Boxe
L’Italia è grande: Michele Piccirillo, il re pugliese dei pesi welter
Nella storia recente del pugilato italiano, uno dei nomi di certo più conosciuti è stato quello di Michele Piccirillo, che proprio nello scorso mese di gennaio ha tagliato il traguardo dei cinquant’anni di età. Le sue origini sono di Modugno: non il cantante, che pure era anch’egli pugliese e della provincia di Bari, ma la città, di poco meno di 40.000 abitanti. Al suo nome si lega una lunga scia di successi a cavallo tra gli Anni ’90 e i 2000 nei pesi welter, tra cui vari titoli mondiali in diverse categorie.
Nato il 29 gennaio 1970, Piccirillo nasce in una famiglia che ha già nel sangue la nobile arte. Ad avviarlo al pugilato è il padre, Scipione, che di boxe era già maestro. La sua parabola professionistica comincia nel 1992, quando debutta a Ponte San Giovanni, un luogo in provincia di Perugia per il quale si dibatte sul fatto se sia da considerare frazione o quartiere. L’avversario, l’ucraino Valery Monakhov, è sconfitto per KO (e la sua carriera da pro dura poco: sette sconfitte, ritiro nel 1993).
Basta davvero poco al pugile di Modugno per iniziare a combattere in luoghi importanti: già al quarto incontro è in Francia, dove batte il tunisino Tahar Nasri a Le Cannet, e al quinto combatte al PalaEur a Roma contro il debuttante peruviano Victor Melendez, battuto ai punti. A fine 1993 vola ad Almaty e riesce a sconfiggere il valido pugile locale Vadim Prisyazhnyuk, poi, nel 1994, comincia a scalare le gerarchie dei superleggeri. L’occasione è data dal titolo Intercontinentale IBF: a Campiglia Marittima (provincia di Livorno) è il messicano Manuel Hernandez a cadere per KO.
Dopo due anni in cui arrivano ripetute difese di quella corona, e la conquista del titolo italiano a Latina contro Franco Palmiero, il primo grande momento nella carriera di Piccirillo porta la data del 26 aprile 1996: è in palio il titolo europeo EBU dei superleggeri contro il danese Soren Sondergaard ad Aalborg. Un pugile, questo, che in carriera vanta 39 vittorie, una sconfitta e un pareggio, e che anche in questo caso fa sentire al collega italiano il proprio talento, vincendo per decisione unanime.
Ma la corsa dell’uomo venuto da Modugno non si ferma, e anzi cambia direzione. Il passaggio ai welter è la scelta giusta: contro il britannico Geoff McCreesh, alias “Unleashed“, diventa campione d’Europa il 29 novembre 1997, e poco dopo, il 4 maggio 1998, si rende protagonista di una storica sfida con Alessandro Duran che vale il titolo mondiale WBU. Due volti storici della boxe italiana uno contro l’altro, a Catania: il combattimento però dura poco, poiché Piccirillo emerge vincitore alla quinta ripresa per KO tecnico.
Di difese ne arrivano tante: la prima contro l’argentino Walter Fabian Saporiti, poi ancora contro Duran (stavolta per decisione unanime), e poi per altre sei volte fino all’agosto del 2000. Alcune delle battaglie sul ring sono particolarmente celebrate, e vale la pena ricordare le due nella sua Bari, una terra nella quale ha combattuto sempre molto volentieri. In particolare, nel 2000 con il pugile della Guyana Andrew Murray, ha nel tempo ricordato di essersi messo in gioco a Piazza Prefettura solo per l’emozione di trovarsi nella città di origine. La vittoria arriva, in questo caso, con un sinistro che porta alla fine del combattimento al nono round.
Il 2001 è l’anno dei due viaggi oltreoceano. Madison Square Garden, New York. Sono due le volte in cui Piccirillo si fa strada all’interno del tempio mondiale della disciplina: la prima contro il venezuelano Elio Ortiz (un no contest), la seconda vincendo ai danni del colombiano Rafael Pineda per decisione unanime dei giudici. Poi il ritorno in Italia. Ed è qui che la sua strada s’incrocia con quella di Cory Spinks.
Cory Spinks è un pugile che raccoglie un’eredità di altissimo rilievo: è figlio di Leon Spinks, uno che ha combattuto con Muhammad Alì per due volte, e nipote di Michael Spinks, primo mediomassimo a riuscire nell’impresa di diventare Campione del Mondo tra i massimi. Mancino, lo si è visto raramente andare per il KO, preferendo arrivare a vincere ai punti. Il 13 aprile 2002, però, a Campione d’Italia, non è questo il caso: il titolo mondiale IBF è di Piccirillo ai punti. La rivincita arriva quasi un anno dopo, nello stesso posto, ma il 22 marzo 2003 è Spinks a prendersi la corona iridata, anche in questo caso ai punti.
Segue, alla doppia sfida con Spinks, una serie di incontri che fanno da preludio alle nuove sfide nei superwelter: nel 2005, ad agosto, allo United Center di Chicago nell’altro angolo del ring c’è un pugile arrivato dal Nicaragua, Ricardo Mayorga, già specialista anche delle arti marziali miste. Dopo quella sconfitta ai punti che non gli consente di diventare Campione del Mondo WBC, però, Piccirillo non si arrende, anzi rilancia: diventa Campione d’Europa battendo il ceco Lukas Konecky, difende per due volte la corona contro Luca Messi e il britannico Michael Jones, poi ritorna oltreoceano per sfidare Vernon Forrest per il titolo mondiale WBC, di nuovo però senza successo. L’ultima battaglia è quella del 6 marzo 2009, contro il britannico Jamie Moore. Il titolo europeo dei superwelter se ne va sotto un KO, nella quinta sconfitta in carriera a fronte di 50 vittorie, di cui 29 per KO. A quasi quarant’anni, finisce così una carriera lunghissima, che ha portato gloria all’Italia del pugilato e che, ingiustamente, non ha forse avuto gli stessi riflettori riservati a tante altre.
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federico.rossini@oasport.it
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Foto: LaPresse