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L’Italia è grande: Maurizio Damilano e l’epica doppietta d’oro ai Mondiali nella 20 km di marcia

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Può un oro, in questo caso due ori, Mondiale superare in quelle classifiche che difficilmente spettano agli sportivi e che spesso vengono stilate da giornalisti o appassionati, superare un trionfo Olimpico? Quasi mai ma nel caso di Maurizio Damilano i trionfo iridati nella sua specialità, i 20 km di marcia, sono riusciti a superare nell’immaginario comune, la vittoria a Cinque Cerchi nella Olimpiade dimezzata di Mosca.

Maurizio Damilano si presentò proprio così al mondo dell’atletica: con un oro olimpico. Aveva 23 anni, il marciatore azzurro e, in forza del sesto posto all’Europeo ottenuto due anni prima, era considerato un outsider di lusso nella gara che si dipanò (nel totale disinteresse della Tv russa) nella giornata di apertura del programma olimpico dell’atletica. I favoriti della vigilia, quelli sulla bocca di tutti, erano il messicano Bautista e il russo Solomin. Al km 16 di gara in testa restarono in tre, Bautista, Solomin e Damilano. Il messicano attaccò guadagnando in fretta una cinquantina di metri, il russo si mise al suo inseguimento e Damilano, pensando più alla tecnica che alla velocità, non si scompose e proseguì del suo passo. A tre km dal traguardo Bautista, che aveva impresso un’accelerazione tremenda, fu fermato dai giudici e anche Solomin, avvicinato minacciosamente da Damilano a due km dall’arrivo, perse brillantezza e fluidità del gesto, costringendo i giudici a squalificarlo. Damilano, dunque, si trovò solo al traguardo con un minuto di vantaggio sul più immediato inseguitore andando a cogliere la prima vittoria della sua carriera, l’unico alloro olimpico.

Nel sei anni successivi il marciatore azzurro fu assoluto protagonista del panorama internazionale ma senza mai salire sul gradino più alto del podio in gare di primo livello: un oro all’Universiade, all’Europeo indoor e ai Giochi del Mediterraneo non potevano soddisfarlo, così come il settimo posto ai Mondiali di Helsinki del 1983. A Los Angeles Damilano portò a casa un altro podio olimpico, il bronzo, a Stoccarda agli Europei 1986 fu d’argento alle spalle del ceco Pribilinec.

Il vero obiettivo di Maurizio Damilano è il Mondiale in casa, all’Olimpico di Roma in programma nel 1987. Fa caldissimo il 30 agosto 1987, una giornata che nessuno dei presenti dimenticherà per tanti motivi, per la sfida dei 100 metri tra Ben Johnson, squalificato l’anno dopo per doping, e Carl Lewis nella gara più veloce di sempre all’epoca (9″83 in canadese e 9’93” lo statunitense), per il 2.09 nell’alto femminile della bulgara Stefka Kostadinova che è tuttora record del mondo, a 33 anni di distanza. L‘attenzione dei tifosi italiani, però, è tutta rivolta alla gara dei 20 km di marcia che si dipana sulle strade adiacenti allo stadio olimpico e che vede tra i grandi favoriti proprio Maurizio Damilano assieme ai messicani Ernesto Canto e Carlos Mercenario e al russo Viktor Mostovik, con un occhio anche per lo spagnolo José Marin e il campione d’Europa in carica, il ceko Josef Pribilinec.

Dopo pochi chilometri dal via scatta un gruppetto con Maurizio Damilano, i messicani Ernesto Canto e Carlos Mercenario, il russo Viktor Mostovik, lo spagnolo José Marin, il ceko Josef Pribilinec e Walter Arena. Attorno al km 12 attacca Mercenario, con risposta immediata di Damilano e Mostovik rispondono, rimangono nei pressi e assistono alla squalifica del battistrada messicano mentre Canto, nel frattempo, si stacca e alza bandiera bianca. Dopo il km 15, Damilano rompe gli indugi e se ne va guadagnando mezzo minuto su Pribilinec che non molla. All’Olimpico le immagini di Damilano solo in testa appaiono tra un’impresa e l’altra, tra un 400 ostacoli di Edwin Moses e la finale dei 100 e la curva Sud ribolle come per un gol di Roberto Pruzzo.

Niente a confronto di quando, dalla porta di Maratona, sbuca la figura del marciatore piemontese che ha sbaragliato il campo dei rivali: un’ovazione indimenticabile, un giro di onore per Maurizio Damilano che infiamma l’Italia intera con un successo dal peso specifico emozionale nettamente più alto di quello di sette anni prima a Mosca. L’azzurro chiude la sua fatica in un’ora, 20′ e 45 secondi con 22″ di vantaggio su Pribilinec e 40″ sullo spagnolo Marin.

La carriera di Maurizio Damilano non si esaurisce certo con il trionfo casalingo. Un anno dopo il marciatore torinese va a prendersi la sua terza medaglia olimpica, è il bronzo di Seul, alle spalle del solito Pribilinec e del tedesco dell’Est Weigel. Passano tre anni e qualche problema fisico di troppo per vedere il marciatore azzurro al top della condizione. A 34 anni Damilano prepara al meglio l’appuntamento iridato del 1991 e si presenta con ambizioni a Tokyo, con il fratello Sandro ad allenarlo e l’altro fratello Giorgio, compagno di tante battaglie ed ex atleta ormai da due anni, a bordo strada.

Damilano fa l’andatura fin dai primi chilometri dando l’impressione di essere in grande forma. Al km 14 arriva puntuale la selezione. Il gruppo di 20 che comprendeva, oltre a Damilano, anche gli altri azzurri Arena e De Benedictis, si screma e in testa restano in tre: il piemontese di Scarnafigi, il russo Schennikov e lo spagnolo Plaza. Una girandola di emozioni la parte finale di gara: il primo a cedere è Plaza, poi Schennikov prende il comando delle operazioni e stacca Damilano che, come a Mosca, si lascia sfilare ma senza crollare. Anzi, a due km dalla fine, con Schennikov in debito di ossigeno e di energie, va a riprendere il russo. I due si presentano assieme allo stadio giapponese dove gli inservienti in grave ritardo, stanno sistemando la pista per ospitare la volata finale. Una volata che dovrebbe avvenire dopo un giro di pista ma che Schennikov, con la mente oscurata dalla fatica, lancia al primo passaggio sul traguardo. Passa per primo e si ferma, peccato che manchino ancora 400 metri e Damilano, dopo aver dato uno sguardo all’orologio, ha la prontezza di riflessi di non fermarsi definitivamente e di ripartire a caccia dell’ultimo, immenso successo della carriera: è oro mondiale, quattro anni dopo Roma, undici anni dopo Mosca.

Il desiderio di chiudere alla grande una carriera straordinaria non porta al lieto fine per Maurizio Damilano che non riesce a conquistare il suo quarto podio consecutivo alle Olimpiadi di Barcellona 1992 dove sarà quarto con qualche rimpianto ma questo risultato cambierà poco o nulla nella storia del marciatore che ha fatto sognare l’Italia intera per oltre un decennio.

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