Ciclismo

Giovanni Aleotti, ciclismo: “Vedo il sole fuori e mi viene la malinconia. Perdere la stagione per un U23 sarebbe grave”

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Giovanni Aleotti, corridore classe 1999 che milita nel Team Friuli, è uno dei prospetti più interessanti del panorama ciclistico non solo italiano, ma internazionale. Nel 2019, alla seconda stagione da U23, ha vinto tre gare, incluso il Trofeo Edil C, prestigiosa classica internazionale della categoria antecedente al professionismo, e, soprattutto, è giunto secondo al Tour de l’Avenir, la Grande Boucle degli U23. Come tutti gli atleti, attualmente, anche Giovanni è costretto a rimanere in casa per far fronte all’emergenza Covid-19. Intervistato da noi di OA Sport, Aleotti ci ha parlato di come sta vivendo questo momento e di quali sono le problematiche che il ciclismo giovanile dovrà affrontare per via di questo stop. Inoltre, ci ha raccontato il percorso che lo ha portato a essere uno dei giovani azzurri più quotati e ci ha rivelato quali sono le gare che sogna, un giorno, di vincere.

Ciao Giovanni, innanzitutto ti chiedo come stai vivendo quest’emergenza e come ti alleni in questo periodo di quarantena?

“Quando guardo fuori dalla finestra e vedo il sole che c’è in questi giorni mi viene un po’ di malinconia. Mi piacerebbe poter gareggiare con queste giornate, ma comprendo la situazione che stiamo vivendo. Purtroppo quest’emergenza ha stravolto la mia stagione. Avevo iniziato a gareggiare a febbraio e avevo stillato un programma per essere in forma già ad aprile, mese in cui, qua in Italia, si svolgono molte gare in linea internazionali. Dopodiché, con la squadra e con la nazionale avevamo stabilito un iter di avvicinamento al Giro d’Italia U23. Dovevo fare alcune corse a tappe e un ritiro in altura. Ora è saltato tutto quanto e ci troviamo a muoverci un po’ nel buio. Da quando ci è stato proibito di uscire all’aperto, inoltre, non faccio più lavori specifici. Mi limito a mantenere la condizione con i rulli e con alcuni esercizi appositi”.

Cosa pensi che ne sarà della stagione U23? Al momento non sappiamo nemmeno se tornerete a correre o no.

“Già, la situazione è un continuo evolversi e anche noi corridori, ormai, non abbiamo idea di che cosa ci possa riservare il futuro. Io mi auguro che si trovi almeno il modo di disputare le manifestazioni di maggior pregio, come il Giro d’Italia U23 e il Tour de l’Avenir. Al momento, peraltro, non è ancora arrivata nessuna comunicazione su uno slittamento del Giro d’Italia, il quale dovrebbe svolgersi a giugno. Certo, sarà difficile preparare questi appuntamenti senza il supporto di un buon programma di allenamento”.

Cosa significa per un U23 perdere una stagione?

“E’ sicuramente un problema, poiché perdi un’annata in cui avresti potuto metterti in mostra e strappare un pass per il professionismo. Io mi metto nei panni dei miei compagni di squadra che sono all’ultimo anno nella categoria. Loro sono i più danneggiati. Ci sono tanti ragazzi che meritano l’opportunità e per loro diventerà molto più complicato se non ce la faranno in questa stagione, dato che, dal 2021, non avranno più questa vetrina. Mi auguro che l’UCI possa intervenire e trovare il modo di tutelarli”.

Ora facciamo un passo indietro, raccontaci un po’ la carriera di Giovanni Aleotti fino ad oggi. Tu non sei esploso giovanissimo, ma piuttosto, hai avuto un percorso di crescita continuo che ti ha portato a sbocciare nelle ultime due stagioni.

“Sì, io devo dire che sono stato molto fortunato, poiché ho avuto due allenatori che mi hanno seguito senza mai chiedermi risultati immediati. Ho vissuto il ciclismo come un gioco fino agli juniores. Tanti altri ragazzi, ormai, sono professionisti già a 16/17 anni. Io, invece, non mi sono mai spremuto troppo e sono arrivato alla categoria U23 molto fresco e con parecchi margini di miglioramento. Dopodiché, devo ringraziare il Team Friuli, la mia attuale squadra, poiché ha sempre creduto in me e mi hanno permesso di migliorare davvero tanto. Nella prima stagione con loro mi hanno cucito addosso un programma apposito per farmi crescere. Questo mi ha permesso di fare subito diversi buoni risultati e di vincere anche una gara: la Vicenza-Bionde”.

E poi arriviamo al 2019 e, in particolare, a un Tour de l’Avenir che ti ha consacrato con questo secondo posto finale…

“Quel risultato, devo essere onesto, ha stupito anche me. Fino al giorno prima dell’inizio della gara pensavo di essere un uomo da corse in linea. Sono partito con l’idea di provare a vincere una tappa. Al quarto giorno sono andato in fuga, ho preso la maglia a pois e mi sono ritrovato a un solo secondo dalla gialla. Così, nelle frazioni seguenti, ho deciso di provare a tenere le ruote dei migliori per vedere se riuscivo a vestirla anche per un giorno solo. Raggiunto il mio scopo, sono iniziate le giornate più dure. Dato che ero in classifica ho pensato che tanto valeva provarci e con mio sommo stupore mi sono accorto che riuscivo a rimanere con i più forti sulle salite alpine”.

Dunque, ore che tipologia di corridore credi di essere?

“Se devo essere sincero, mi sento ancora più un potenziale uomo da classiche e magari da brevi corse a tappe, piuttosto che un corridore da grandi giri. Ma mi sto scoprendo pian piano e non mi pongo alcun limite. Al momento non conosco ancora fino in fondo il mio potenziale”.

Pensando al tuo passaggio al professionismo, c’è una gara in particolare che sogni?

“Se ne devo nominare una, ti dico il Giro dell’Emilia. Per me, che sono di Modena, è un po’ la corsa di casa. La desidero sin da quando ero bambino e andavo a vederla dal vivo con mio padre. Poi, al primo anno da U23, vi ho anche partecipato con la nazionale. Fu un’emozione unica. Ad ogni modo, fra le corse di maggior grido mi piacciono molto le classiche delle Ardenne, che credo essere le manifestazioni che presentano i tracciati più adatti a me. Nello specifico, ho un debole per la Liegi-Bastogne-Liegi”.

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luca.saugo@oasport.it

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Foto: Twitter Tour de l’Avenir

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