campionato 1976, con la prestigiosa McLaren che punta su di lui con un contratto da appena 200 mila dollari dopo aver perso il brasiliano Emerson Fittipaldi (andato a correre con il proprio team privato).

James ha finalmente una macchina competitiva per giocarsi il Mondiale e va subito in pole nella tappa inaugurale in Brasile dovendo poi ritirarsi in gara a causa di un guasto meccanico. Complessivamente nelle prime sei gare colleziona ben quattro ritiri tra incidenti e problemi di affidabilità della vettura che permettono a Lauda di involarsi a +35 sul britannico dopo il Gran Premio di Monaco. Hunt vince in Spagna (inizialmente fu squalificato per una presunta irregolarità tecnica, poi il 7 luglio la FIA gli riassegnò il successo), in Francia ed in Gran Bretagna (primo posto sub iudice) accorciando leggermente le distanze, ma l’episodio che cambia completamente l’inerzia del campionato e la vita di Lauda avviene il primo agosto.

Al Nurburgring l’austriaco della Ferrari è protagonista di un terribile incidente in cui rischia la vita riportando numerose ustioni (la macchina finì in fiamme) e danneggiando soprattutto i polmoni. Nelle settimane successive, mentre Lauda si trova in ospedale a lottare per la vita, Hunt arriva quarto in Austria e vince in Olanda diventando il principale antagonista dell’austriaco per il titolo. 42 giorni dopo l’incidente, Niki Lauda torna incredibilmente al volante nonostante non sia ancora completamente guarito e porta a casa un eroico quarto posto a Monza mentre il britannico della McLaren si ritira per un incidente. Il 24 settembre la FIA decide di togliere a Hunt la vittoria conquistata in Gran Bretagna (aveva utilizzato il muletto per allinearsi in griglia di partenza), ma il londinese reagisce alla grande e trionfa nelle due corse successive riaprendo i giochi per il titolo alla vigilia dell’ultimo round.

Si va in Giappone per l’ultimo atto della stagione con Lauda in testa alla classifica a +3 su un Hunt in grande rimonta che ottiene il secondo tempo in qualifica proprio davanti al rivale. Il giorno della gara la protagonista diventa la pioggia, che porta Lauda alla decisione di abbandonare la corsa dopo due giri per l’eccessivo pericolo spalancando così la porta all’amico-rivale inglese. Il bad boy britannico (al quale basta a quel punto un quarto posto per laurearsi campione) conduce a lungo la gara sul bagnato, poi però va in crisi con le gomme nel finale ed è costretto a fermarsi ai box a quattro giri dalla fine scivolando dalla terza alla quinta piazza. A quel punto Hunt si scatena, supera Jones e Regazzoni tagliando il traguardo in terza posizione e conquistando il suo unico titolo mondiale della carriera per appena un punto di vantaggio su Lauda.

James Hunt si ritirerà dal mondo delle corse tre anni più tardi, nel 1979, reduce da due stagioni fallimentari con la McLaren e da un pessimo avvio di campionato con la Wolf. In seguito, abbandonata la carriera da pilota, commenterà per tredici anni le gare di Formula 1 per la televisione inglese prima di morire il 15 giugno 1993 per un infarto all’età di 45 anni.

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erik.nicolaysen@oasport.it

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Foto: Lapresse

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