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L’Italia è grande: Mennea, Tilli, Pavoni e Simionato. La magica staffetta d’argento ai Mondiali 1983

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Non furono Mondiali trionfali, i primi della storia dell’atletica leggera, per l’Italia quelli di Helsinki nel 1983. L’attesa, dopo le trionfali Olimpiadi di Atene e alla vigilia dell’appuntamento a Cinque Cerchi di Los Angeles, entrambi appuntamenti “monchi” per via del boicottaggio incrociato Est-Ovest, per gli azzurri era tanta ma, prima della giornata conclusiva della kermesse finlandese che riuniva tutti i più grandi campioni del Globo nello stesso stadio, le medaglie per l’Italia erano solo due, quella straordinario d’oro di Alberto Cova nei 10.000 e quella del vecchio leone di Barletta Pietro Mennea, di bronzo, esattamente come undici anni prima alle Olimpiadi di Monaco, nei 200 metri.

Quello che sarebbe stato il canto del cigno per la “Freccia del Sud”, però, doveva riservare ancora una gioia allo Stadio Olimpico di Helsinki, una delle più belle dell’intera carriera per Pietro Mennea, ultimo frazionista della staffetta azzurra nella finale della 4×100 che assegnava il primo titolo iridato della storia.

Una staffetta che vedeva al via Stefano Tilli, l’enfant prodige della velocità azzurra, 21 anni di Orvieto, fresco bronzo nei 100 metri ai Giochi del Mediterraneo di Tunisi, specialista delle distanze brevi, a tal punto da conquistare in carriera due ori (1983 e 1985) agli Europei indoor nella distanza tradizionale per le gare al coperto dei 60 metri. In seconda frazione il ravennate Carlo Simionato, 32 anni, reduce dal settimo posto nella finale dei 200 con 20″69 e protagonista del quarto posto europeo in staffetta nel 1982. La terza frazione, quella forse più complicata spettava al romano ventinovenne Pierfrancesco Pavoni, argento l’anno prima agli Europei di Atene nei 100 metri, oro ai Giochi del Mediterraneo di Casablanca ma incapace di superare il secondo turno, sempre nei 100, la sua specialità, una settimana prima a Helsinki. In quarta frazione il campione olimpico di Mosca 1980, il recordman mondiale dei 200, fresco bronzo mondiale nella specialità prediletta: Pietro Mennea.

La staffetta iridata ha un solo, grande quartetto favorito: quello degli Stati Uniti che presenta un concentrato di potenza e classe difficilmente accumulabile nella storia: Emmit King in prima frazione, Willie Gault (che poi diventerà un grande protagonista nella NFL, la Lega statunitense di Football Americano) in seconda, lo specialista dei 200 all’ultima curva, in terza frazione, Calvin Smith, laureatosi campione mondiale dei 200 pochi giorni prima (titolo che saprà confermare anche a Roma quattro anni dopo) e futuro campione olimpico da lì a un anno e in chiusura il più forte di tutti, il Figlio del Vento, Carl Lewis. Agli USA spetta la corsia 3. Gli altri quartetti al via della finale di Helsinki, assieme all’Italia (in corsia 5), sono l’Urss in corsia 1, la Giamaica in 2,  la Germania Ovest in 4, la Polonia in 6, la Germania Est in 7 e la Francia in 8.

Al via Emmit King inizia a mulinare le gambe come da pronostico e cerca di scavare un solco fra sé ed i rivali, ma Stefano Tilli è bravissimo a non perdere contatto e a consegnare il testimone nelle mani esperte di Simionato con un distacco dagli USA tutto sommato accettabile e al pari con le altre Nazionali in lizza per il podio. Il velocista ravennate sul rettilineo opposto a quello d’arrivo compie un piccolo capolavoro perché addirittura consegna il testimone nelle mani del lanciato Pavoni in simultanea con lo statunitense Gault. La terza frazione di Pavoni, che doveva vedersela con un paio di mostri sacri dei 200 e dunque più abituati di lui ad affrontare la curva, è pura sofferenza per l’Italia. Calvin Harris scava il solco decisivo fra sé e gli avversari e al secondo posto, all’ultimo cambio, con un vantaggio apparentemente rassicurante, c’è Vladimir Murayev, che passa il testimone a Viktor Bryzgin che, nella fase lanciata, ha almeno due metri di vantaggio su Mennea, che scatta al pari con la Germania Ovest. 

La “Freccia del Sud” compie la sua ultima, enorme impresa della carriera recuperando, metro dopo metro, lo svantaggio rispetto ai sovietici, rintuzzando il ritorno della Germania Est e tenendosi alle spalle la Germania Ovest. Gli Stati Uniti con Carl Lewis fanno gara a parte e tagliano il traguardo facendo segnare il nuovo record del mondo con il tempo di 37″86, alle loro spalle c’è un’immensa Italia che fa segnare il crono di 38″37 per un record italiano che durerà per ben 27 anni, al terzo posto l’URSS con 38″41. E’ la terza medaglia italiana ai Mondiali di Helsinki, quella che, in qualche modo, fa pendere l’ago della bilancia a favore di una spedizione azzurra che ancora una volta porta la firma di Pietro Mennea.

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